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Recensione

The Book of Unwritten Tales: The Critter Chronicles

di Daniele Picone  

il nostro voto
77
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68
In breve

Questo breve prequel narra la storia di un'intera tribĂą di Critters minacciati da un malvagio stregone. Nate ed il Critter visto nel precedente capitolo, ora innamorato della figlia del capovillaggio, daranno vita ad un'alleanza per riuscire ad aiutare il villaggio.

 

Recensione Completa del 30 Maggio 2013
Non c’è certo stata penuria di avventure a sfondo fantasy provenienti dalla Germania di recente, ma la King Art Games non ha resistito ad aggiungere nuove pagine al loro libro delle storie non scritte. The Critter Chronicles funge insieme da spin-off e prequel dell’opera prima degli sviluppatori tedeschi e sposta l’obiettivo sugli eventi che hanno portato al legame tra Nate, ladro non proprio gentiluomo in via di redenzione, e Critter, il nostro commissario Rex in salsa fantasy.

Se, come me, la vostra prima preoccupazione è che il carattere di Nate non sia all’altezza di gestire quasi da solo questo episodio, specie in virtù dell’irritante presentazione da lavativo in The Book of Unwritten Tales, potete stare tranquilli. Un più tradizionale atteggiamento sarcastico rimpiazza quei vecchi toni da bullo che ora sarebbero fuori posto senza l’interlocuzione con l’ingenuo folletto Wilbur e dopo che la natura bonaria del carattere di Nate è stata svelata. L’evoluzione del personaggio è cioè opposta quella di Rufus, che nel secondo episodio di Deponia tende invece ad imbastardirsi; questo smorzamento dei toni malvagi, atto a non perdere del tutto la sincronia tra utente e avatar, è comunque in continuity con il resto dell’opera e non del tutto inatteso come invece lo era stato quello del giullare Malcolm, il principale antagonista della saga di Kyrandia, che nel terzo episodio diventa personaggio giocante e proclama d’improvviso la sua innocenza.

Il setting del primo atto introduce il tema ambientale nevoso e si pone in soluzione di continuità col predecessore, partendo anche stavolta su uno strano veliero volante. Qui la rozza orchessa Ma’zaz, a cui è stato dato uno spazio maggiore, è un buon sparring partner per un più compìto Nate, il quale si destreggia bene con la rottura della quarta parete e condisce il tutto con un simpatico quanto anacronistico riferimento ad un personaggio che a rigore non dovrebbe ancora aver incontrato; questo è un ottimo modo per strizzare l’occhio ai vecchi giocatori, pur mantenendo le due storie fruibili del tutto autonomamente.

L’epopea fantasy assume ora una portata più ristretta: non c’è da salvare il mondo, ma una piccola comunità aliena, convenientemente chiamati a loro volta critter, a cui è stato sottratto uno speciale carburante impedendo loro di tornare a solcare i cieli stellati. Il titolo gioca sulla volontà di Nate di arricchirsi a loro scapito e del lento processo di affezione con gli stessi che invece lo distoglie dal proposito. Sebbene la maggior parte degli extraterrestri, pur mancando di una certa possanza fisica, sia piuttosto spigliato e parli più o meno fluentemente la lingua di Nate, il piccolo amico di quest’ultimo è molto più sprovveduto, si esprime perlopiù a gesti e, nonostante il gioco fornisca un piccolo spaccato dell’ambiente lavorativo della navicella, non è chiara quale sia la sua funzione nel loro ecosistema, se non forse quella di un generico tuttofare di rango molto basso. In generale, non posso dirmi granché soddisfatto della sua figura; l’idea di base è che egli parli in modo storpiato o definisca oggetti e situazioni tramite la sua reazione emotiva. Questa quasi-mutezza, tra l’altro senza il supporto di una voce narrante che rendeva invece piacevole la compagnia di Lilli, lo rende poco digeribile, specie nell’arco temporale in cui è controllato singolarmente; è inoltre probabile che il suo linguaggio onomatopeico perda qualcosa nella traduzione dal tedesco, per cui auspico che la versione italiana, la cui esclusiva è di nuovo appannaggio di Zodiac, sappia compensare opportunamente. C’è comunque una certa tenerezza in questo ometto fucsia e nel suo modo di relazionarsi con la sua amata; al contrario il rapporto con l’ex-ladro non diventa mai del tutto paritario, piuttosto più simile a quello che si avrebbe con un animale domestico molto fedele, alla stregua di Spot in the Whispered World.

