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Recensione

Jack Keane 2 - The Fire Within

di Daniele Picone  

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In breve

Jack è sulle tracce di un tesoro misterioso che si vocifera essere di valore inestimabile. Purtroppo per lui non è il solo che lo sta cercando...

 

Recensione Completa del 27 Luglio 2013
Dal baluardo tedesco per la preservazione del genere punta e clicca arriva Jack Keane 2: The Fire Within, l’ultima fatica dei Deck13 Interactive, un gruppo che ormai vanta un’esperienza quasi decennale (o anche di più se consideriamo la loro precedente etichetta) nel campo delle avventure grafiche, cominciata con la serie di Ankh. E’ un traguardo ragguardevole, perciò, anche in virtù del prezzo di copertina, non esiterò ad applicare gli standard di valutazione che gli competono.
In questo sequel ritorniamo a seguire le vicende Jack Keane, lo spocchioso capitano britannico amante delle belle donne, ora accoppiato ad Amanda, l’indipendente bionda texana che Keane ha acquisito come parte dell’equipaggio in maniera fortuita durante la spedizione per la Royal Navy. I due piccioncini sono gli unici sopravvissuti del cast originale, mentre il resto è stato completamente cassato, forse a causa dei loro connotati esclusivamente macchiettistici che ormai non consentivano più un qualsivoglia sviluppo caratteriale; d’altra parte, a parte Amanda stessa, i compagni di viaggio del primo episodio erano delle palle al piede e Jack doveva ingegnarsi da solo per superare prove e paure inconsce. In questa nuova release si tende invece a dare la sensazione di supporto costante, focalizzandosi molto sui rapporti tra i membri dell’equipaggio, composto stavolta da 4 personaggi giocanti (chi con più chi con meno screen time).
Dal punto di vista amoroso, l’introduzione di un nuovo personaggio maschile, il mite ingegner Carl, e di uno femminile, Eve, una gatta morta dai tratti nord-africaneggianti e amante dello stile, instaura un sistema di doppia coppia che permette sempre di lasciare a disposizione un rimpiazzo per l’amante rimasto a secco. Nel gameplay, ciò si traduce prendendo in prestito in un meccanismo tipico delle visual novel a sfondo romantico, che assegna dei “punti†alla relazione con ognuna delle ragazze in base a scelte di dialogo; tali scelte influenzano il finale (se vi aspettate qualcosa di simile agli eroge, cascate male) e, con mia piacevole sorpresa, si piegano anche al format punta e clicca introducendo un paio di bivi, anche piuttosto corposi, con nuovi enigmi da affrontare. Ad un’analisi più attenta, però, si tratta solo di un piccolo divertissement, incapace di colpire il giocatore e piagato da qualche difetto: prima di tutto Eve fa la sua prima apparizione relativamente tardi, dunque i giocatori (specie quelli affezionati della saga) faranno fatica a soppiantare il rapporto consolidato con Amanda, nonostante i timidi tentativi di dare ad intendere che ella voglia tradirvi con Carl. C’è inoltre il rischio di alienare ancora di più il pubblico femminile in un capitolo che si sbarazza, sì, del fanservice, ma non disdegna ammiccamenti, qualche commento di troppo sul fisico delle fanciulle e qualche strana inquadratura altezza seno che ne taglia il volto (forse a causa di un glitch).
L’intenzione di aggiungere un minimo spessore caratteriale si estende anche al principale antagonista, Umbati, a cui è assegnato un carattere più serioso, che si oppone agli scagnozzi che hanno invece toni demenziali. Non ci sono comunque pretese di profondità e l’avventura ci tiene a mantenere una netta distinzione morale tra bene e male. Ad esempio, pur di non permettere a Jack di corrompersi, una particolare scelta di dialogo è punita con un game over, sebbene essa non avesse alcuna conseguenza pratica sugli eventi successivi; similmente, quando uno dei personaggi sembrerà cambiare fazione, non c’è da aspettare molto perché faccia retromarcia. Questa sensazione di appiattimento si ha anche nella trama: a mio parere è un po’ uno spreco imbastire una nuova storia quando le mire di Umbati tendono a coincidere con quelle del vecchio antagonista, il dottor T, cui si accenna anche un legame professionale; in un certo senso, è come se i “cattivi†della serie facciano parte di un unico grande circolo di malvagità, di cui devono tutti far parte anche quando è superfluo.
Il viaggio comincia descrivendo Ukumba, o MacGuffin che dir si voglia, un oggetto misterioso che il nostro protagonista si fa carico di recuperare più per il piacere stesso della scoperta che per un legame di natura fatalista, spiegato ma debolmente sviluppato. La ricerca procede tramite il ritrovamento di quattro pezzi di amuleto, che permettono a Jack di esplorare visivamente il proprio subconscio in una sorta di versione decostruita delle sue esperienze a breve e lungo termine. E’ un modo sottile per richiamare l’attenzione dei fan di vecchia data, reincontrando elementi familiari del brand (che confermano il malcelato amore dei Deck13 nel disseminare piante carnivore dappertutto) e acquisendo indirettamente suggerimenti in deja-vu sulla risoluzione di enigmi proposti ora in versione light, che potrebbero apparire cervellotici senza la precedente esperienza.
Quest’immersione metaforica nei meandri della mente è però stata gestita malamente: i dialoghi con lo sciamano/mentore sono inconcludenti e, per quanto mi sforzi, mi riesce davvero difficile proiettare una figura solare come Jack in un vecchiaccio che vive in un ovattato isolamento. Questo confronto con il futuro io, che funziona meglio in produzioni che si concentrano su protagonisti asociali alla Scrooge, viene giustificata ingame con la poca attitudine ad assumersi responsabilità che il nostro capitano palesa in varie occasioni. Questo, almeno, secondo gli sviluppatori… mi ha difatti decisamente sorpreso che il condivisibile rifiuto di Jack di prendersi ulteriori grattacapi, capeggiando una rivoluzione per aiutare un gruppetto di persone appena conosciute, non fosse un modo di prendere in giro l’ormai trita convenzione delle avventure grafiche di accettare quest a destra e a manca, bensì un vero e proprio plot device, che non verrà poi indagato neanche di striscio. Non è neanche l’unica occasione in cui si fa di tutto affinché la comicità più efficace sembri inconsapevole: in un’altra occasione, ad esempio, si prende in giro lo scarso humour tedesco, facendo autoironia su un’opinione che, a quanto leggo in giro, è piuttosto condivisa dal pubblico; il tutto viene poi banalizzato utilizzando quest’informazione per risolvere un enigma da dialogo.
