Per aiutare Lea Nichols a scappare dalla sua prigione fluttuante, il giocatore vivrà un nuovissimo tipo di esperienza. Controllando le camere di sorveglianza e un sistema di controllo hi-tech, sarete i suoi occhi e le sue orecchie. Ma state attenti! Non avete il controllo diretto di Lea, così dovrete badare alle sue reazioni, anticipare le sue decisioni e aiutarla a combattere le sue paure, in un'avventura che vi condurrà entrambi in territori inesplorati.
È trascorso circa un anno
da quando affermavo di attendere con impazienza l’uscita di Experience 112, grazie alla forte carica innovativa che gli sviluppatori francesi di Lexis Numèrique avevano deciso di infondere nel proprio prodotto. Non nascondo di essere giunto al momento dell’installazione accompagnato da una riflessione un po’ amara: nell’anno trascorso tra l’annuncio e l’uscita, in realtà , il gioco non è stato pubblicizzato così come mi sarei aspettato (d’altronde non capita tutti i giorni di avere a che fare con un’avventura “in seconda personaâ€, no?); anzi, diciamo che non è stato pubblicizzato per niente, almeno dalle nostre parti. Negli Stati Uniti invece hanno pensato bene di ribattezzarlo con un più generico (e forse di più semplice impatto) “The Experimentâ€, donandogli una copertina più curata e al tempo stesso meno veritiera circa il dettaglio grafico del gioco.
La vicenda di Lea Nichols – questo il nome della protagonista – viene introdotta da un bel filmato in computer grafica, realizzato interamente con un’inquadratura che accompagna le traiettorie disegnate da un gabbiano in volo. Si accarezza la superficie del mare, ci si infila tra le fenditure dell’imponente scogliera di un’isola, per finire a bordo di una grossa nave abbandonata alla deriva. Il risveglio di Lea è improvviso così come l’ingresso del giocatore all’interno dell’avventura. Orazio definiva questo tipo di incipit “in medias resâ€, cioè “nel mezzo delle coseâ€, ed è precisamente ciò che avviene con Experience 112: Lea si solleva, riprende a fatica il controllo delle proprie gambe – evidentemente atrofizzate – e comincia a comunicare con noi, mentre ancora ci chiediamo cosa stia succedendo e, soprattutto,
come interagire con lei.
Tuttavia non c’è da preoccuparsi: gli sviluppatori francesi evidentemente si sono resi conto che tutto ciò avrebbe potuto causare un eccessivo spaesamento nel giocatore, quindi hanno fatto in modo che Lea, dopo un convincente risveglio da uno stato comatoso (con un’animazione bellissima quando tenta di alzarsi), riesca miracolosamente a ricordare tutto nel giro di pochi secondi. Sarà lei dunque a spiegarci cosa fare e
come farlo, mentre, con il passare dei minuti, non sarà affatto avara di informazioni circa il luogo in cui ci troviamo. Basteranno all’incirca un paio d’ore di gioco per capire esattamente dove la trama voglia andare a parare e, dato che non è compito mio rovinarvi la sorpresa spiegandovi tutto, vi basti sapere che la nave è in realtà un grande laboratorio di ricerche biologiche, lasciato ormai alla deriva da anni, in quanto tutti i membri dell’equipaggio hanno fatto una brutta fine (tutti tranne Lea ovviamente… e forse qualcun altro).
E noi avventurieri incalliti, chi dovremmo impersonare? Eh, bella domanda. Orwell l’avrebbe chiamato Big Brother, ma la risposta l’avrete solo portando a termine il gioco, ovviamente. Una cosa è certa: siamo chiamati ad impersonare il presunto salvatore di Lea, una persona indefinita che, inspiegabilmente, si ritrova seduta a un pc, così come lo siete voi ora, con davanti il potente software di gestione degli impianti della nave. Il tutto è degnamente rappresentato da un’interfaccia con le sembianze di un desktop, dotato di una barra laterale da cui richiamare le funzioni principali del sistema operativo e addirittura le opzioni per cambiare lo sfondo (scegliendolo tra alcuni predefiniti) e i colori delle finestre.