Gli sviluppatori riprendono l’approccio narrativo sul filo del ridicolo e aggiungono un nuovo gruppo di comprimari strampalati, uno dei maggiori talenti dei King Art Games, ad esempio mutuando il memorabile scarafaggio/registratore vocale di Abe Lincoln Must Die, reinventando lo zoologo di Dream of a Turtle con una personalità Dr. Jekill/Mr. Hyde, prendendo in giro la propaganda naturalista, oppure con il mio preferito: il clown/cassaforte. La caratterizzazione caricaturale è ben contestualizzata, ma può avere anch’essa dei piccoli svantaggi, come nel caso dell’antagonista principale, Munkus, la cui aura risulta meno minacciosa di quanto il suo ruolo necessiterebbe.

Interfaccia e motore sono del tutto mutuate da Unwritten Tales; le animazioni sono fluide ed ai personaggi possono ora anche correre, rendendo i trasferimenti decisamente più agevoli. Qualche piccolo rallentamento in primissimo piano e forse un uso di memoria un po’ eccessivo (che comunque ha sovraccaricato il sistema solo quando ho abusato eccessivamente di multitasking aggirando la limitazione dello schermo intero) non inficiano in generale l’impressione che le scelte tecniche dello studio siano vincenti. Azzeccate le musiche e ben dettagliati i fondali, specialmente quelli ispirati all’architettura virtuale di Escher, gradito stacco dai manti nevosi che caratterizzano il resto del gioco. In un’ottica maggiormente al risparmio, però, è sembrato eccessivo il riutilizzo della zona intorno al quartier generale critter, sette schermate in cui si spende metà dell’intero tempo di gioco (che in totale è intorno alle 7-9 ore). Le cutscenes sono sempre divertenti, ma ora realizzate con l’engine in-game, cosa particolarmente in voga negli ambienti Tripla-A ma prematura per uno studio più giovane, e non eguagliano il senso di stupore dei FMV.

La diversificazione dei compiti dei due protagonisti fa un piccolo passo avanti rispetto ai tre protagonisti quasi totalmente intercambiabili del primo episodio, specie nella zona del castello dell’arcimago, in cui la bestiola dà sfoggio delle sue peculiarità fisiche ben poco umane. Siamo comunque lontani dai livelli di affiatamento di Resonance ed è probabile che preferiate controllare Nate per la maggior parte dell’episodio, sia per salvarvi la fatica di spostare troppo gli oggetti tra i due inventari, sia perché il gioco vi dà la giusta imbeccata quando dovrete invece usare il suo partner, sia per non perdervi qualche commento più verboso, di cui l’interfaccia impone l’ascolto prima di interagire con un oggetto. Lo scambio tra i personaggi non è immediatissimo se essi sono nella stessa schermata, ma stavolta non ne sono stato eccessivamente infastidito.

Dal lato degli enigmi, sembra che gli sviluppatori abbiano ascoltato le richieste di alzare un po’ il livello di sfida, ma ciò non implica necessariamente che i risultati siano migliori, soprattutto perché non sembra che i King Art si trovino particolarmente a proprio agio con il puzzle design. Gli enigmi da inventario sono arzigogolati, ma in qualche caso la soluzione è intuibile solo a posteriori, o comunque costruendo il quadro generale solo a valle di un inizio di soluzione fortunoso che mette sulla buona strada. E’ un approccio molto trial-and-error, che non diventa irritante solo grazie ad un’interfaccia che elimina del tutto il superfluo, che vieta le interazioni errate e che rimuove velocemente gli hotspot non necessari; la posizione di alcuni di questi è inoltre un po’ inattesa e ciò mi ha costretto ad usare il rivelatore più volte di quanto mi aspettassi. In una scena vicina al finale, pur di fare una battuta citazionistica, la logica viene buttata completamente alle ortiche. Il gioco propone due livelli di difficoltà, ma in tutta onestà non saprei quale delle due opzioni consigliarvi; la modalità “difficile” propone una versione un po’ più elaborata dei minigiochi, di cui qui ho apprezzato l’approccio più meditabondo rispetto alle scenette arcade del predecessore, ma aggiunge anche qualche piccola carognata, ad esempio la necessità di analizzare un oggetto arbitrariamente solo dopo un particolare evento.

L’impressione generale è che manchi l’ambizione necessaria per far schizzare il prodotto al di sopra delle aspettative di un semplice spin-off, che però è realizzato con competenza non comune; in virtù di ciò, sono contento che il prossimo progetto dei King Art Games, The Raven, abbia un’atmosfera del tutto diversa per testare le potenzialità future di questo gruppo. Sebbene si noti che l’investimento di budget sia un po’ più limitato, rimane comunque un prodotto da non perdere per chi ha apprezzato il primo episodio.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: King Art Games
Publisher: Nordic Games GmbH
Distributore: Zodiac
Data Rilascio: 05/12/2012
Piattaforma: Linux, MAC, PC
Caratteristiche
Genere: Commedia Fantasy
Grafica: 2.5D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse
Doppiaggio: Inglese e tedesco
Sottotitoli: Inglese
Ricerche
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