Non sono sicuro di aver capito quale sia il pubblico di riferimento: la trama e le battute sono piuttosto infantili, ma allo stesso tempo si cerca di intercettare lo zoccolo duro dei punta e clicca con citazioni sui classici. Anche alla luce di ciò, in tutta onestà, non mi sento di condividere l’opinione generale che Jack Keane tenti a tutti i costi di copiare Monkey Island, pregio o un difetto che sia. E’ innegabile che ci siano numerosissimi richiami, specie in una sequenza in cui ci ritroviamo in stretta sequenza a cercare un equipaggio, armare un cannone e colpire con esso un casco di banane (con tanto di commento finale “questo mi ricorda qualcosa…â€), ma l’atmosfera che si respira ha un’identità diversa. Monkey Island gioca sul rude linguaggio piratesco che si oppone ai modi gentili di Guybrush e su un’ambientazione disseminata di anacronismi, ma omogeneamente collocata nelle lande caraibiche; Jack Keane 2 soddisfa invece il bisogno di familiarità tecnologica senza inserire elementi fuori dal tempo, trasferendosi agli inizi del ‘900, un’epoca interessante e non troppo sfruttata in passato, in cui l’industrializzazione dei moli di Amburgo e i luoghi incontaminati alle falde del Kilimangiaro convivono piacevolmente.
Nella struttura, il gioco è magari più vicino a quelle avventure con la valigia sotto il braccio, quali Broken Sword, cui lo accomuna la ricerca di reliquie attraverso splendidi scenari intercontinentali, o Runaway 3, da cui mutua l’idea di ambientare il primo capitolo in un ambiente di reclusione. Al contrario di Brian, però, il Jack incarcerato non perderà mai la sua baldanza, anche perchè le celle sono rappresentate in modo ancora meno oppressivo, le guardie sono quasi sottomesse e poco minacciose quando si esprimono in modo incomprensibile. A questo proposito aggiungo, come nota di colore, che alcuni nomi bizzarri che gli sviluppatori si sono inventati hanno delle malaugurate assonanze con la lingua italiana; potrei giurare che la voce della sigla di testa, tra l’altro dal fascino esotico e molto orecchiabile, dica qualcosa del tipo “In du culu me annoiaâ€, dandomi da pensare che il “fuoco dentro†del sottotitolo possa riferirsi in realtà ad un’infiammazione rettale (per quanto dubiti che questa frase supererà il controllo editoriale).
Le curatissime raffigurazioni Full3D di tutti i continenti del Vecchio Mondo sono comunque il piatto forte, condito da ottimi effetti di luce, sempre a patto che il vostro computer sia capace di gestirli. Se disattivate questi effetti il passo in avanti della grafica dal primo episodio è molto meno impressionante, ma ho comunque apprezzato che la maggiore presenza di dettagli consenta di inquadrare i personaggi a distanza ravvicinata.
La tecnologia dei mezzi di trasporto, sotto forma di navi, zeppelin e prototipi di automobile permette di raggiungere tanti luoghi, eppure la fase di esplorazione orizzontale (cioè senza che la trama vada avanti) è molto limitata; come madre Telltale ha insegnato, si procede per shottini, gruppi di 2-3 schermate in cui l’inventario non accumula più di 5-6 oggetti e, data anche la logica meno astrusa, è facile che riusciate a risolvere ognuna delle numerose mini-missioni in una ventina di minuti. In totale il gioco risulta più breve (una decina d’ore) di quel colosso del predecessore, ma la densità di enigmi a parità di tempo è molto più fitta (a prova di ciò, la soluzione è la più lunga che mi sia capitato di scrivere per Adventure’s Planet).
Gli enigmi in sé sono quanto di più tradizionale si possa offrire, con qualche rara variazione dagli altalenanti risultati che spazia da un’implementazione del classicissimo “salvare capra e cavoliâ€, forzatissima nel contesto e standard nella realizzazione, ad una più simpatica ed originale versione del meno comune “accerchiamento di bestia che fuggeâ€. Non ho apprezzato gli enigmi di dialogo, gestiti molto peggio di Caos a Deponia e che, escluso un caso un po’ più interessante, consistono nell’indovinare 4 o 5 risposte consecutive in maniera quasi random. Il rivelatore di hotspot stavolta segnala soltanto gli oggetti raccoglibili e non quelli interagibili, ma ciò non mi ha creato tanti problemi; semmai è possibile che qualche piattaforma su cui saltare sia nascosta un po’ più del necessario, ma, pur non essendo segnalate da marker, sono comunque più visibili delle sporgenze di Jack Keane 1.
Questa maggiore libertà di movimenti è in linea con la volontà di aggiungere qualche piccolo elemento di azione, che si concretizza in varie espressioni: il puntatore che si trasforma in mirino quando si seleziona il fucile di Amanda, un veicolo che si ripara in corsa oppure lo strano combattimento a suon di pugni che ricorda vagamente il Monkey Kombat di Fuga da Monkey Island, ma che non include alcun elemento di ragionamento, fungendo da scusa per bloccarvi il percorso in modo che impariate la mossa di turno; la parte di azione è giusto un assaggio e fa un po’ rimpiangere che, a questo punto, non si sia optato per un vero e proprio action/adventure , per quanto questa scelta fosse opinabile nell’ambito di un brand partito in modo ancora più tradizionalista.
Niente male il doppiaggio, che usa un cast completamente nuovo, anche se la prestazione di Amanda è un po’ sottotono e fuori ruolo; il gioco usa inoltre vari accenti per enfatizzare il paese di provenienza di alcuni personaggi, una caratteristica che può anche non piacere. Buona la traduzione in lingua inglese, che sembra però realizzata da non appassionati; si è persa difatti qualche citazione, ad esempio parafrasando eccessivamente il caro vecchio adagio “Molto appropriato. Combatti come una muccaâ€.

