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Recensione

Undercover - Operation Wintersun

di Paolo Novarese  

il nostro voto
79
il vostro voto (6 votanti)
62
In breve

Undercover è ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale, nel cuore di un'Europa devastata. Un'avvincente storia che ruota intorno ad uno scenario What if (cosa sarebbe successo se...?), che comprende miti e la scoperta di grandi segreti rivelando tutti i retroscena delle terribili macchinazioni di questo periodo storico.

 

Recensione Completa del 29 Novembre 2007
Ricordo quando mi arrivò una piccola demo giocabile di Undercover - Operation Wintersun (realizzato da Sproing Interactive e pubblicato da Anaconda Games) per la realizzazione della preview presente su AP, con un’unica locazione e pochi enigmi. Ero rimasto soddisfatto su più fronti e dichiarai che il gioco aveva delle effettive potenzialità. La trama toccava un argomento che finora non era mai stato sondato da nessuno nel campo delle avventure grafiche, la grafica prometteva bene così come le belle musiche. Tuttavia, sebbene il gioco abbia avuto queste potenzialità di fondo, non sono state sfruttate al massimo e dunque risulta, probabilmente, un’occasione mancata. Ma analizziamolo più nel dettaglio:

Imperversa la Seconda Guerra Mondiale e la potenza tecnologica tedesca ha ben pochi rivali in Europa. I servizi segreti britannici, sempre all’erta, riescono a scoprire che la Germania sta lavorando su una particolare bomba all’uranio, ovvero un prototipo di bomba atomica. Bisogna capire se effettivamente esiste ed è in lavorazione questo tremendo congegno che è in grado di minacciare l’intera Europa. L’unica speranza sembra essere un civile, il fisico John Russell che, contattato d’urgenza da Travers, capo dei servizi segreti britannici, viene posto a fianco di Peter Graham, un agente segreto che ha perso la famiglia per mano dei tedeschi. Riusciranno a svelare i segreti dei teutonici e a sventare ogni possibile minaccia?

Undercover è una classica avventure grafica con visuale in terza persona. Come ormai di moda di questi tempi, lo stile grafico utilizzato da questo “punta e clicca†è il famoso – volgarmente detto - 2,5D (2D e mezzo), ossia l’utilizzo di sfondi prerenderizzati in 2D con modelli dei personaggi in 3D. La grafica risulta molto ben curata negli sfondi, soprattutto nei particolari, rappresentando ottimamente l’interno di uffici, laboratori-bunker, rovine di palazzi devastati dalle bombe e così via. I modelli 3D dei personaggi risultano curati nei volti, soprattutto in FMV, mentre un po’ meno per quanto riguarda il resto (mani in primis). Talvolta il personaggio può risultare impacciato nei movimenti o sembrare poco fluido, ma ciò dipende dalla scheda grafica in utilizzo. La grafica non è assai “pesante†ma richiede comunque una discreta scheda grafica per assicurare prestazioni elevate. Gli hot-spots sono abbastanza curati, anche se talvolta difficili da scoprire. Gli FMV, come già accennato, sono ben fatti. Insomma più la scheda grafica è di buona qualità, meglio godrete della discreta grafica di questo gioco, che è uno dei punti di forza del gioco.

Altro punto forte, a mio avviso, è il sonoro. Le musiche sono orchestrate e sono tutte molto belle e caratteristiche. Stesso discorso per gli effetti sonori che sono realizzati ottimamente. Il gioco è doppiato discretamente in inglese con i sottotitoli in italiano. Tuttavia, sorge a questo punto un dubbio: la scelta da parte degli sviluppatori di doppiare in italiano soltanto i video. Qualcuno ha parlato di masochismo: in parte mi trovo d’accordo e subito mi spiego. In primis, trattasi di una spesa inutile perché, a mio modesto parere, il videogiocatore o si ritrova in mano un gioco totalmente localizzato e doppiato in italiano, oppure ritengo che non cambi molto se solo durante i video gli viene proposto un doppiaggio in madrelingua, anzi addirittura può dar fastidio vedere il personaggio cambiare voce di volta in volta (sebbene i video non sono tantissimi); in secundis, è lecito che un videogiocatore possa pensare ad un bug o ad un qualsiasi altro problema al sonoro, considerando che il gioco inizia in italiano e poi passa repentinamente all’inglese. E dunque, passando per le opzioni, non troverà alcuna risposta a riguardo, se non chiamando la Blue Label stessa. Dunque perché tutto questo? La scelta, a mio avviso, non risulta particolarmente azzeccata.

Gli sviluppatori di avventure grafiche continuano a dimostrarsi “coraggiosi†mantenendo il mouse come sistema di controllo dei loro giochi, a scapito delle nuove generazioni di feticisti del joypad. Mantenendo salde le radici e l’essenza del “punta e cliccaâ€, il giocatore non si troverà spaesato in alcun modo. Bello lo stile del puntatore così come anche la precisione dello stesso. Con il tasto sinistro si esaminano i vari hot-spots e ci si muove; mentre con il tasto destro si interagisce con gli oggetti e si va, repentinamente, da una schermata all’altra. Con la barra spaziatrice inoltre skipperemo i dialoghi, che verranno segnalati di volta in volta, quando già affrontati. Nella parte bassa dello schermo avremo a disposizione un inventario a tendina abbastanza pratico e funzionale. Nella parte in alto a sinistra, sempre a tendina, comparirà un tasto con la scritta “MENÙ â€, che ci permetterà di salvare, caricare, tornare al menù principale o al gioco.

