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Sabato, 27 Luglio 2024 03:31
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Recensione

Pony Island

di Alberto Semprini  

il nostro voto
81
In breve

Siete intrappolati all'interno di un cabinato arcade programmato dal diavolo in persona, il quale detesta veder risolti i suoi enigmi. Per poter procedere dovrete pensare fuori dagli schemi e, quando ci riuscirete, verrete insultati per l'impresa.

 

Recensione Completa del 03 Marzo 2016
Ogni tanto succede che un povero recensore si ritrovi a scrivere un pezzo su un gioco come Pony Island. Uso la parola “povero†non tanto perché il videogame in questione sia brutto o particolarmente ostico, anzi, ma perché, per il sottoscritto (e non solo per lui), Pony Island è un gioco dannatamente difficile da valutare usando gli strumenti classici della critica videoludica.

Prima di tutto sono praticamente costretto a spiegarvi il meno possibile del funzionamento del gameplay, questo perché le meccaniche stesse del videogame sono strettamente integrate con quella che è la narrazione e l'esperienza dell'opera stessa. Anticiparvi troppo è molto rischioso perché potrei rovinare la vostra esperienza nel caso in cui vorreste intraprenderne l'avventura; Pony Island è infatti un gioco che si vive e si scopre lentamente, di quelli che ti sorprendono ad ogni riga di testo.

In secondo luogo, l'opera di Daniel Mullins non segue i canoni di nessun genere codificato, si tratta di qualcosa di molto originale e fuori dagli schemi per gli standard attuali. È difficile dire che si tratti di un’avventura punta e clicca, benché siano presenti enigmi che costringono il giocatore a spremersi le meningi, ma, al contempo, non è possibile incasellarlo in un semplice puzzle game perché la progressione narrativa è presente in ogni dove, anche nelle azioni apparentemente più insignificanti.

Se dovessimo fare dei paragoni con altre opere tirerei in ballo una serie di titoli apparentemente molto distanti tra di loro come: Papers Please, The Stanley Parable e Hack en' Slash di Double Fine, (personalmente ha ricordato pure il criptico Deus es Machina di Mel Croucher su spectrum, ma si tratta di un paragone un po' più ardito). La vicinanza con Papers sta nell'abilità di narrare usando enigmi e strumenti propri del gameplay più che quelli tradizionali come dialoghi o scritti; con The Stanley Parable condivide l'ironia e la capacità di porsi a metà strada tra quello che è il giocatore e la realtà del racconto, ironizzando anche sulle meccaniche del medium videogioco in generale; da Hack en' Slash, invece, prende l'idea di “hackerare†per finta il gioco stesso in modo da ottenere bonus e abilità necessarie per proseguire nella vicenda.

Sostanzialmente, il giocatore interpreta il ruolo di un suo collega virtuale, anche lui alle prese con un videogame intitolato Pony Island. Esso, ad una prima occhiata, appare come un classico e innocuo arcade stile anni 80, ma non ci vorrà molto per accorgersi che dietro all'apparente tenerezza del titolo si nasconde qualcosa di più infido e inquietante. Ben presto saremo costretti ad andare oltre la superficie che ci viene presentata e “hackerare†(per così dire) il codice sorgente in modo da uscire dall'incredibile “incubo†in cui ci ritroviamo.

Fondamentalmente dovremo giostrarci tra finti bug e glitch, risolvendo enigmi logici che simboleggeranno l'hackeraggio†del software; trovare una via d'uscita non è semplice e alle volte bisogna aguzzare sia la vista che l'ingegno, anche se la difficoltà globale dell'opera non è particolarmente alta.

A dare un pizzico in più a tutto c’è la possibilità di trovare dei segreti nascosti in qua e la; rappresentati da dei Ticket che l’arcade machine ci donerà se compiremo determinate azioni come: totalizzare l’high score in alcuni livelli, oppure scovare una zona segreta tra i menu di sistema. A ben vedere si tratta di una sorta di Achievement di steam nascosti all’interno del software, una serie di secret item messi apposta per stimolare la fantasia e invitare l’utente a rigiocare il Pony Island più e più volte.

Tra i tanti tocchi di genio del titolo c’è anche la scelta di ricorrere ad un’estetica perfettamente in tono con quella che era l’epoca degli home computer 8 bit, pur utilizzando Unity come motore grafico. Importantissimo anche l’uso del sonoro, che mescola sapientemente effetti inquietanti e metallici a poche melodie studiate per essere di atmosfera e inquietare quanto basta.

L’esperienza che mette in campo Pony Island è senza ombra di dubbio inusuale e originale, pur se molto breve; il gioco di Daniel Mullins è qualcosa di irripetibile e geniale nella sua semplicità e nel suo prendersi gioco dei linguaggi video ludici di ogni epoca e stile. Un gioiello tanto piccolo quanto inaspettato.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Daniel Mullins Games
Data Rilascio: 11/01/2016
Piattaforma: Linux, MAC, PC
Caratteristiche
Genere: Puzzle
Grafica: 2D
Visuale: Soggettiva
Controllo: Mouse
Doppiaggio: Inglese e Italiano
Sottotitoli: Inglese/Italiano
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