Devo chiudere purtroppo con una nota stonata; al contrario dei prodotti precedenti, i Deck13 si sono affidati qui ad un motore nuovo sviluppato internamente, chiamato Fledge. Data la giovane età dello stesso, il gioco ha mostrato qualche fastidioso bug ricorrente, ad esempio impedendo del tutto le interazioni col cursore e costringendomi a numerosi riavvii. Il metodo di controllo è decisamente scomodo: è vero che è possibile gestire il tutto esclusivamente col mouse, ma il nostro avatar si incastra spesso in qualsiasi insenatura a causa di un algoritmo di ricerca del percorso piuttosto povero. Il controllo più naturale è perciò un ibrido tastiera/mouse, nel quale però i due diversi input, non disattivabili né riprogrammabili, si mettono i bastoni tra le ruote a vicenda. Ho anche provato un’idea baldanzosa che spero non scateni le ire dei lettori: l’utilizzo di un controller, che però non è supportato nativamente. Mi sono armato di pazienza e ho mappato su di esso i comandi tramite un piccolo software (Xpadder), ma anche in questo caso il gioco ha deciso di non voler collaborare, presentando problemi di stabilità e numerosi altri bug, forse a causa di qualche conflitto.
Non si tratta però di una bocciatura completa: avendo giocato i due Jack Keane di seguito solo adesso, devo dire che, ignorando i problemi tecnici, ho preferito quest’ultimo episodio, ma tenete conto che l’invecchiamento di 5-6 anni del primo può aver influenzato la mia esperienza. Progettare un’avventura è un campo minato: pure quando si ha una buona impostazione di base, lo scivolone è sempre dietro l’angolo, magari per un’inconsistenza nella trama o per un puzzle blando, e Jack Keane 2 non è immune da nessuna delle due occorrenze. Ho sinceramente apprezzato la volontà di aggiungere elementi d’azione e visual novel, ma il trattamento approssimato di questi elementi, così come quello dell’engine, dei temi generali e dell’ironia, non vi faranno godere appieno dei bellissimi luoghi che visiterete con i vostri compagni.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Deck 13
Publisher: Nordic Games GmbH
Distributore: Zodiac
Data Rilascio: 29/06/2013
Piattaforma: PC
Caratteristiche
Genere: Avventura/Commedia
Grafica: 3D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse
Doppiaggio: Inglese e tedesco
Sottotitoli: Inglese e tedesco
Ricerche
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Requisiti minimi
OS: Windows XP/Vista/7/8
Processore: 2,8 GHz
RAM: 2 GB
Scheda Video: 256 MB, compatibile con Shader Model 3.0 (NVidia GeForce 7900 GT / ATI Radeon HD X1800 o superiore)
Hard Disk: 6 GB
Supporto: Online Download
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