Prima di passare all’esame dettagliato del gameplay, però, mi permetto di concludere il discorso “tramaâ€. Stando a ciò che ho scritto prima, sembrerebbe un plot bello e interessante, e in effetti è proprio così almeno fino alla metà del gioco; poi però la sceneggiatura prende una piega a mio avviso pessima, scadendo in una science-fiction di serie Z che, purtroppo, tende a spezzare la tensione fino a quel punto indotta nel giocatore.
Le modalità con cui potremo interagire con Lea sono essenzialmente due: attraverso le telecamere e degli “interruttori†che attivano luci, porte e hotspot particolari. In entrambi i casi, lo strumento da utilizzare sarà quello della mappa, una piantina che riporterà fedelmente la disposizione delle stanze e i macchinari in esse contenuti. La sensazione è la stessa che si prova nell’osservare un Tom Tom: Lea è rappresentata da un triangolino celeste e i suoi spostamenti sono visibili in tempo reale; le telecamere hanno forma rettangolare e mostrano il loro raggio visivo; le luci sono rappresentate da cerchietti, mentre le porte sono delle semplici barre trasversali poste all’ingresso delle stanze; infine troverete sparsi qua e là alcuni hotspot rappresentati da triangolini. In tutti i casi, gli elementi presenti sulla piantina saranno di colore rosso se disattivati e di colore celeste se attivati. Guidare Lea significa proprio giocare con gli interruttori; attivandone uno, la ragazza si dirigerà nella sua direzione – a patto che si trovi ad una distanza tale da essere nel campo visivo di Lea – e compierà una specifica azione: attivando una porta, la spingerete ad entrare in una stanza fino a quel momento chiusa; attivando un hotspot, lei darà un’occhiata approfondita o interagirà con un macchinario; accendendo una luce, la ragazza si dirigerà nella zona illuminata. Il significato di “gioco in seconda personaâ€, come avrete capito, sta tutto qui: nessuna possibilità di comandare direttamente la protagonista, ma degli strumenti per farlo indirettamente e osservare le conseguenze delle sue azioni.
Le numerose telecamere ci permetteranno dunque di vigilare sull’andamento di Lea, seguendola in ogni suo passo attraverso la nave. Attivandone una, vedremo comparire sul desktop una finestra contenente la ripresa in diretta. Attraverso alcune icone poste in alto a destra, sulla barra grigia che sovrasta la finestra – così come avviene in Windows – potremo chiudere la trasmissione o modificare le dimensioni del riquadro. In basso a destra, invece, vedrete altre icone di colore bianco, ognuna delle quali rappresenta una modalità attivabile sulla telecamera attivata. All’inizio saranno disponibili solo due pulsanti: quello che attiva il movimento del dispositivo attraverso il mouse, utile per fare “sì†o “no†con la telecamera e rispondere alle domande che Lea di tanto in tanto ci porrà , e quello che aumenta la luminosità , utile per gli ambienti con scarsa luce. Nel corso del gioco, poi, si troveranno altri potenziamenti, tra cui figurano: il visore termico, utile per rilevare le fonti di calore e le temperature; la messa a fuoco, ottima per migliorare la resa di alcune telecamere; lo zoom, indispensabile per cercare indizi.