I personaggi che incontreremo non sono tantissimi. Partiamo da John: sappiamo ben poco di lui. È un fisico che si ritrova a fare la spia per salvare il suo paese e non solo. Nessun riferimento al suo passato, se non che è un genio della fisica e che non è completamente all’oscuro dei progetti della bomba atomica. Poco spazio per la caratterizzazione dei personaggi. Lo stesso vale per Peter Graham, il quale appare e riappare durante il gioco, e su cui possiamo soltanto ribadire, in questa sede, che ha perso la famiglia per mano dei tedeschi e che appare una spia addestrata, seria e risoluta. Anne Taylor apparirà piuttosto come una femme fatale, una spia elegante, forse un po’ troppo, che non rispetta le regole e che porta a termine le missioni a modo suo. A parte Travers, capo dei servizi segreti, Schmidt, contatto tedesco e Von Pressnitz, comandante tedesco su cui c’è ben poco da dire, gli altri personaggi non hanno un loro vero e proprio background (addirittura con lo spazzino non ci parlerete mai). Un particolare ringraziamento per i dialoghi esilaranti con l’ubriacone a Berlino. In fin dei conti è un gioco che si sviluppa “in fieriâ€, che cerca di ricreare un’adrenalinica corsa contro il tempo, e dunque è normale che lasci non troppo spazio ai dettagli del passato.

Gli enigmi sono abbastanza vari e divertenti. Il gioco è abbastanza lineare, tuttavia già arrivati a Berlino (ossia pochissimo dopo l’inizio del gioco), ci ritroveremo l’inventario stracolmo di oggetti da usare. Le tipologie di questi enigmi spaziano da quelli che si basano sull’utilizzo degli oggetti presenti nell’ambiente e/o nell’inventario a quelli puramente logici e un mix ibrido di logica ed action (enigma delle luci). Bisogna riconoscere che si tratta di enigmi di medio-alta fattura, abbastanza lineari, salvo qualche eccezione, e che daranno spazio alla creatività del videogiocatore, stimolandolo. Da sottolineare come quelli logici vengano spiegati in maniera abbastanza esaustiva e non siano cervellotici al punto da far scoraggiare il giocatore. Un plauso particolare viene dato in maniera del tutto personale per gli elementi action presenti nel gioco, e sono convinto che anche i puristi più incalliti (come il sottoscritto) ne rimarranno entusiasti. Si tratta di un action non invadente che, anzi, ben si colloca all’interno del gioco e questo è sicuramente un esempio da seguire. Niente tasti da premere, niente incasinamenti, solo il personaggio, il mouse e una buona dose di logica, oltre che di prontezza. Ci sono inoltre delle piccole prove a tempo, tanto per creare ancora di più un’atmosfera adrenalinica, ma non si tratta di nulla di impossibile. Nel caso in cui si fallisca un enigma action o una prova a tempo, niente paura, non c’è bisogno del save, ma si ricomincerà dall’inizio in tutta tranquillità. Concludendo è un bene, in ogni caso, salvare di tanto in tanto, soprattutto nei momenti topici del gioco.

Ed eccoci arrivati al punto negativo del gioco: la longevità. Purtroppo si tratta di un gioco davvero corto rispetto agli standard normali, non più di 10-12 ore di gioco. E questo è un davvero un peccato perché tutta la fatica, tutte le potenzialità della trama, degli enigmi, tutta la struttura crolla di fronte ad una così scarsa longevità. Personalmente la trovo una grande occasione sprecata proprio per il tema trattato e le modalità con cui era stato realizzato il gioco. Tuttavia, dopo aver visto il finale, trovo che ci possa essere più di una piccola speranza che si tratti di una volontà mirata degli sviluppatori, con l’obiettivo di realizzare una sorta di episodico o comunque qualche altro capitolo di questa storia (visto anche il già annunciato Dual Motives per Nintendo DS). Ma per capire se vi sarà un futuro per questo titolo anche per PC, dovremo attendere e vedere se il tempo ci darà ragione.

Undercover: Operation Wintersun è un gioco che si è fatto attendere, ci ha esaltato con le sue immagini e ci ha messo nel cuore l’attesa per un gran gioco. Bisogna riconoscere che in parte le nostre speranze erano ben riposte: la storia è oggettivamente bella, gli enigmi ben calibrati, un buon sonoro. Tuttavia la goduria si arresterà dopo una decina di ore, il che abbassa inequivocabilmente la qualità del gioco in sé. A questo punto sta a voi trarre conclusioni dopo averci giocato: bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Sproing Interactive Media
Publisher: DTP - Digital Tainment Pool
Distributore: Blue Label Entertainment
Data Rilascio: Q3 2006
Piattaforma: PC
Caratteristiche
Genere: Avventura/Storico
Grafica: 2.5D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse
Doppiaggio: Inglese
Sottotitoli: Italiano
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