Venite ingaggiati dalla famiglia di Duncan Walter Adams, un miliardario appena deceduto, per cercare il suo testamento in una delle 35 cassaforti della sua magnifica tenuta. La posta è alta e gli indizi scarsi. Vi serviranno tutta la vostra esperienza, arguzia, capacità deduttiva e di risoluzione di enigmi per guadagnarvi la paga.
1997 – La DreamCatcher Interactive Inc. pubblica un’avventura intitolata
Safecracker. Trama: il protagonista, impiegato in una ditta che produce casseforti, punta a diventare responsabile del reparto di sviluppo. A separarlo dalla promozione, una prova imposta dal capo dell’azienda, in cui dovrà dimostrare la propria abilità nell’aprire ben 35 dispositivi, disseminati sui piani di una grande ed eccentrica casa. Avete preso nota? Perché tra un po’ andremo a parlare di un gioco che, qualcuno giura, “non ha nulla a che fare con quello del ‘97â€.
2006 – The Adventure Company e Atari Games (per l’Italia), pubblicano un gioco realizzato dai Kheops Studio (
Viaggio al Centro della Luna,
Ritorno all’Isola Misteriosa, per citarne alcuni). Stiamo parlando dell’oggetto di questa recensione: Safecracker – The Ultimate Puzzle Adventure, un’avventura grafica in prima persona. La trama è semplice ed è presentata nei circa trenta secondi introduttivi (niente cutscenes o filmati, solo titoli di quotidiani che si susseguono e qualche immagine di sfondo): Sir Duncan W. Adams, noto magnate del settore petrolifero, è venuto a mancare. I potenziali eredi sono tanti e la famiglia Adams è in allarme: il testamento sembra irreperibile. Il sospetto è che Duncan lo abbia nascosto in uno dei suoi tanti dispositivi sparsi per la Adams House, spinto dalla sua smodata passione per le casseforti. La soluzione è una sola: ingaggiare un esperto scassinatore (il nostro alter ego) e affidargli il compito di ritrovare il documento. Un’impresa ardua, considerando la presenza di ben 35 aggeggi disseminati sui piani della grande magione degli Adams.
Chi ha già dimestichezza con i motori grafici delle AG in prima persona, saprà già cosa voglia dire QuickTime VR, per tutti gli altri consiglio
questo link dimostrativo. Il sistema adottato per Safecracker è identico: ambienti realizzati in 3D con l’ausilio di qualche apposito programma, poi “fotografati†e “incollati†in modo da dare al giocatore l’impressione di un’immersione realistica al loro interno. La visuale del gioco dovrebbe ricalcare quella degli occhi del nostro eroe e la telecamera è liberamente ruotabile. Non stiamo parlando di ambienti esterni, ampi e suggestivi, ma di stanze chiuse e semplici nell’arredamento (casseforti a parte). Forse proprio per questo sarebbe stata auspicabile una cura maggiore per i dettagli: vedere oggetti ripetuti anche quattro, cinque volte all’interno della casa, o scorgere su mensole e librerie dei vasetti che sembrano usciti da un manuale “for dummies†di 3D Studio, lascia decisamente l’amaro in bocca. Il procedimento “foto&incollaâ€, poi, ha delle evidenti conseguenze anche in presenza di fonti di luce: gli aloni sprigionati da lampade, lumi e quant’altro, tendono a dare una sensazione di sfocatura alle immagini. Certo, bisogna ammettere che alcune stanze (giardino e “games roomâ€, su tutte) risultano piacevoli agli occhi, ma la qualità media delle room resta mediocre. Un’ultima chicca del comparto grafico riguarda gli specchi: abbiamo già detto di impersonare uno scassinatore, ma nessuno ci aveva avvertito circa il fatto che costui fosse un vampiro! Come ben saprete, infatti, le creature della notte tendono a non riflettersi negli specchi e questo è precisamente ciò che avverrà in tutti e tre i bagni presenti nella Adams House. Ovviamente è un problema legato alla natura statica e bidimensionale delle immagini, ma è sorprendente constatare come una software house “espertaâ€, quali sono i Kheops Studio, sia caduta in questo errore, senza elaborare una soluzione (banale, magari, come inserire un riflesso statico del personaggio, o semplicemente evitare di posizionare gli specchi esattamente di fronte al giocatore).
Al solito, il comparto audio è suddivisibile in tre elementi: musiche di sottofondo, effetti sonori e parlato (sì, c’è anche il doppiaggio). La colonna sonora è composta da pochi temi musicali, ben realizzati e capaci di accompagnare il giocatore rilassandolo; unico rammarico il fatto che finiscano in modo brusco, senza ripetersi e lasciando, dunque, un vuoto piuttosto “rumorosoâ€. Gli effetti sonori sono molto limitati: porte che si aprono, campanellini che fanno capire di aver risolto un rompicapo, scatto della serratura di qualche cassaforte e nulla più. Il parlato è ugualmente esiguo: una dozzina di frasi in tutto, pronunciate dal protagonista, a mo’ di riflessioni o leggendo lettere e pagine di diario sparse per la casa.