La maggior parte degli oggetti, soprattutto tessere magnetiche, e degli indizi necessari per il proseguo dell’avventura, sono sparsi all’interno dei laboratori; ma Experience 112 richiede anche una notevole dose di ricerca nel vasto archivio di documentazioni contenuto nella rete informatica. A questo scopo, il sistema operativo ci mette a disposizione tre voci importantissime - “Collaboratoriâ€, “Documenti†e “Posta†– precedute da una tipica maschera per effettuare il login. Dovete sapere, infatti, che a bordo della nave c’era un nutrito gruppo di scienziati, ricercatori e tecnici, ognuno dei quali è munito di un proprio account con cui accedere al mainframe. Ciascun personaggio, ovviamente, si distingue per una propria storia, una propria personalità e, soprattutto, i propri segreti. Scoprire scheletri nell’armadio sarà infatti una delle nostre attività principali, nel corso del gioco, assieme alla ricerca di codici e codicilli indispensabili per sbloccare apparecchiature di qualsiasi tipo. Tuttò ciò si concretizzerà nell’accesso agli account dei membri dell’equipaggio – tramite inserimento di username e password – e conseguente indagine tra i loro file. Alla voce Collaboratori, sarà quindi visibile un profilo di ciascun personaggio, corredato dai codici dei macchinari utilizzati per le sue mansioni; frugando tra i Documenti, potremo invece accedere alla cartella delle annotazioni formali, solitamente piena di rapporti utili per ricostruire le attività svolte a bordo, e a quella privata, protetta rigorosamente da un’altra password e ricca di informazioni confidenziali; sbirciando tra la Posta, infine, potremo farci un’idea dei rapporti personali intercorsi tra i vari colleghi – spesso tutt’altro che idilliaci – e raccogliere ulteriori dati, utili per capire cosa diavolo sia successo tra quelle umide e metalliche mura.
Tecnicamente parlando, Experience 112 è molto meno innovativo di quanto non si possa immaginare ad una prima occhiata. Il gioco è praticamente diviso in aree, a cui sono assegnate le relative piantine; passando da una zona all’altra, Lea dirà di dover “disconnettere la rete attualmente in uso e agganciarsi all’altraâ€, preannunciando così il caricamento dell’ambiente successivo. Sì perché, per quanto in apparenza tutto possa sembrare molto “vuoto†con le telecamere spente e le relative finestre chiuse, il gioco in realtà si basa su un engine che renderizza intere aree in 3d realtime. E nonostante quello a nostra disposizione sia un sistema operativo multitasking, cioè che permette l’apertura contemporanea di più finestre-telecamere, avendo più di tre o quattro trasmissioni video attive, comincerete a notare sensibili rallentamenti anche solo nello spostamento del mouse sullo schermo. Gli ambienti tridimensionali sono tutto sommato poveri di dettagli e di poligoni, ma questo handicap è in parte mascherato con alcuni escamotage piuttosto furbi: a cominciare dalla posizione delle telecamere e dalla qualità delle loro inquadrature, a cui si aggiunge un uso massiccio del “fogâ€, cioè dell’effetto nebbia, che di fatto impedisce al giocatore di osservare in modo nitido tutti gli eventuali dettagli grafici delle locazioni. Il modello del personaggio di Lea non è certo di ultimo grido in quanto a impatto visivo, e non vi dico quanto mi sia dispiaciuto scoprire che la ragazza ha un’espressione da pesce lesso orribilmente stampata in faccia per tutta la durata dell’avventura, ma è sicuramente impreziosito da una grossa cura nelle animazioni. Dopo aver visto per anni personaggi che salivano le scale con un movimento dei piedi del tutto indipendente dalla reale quantità di gradini o dalla loro altezza, e mani che sparivano all’interno di oggetti, senza neanche aprire i pugni, con Experience 112 sono rimasto piacevolmente sorpreso. Ho già accennato a come Lea si comporta subito dopo il risveglio, ma è un piacere anche vederla aggrappata alle balaustre per salire ripide scalinate senza perdere l’equilibrio, così come è bello notare il movimento articolato delle mani mentre interagisce con la tastiera di un terminale. La gamma di animazioni è davvero vasta e commisurata alla quantità di azioni peculiari che la giovane dovrà compiere durante il gioco.
Gli effetti sonori e ambientali sono buoni, ben integrati nell’atmosfera complessiva del gioco, mentre ho trovato non sempre adeguati gli intermezzi musicali, come se in alcuni casi si siano voluti sottolineare dei momenti con un’enfasi “stonataâ€. A mio avviso, data l’ambientazione, Experience 112 non avrebbe avuto affatto bisogno di musiche (se non all’interno del menu principale), potendo reggersi solo sui rumori di fondo o, addirittura, il silenzio completo. Per quanto concerne il doppiaggio, invece, devo ammettere di essere rimasto deluso: la voce di Lea pecca di mancanza di spessore ed espressività .
Quanto è lungo il gioco? Abbastanza. E non perché ci siano poi tutte queste cose da fare, ma soprattutto perché la maggior parte del tempo lo trascorrerete in spostamenti e scoprirete ben presto quanto sia lenta Lea. Quanto è difficile? Poco, ma ha una buona parabola crescente nella complessità degli enigmi proposti, i quali si dividono principalmente in due categorie: la ricerca e/o decodifica di codici - sia consultando la documentazione, sia lavorando con chiavi crittografiche, carta e penna – e l’interazione con macchinari particolari. In quest’ultimo caso, faranno la loro comparsa sullo schermo alcune finestre realizzate ad hoc per il dispositivo che dovremo controllare; inutile dire che con il passare del tempo questo tipo di interazioni diventeranno via via più complicate.
Se dovessi tirare le somme giunto a questo punto, potrei dire che, nonostante alcuni difetti, Experience 112 è un ottimo gioco, davvero innovativo e molto, molto particolare. Ma se mi fermassi qui, ometterei di parlare di un fattore che, per forza di cose, dovrà incidere nella valutazione globale del prodotto da parte di chi vi scrive: sto parlando della presenza di bug. Mi spiace dirlo, ma Experience 112 è un gioco pieno di bug, pieno di imperfezioni tecniche che vi costringeranno spesso a caricare salvataggi precedenti o a cliccare nervosamente sugli interruttori della mappa nel tentativo di far schiodare Lea dai punti in cui si sarà fermata (o peggio, com’è capitato a me, irrimediabilmente bloccata). Non parliamo poi di un grosso problema legato al game design: il gioco vi darà immediatamente la possibilità di esplorare più o meno liberamente buona parte della nave, facendovi così percorrere “chilometri†di corridoi, raccogliendo oggetti, informazioni e codici; scoprirete elementi nuovi, capirete già come azionare determinate apparecchiature e a quale scopo farlo, ma nel frattempo (faccio un esempio), se avrete saltato un hotspot nei primi dieci minuti di gioco, potete stare freschi: l’obiettivo che Lea sta perseguendo l’avete lasciato alle vostre spalle da ore e il gioco in realtà non andrà avanti se prima non tornerete indietro a colmare la lacuna, permettendo così alla ragazza di passare al prossimo step dell’indagine. Alla lunga tutto ciò può diventare irritante, quindi vi consiglio caldamente di attivare tutti gli interruttori visibili sulla mappa e di essere molto pazienti, dando a Lea il tempo necessario per raggiungere gli hotspot ed eventualmente esaminarli.
In conclusione, se dovessi esprimermi con un sentimento, direi
delusione. Delusione perché innanzitutto stiamo parlando di un gioco il cui concept è
davvero innovativo ed Experience 112 sulla carta aveva le potenzialità per sfondare sul mercato dei videogiochi in modo peraltro trasversale, attirando giocatori provenienti anche da esperienze di gioco differenti dalle avventure. Delusione perché, a fronte di un forte interesse e una bella tensione indotta nelle prime ore di gioco, la sceneggiatura si rivela presto di infima fattura, scadendo a tratti nell’inverosimile più ridicolo. Delusione, infine, perché non ritengo possibile che un prodotto raggiunga gli scaffali con una simile quantità (e qualità ) di bug. Lexis Numèrique ha già rilasciato una patch per la versione francese, quindi voglio sperare che presto giunga anche quella per la versione italiana; fino ad allora vi consiglio di ponderare bene l’acquisto.