Se pensate che per scassinare una cassaforte ci voglia un piede di porco o della dinamite, allora siete fuori strada (sebbene una soluzione del genere in più di un’occasione farebbe comodo). In Safecracker sarà il cervello a farla da padrona. Ogni cassaforte e ogni dispositivo, elettronico o meccanico che sia, rappresenta un rompicapo. Non stiamo parlando, infatti, di un’avventura inventory-based, ma di un vero e proprio puzzle game che deve molto al filone inaugurato da The 7th Guest. Ogni aggeggio richiederà la ricerca di un criterio diverso per la propria risoluzione, andando dalla decifrazione di un codice, ai problemi di logica, dai rompicapo basati sullo spostamento di pedine, alla creazione di percorsi in stile Labirinto (gioco da tavolo Ravensburger). Insomma ce n’è per tutti i gusti. Di tanto in tanto capiterà di avere a che fare con oggetti, spesso rinvenuti all’interno di una cassaforte appena aperta, il cui scopo sarà quello di permettervi l’accesso o l’attivazione di nuovi dispositivi e, quindi, di nuovi rompicapo. Nell’inventario del nostro scassinatore potranno entrare anche pagine del diario di Duncan Adams sparse per casa, assieme a lettere provenienti dai suoi parenti. A questo proposito permettetemi una piccola divagazione: fa sorridere vedere come alcuni “colleghi†abbiano definito questo tipo di documentazione come un mero “valore aggiunto per la tramaâ€â€¦Ã¨ evidente che qualcuno ha recensito Safecracker senza portarlo a termine. In realtà l’intento degli sviluppatori non è solo quello di farvi leggere qualcosa che dia un senso al plot, ma soprattutto quello di offrire un (seppur minimo) elemento di caratterizzazione, utile per la scelta finale. Sì, perché dopo 35 enigmi-rompicapo, quando avrete tra le vostre mani il testamento di Sir Duncan, dovrete scegliere a chi destinare il patrimonio: potrete scegliere tra tutti i potenziali eredi (autori delle lettere o protagonisti di alcuni paragrafi del diario del defunto), oppure scegliere voi stessi. Per ognuno ci sarà un breve finale alternativo, con alterne conseguenze.
L’interfaccia di gioco è elegante graficamente, nonché funzionale: un puntatore, fisso al centro dello schermo, indicherà le direzioni quando saranno possibili spostamenti e segnalerà la possibilità di osservare (e zoomare), raccogliere o interagire. Tramite il click del tasto destro del mouse, verrà richiamato l’inventario, ovvero una sequenza orizzontale di slot in cui compariranno di volta in volta gli oggetti raccolti (e dopo il loro utilizzo, verranno oscurati). Sempre in sede di inventario, si potrà accedere alla mappa della Adams House, le cui singole stanze verranno segnate dopo essere state “scoperteâ€. Inoltre sulla mappa sono segnalati tutti gli enigmi contenuti nelle room (con una X rossa se ancora in sospeso, verde se risolti). Ah…suppongo che a questo punto l’avrete intuito, ma lo dico ugualmente, per sicurezza: dimenticate i dialoghi.
Niente limiti di tempo, né tantomeno possibilità di morte. Se l’intenzione dei Kheops Studio era quella di mettere a proprio agio il giocatore, bisogna ammettere che l’obiettivo è stato raggiunto. Giocare a Safecracker risulta rilassante e appagante, per tutti gli amanti dei rompicapo, ai quali poco importerà della fragilità del plot, dell’assoluta disconnessione tra gli enigmi proposti e della sensazione generale di estraneità dalla trama. Simpatica anche l’idea di offrire al giocatore cinque diversi profili (rappresentati da altrettanti chiavi) a cui associare differenti partite, lasciando così aperta la possibilità di accesso al gioco da parte, magari, di altri membri della famiglia, appassionati di parole crociate, rebus o sudoku (situazione già sperimentata con successo dal sottoscritto). La longevità di Safecracker dipende strettamente da che tipo di giocatore siete: un utente avezzo ai rompicapo, potrebbe portarlo a termine in meno di sei ore; chi, invece, volesse “dosare†il gioco o fosse poco incline alla risoluzione di enigmi di questo genere, potrebbe impiegarci anche il doppio del tempo.
Spendo ancora due parole circa la questione “marketing†di Safecracker. Negli Stati Uniti, dov’è stato distribuito da The Adventure Company, il gioco in questione è venduto ad un prezzo che si aggira intorno ai 20 euro. Il packaging è curato, la cover accattivante nella propria semplicità e la politica del prezzo adottata oltreoceano ha certamente garantito un buon volume di vendita. Non si spiega perché, qui in Italia, Atari Games abbia scelto di puntare su un prezzo abbondantemente superiore (circa 50 euro), considerando la natura del prodotto (certamente non un paradigma di longevità , né un “colossal videoludico†per quanto riguarda il budget) e l’assoluta inconsistenza del doppiaggio.
Safecracker, un discreto puzzle game in prima persona, che fa il verso a un titolo di nove anni prima. Le scelte del publisher italiano certamente non lo aiuteranno nella diffusione, ma la natura stessa del prodotto, lo rendono un titolo di nicchia. Vi piacciono i rompicapo? Allora fa per voi. Volete un plot solido, dialoghi e interazioni con gli oggetti? Lasciate perdere, in questo periodo c’è di meglio. E ora, scusatemi, ma devo infilarmi nuovamente il costume da Banda Bassotti per andare a scassinare qualche altra cassaforte, in vista della pubblicazione della solla.