Il secondo capitolo della serie di giochi dedicati al celebre Indagatore dell'Incubo, edito da Simulmondo e venduto in edicola. Dopo aver fatto la conoscenza della Regina delle Tenebre, Dylan Dog si risveglia all'Inferno con il compito di scovare un misterioso guardiano e, successivamente, battersela da un posto decisamente "inospitale".
***Attenzione! I contenuti di questa recensione risulteranno gli stessi per gli episodi che vanno dal primo (La Regina delle Tenebre) al quinto (La Mummia), a causa della perfetta uguaglianza dei prodotti, dovuta alla natura seriale delle pubblicazioni.***
Nel 1986, la casa editrice
Sergio Bonelli Editore decide di rilanciare la propria immagine, immettendo sul mercato un fumetto horror, dando così fiducia al progetto di
Tiziano Sclavi, padre e unico vero autore dell'Indagatore dell'Incubo. Il primo numero di
Dylan Dog (intitolato
L'Alba dei Morti Viventi) compare nelle edicole di tutta Italia nel mese di Settembre. I primi dati di vendita sembrano sconfortanti: l'albo è ancora lì, sugli scaffali; ma basta una manciata di giorni e, quello che sembrava delinearsi come un flop clamoroso, diventa un successo senza precedenti. Bastano pochi numeri per dare inizio alla prima ristampa, poi addirittura una seconda ristampa.
Dylan Dog diventa un'icona per i giovani, per tutta la prima metà degli anni '90.
Nel 1991, la software house bolognese
Simulmondo Interactive, fondata da
Francesco Carlà e Ivan Venturi, finora impegnata soprattutto in simulazioni sportive, decide di sperimentare qualcosa di nuovo per il mercato italiano. Proprio da un'intuizione di Carlà , infatti, nasce un rapporto di collaborazione tra la SH e la
Sergio Bonelli Editore, teso a portare sugli schermi di PC e Amiga, una versione digitalizzata del fumetto, cavalcandone l'onda del successo. L'idea è molto semplice: produrre una serie di episodi che, di pari passo alla pubblicazione del fumetto, vengano distribuiti tramite le edicole, ad un prezzo estremamente concorrenziale: £ 15.000. Per quanto riguarda il Dylan Dog digitale, il periodo di rodaggio viene a mancare e si parte direttamente con un successo: il primo episodio (
La Regina delle Tenebre) vende circa 50.000 copie! Con il passare del tempo (e delle pubblicazioni) poi, il dato di vendita subirà un calo fisiologico (causato anche dalla saturazione del mercato, operata dalla stessa SH, che deciderà di commercializzare in tutto 86 titoli, tra
Diabolik, Dylan Dog, Tex, Simulman, L'Uomo Ragno e Time Runners!), attestandosi, alla fine, intorno alle 10.000 copie (i dati sono estratti da
un'intervista di Carlà ). In ogni caso, un successo per
Simulmondo.
Il problema principale, per sostenere una pubblicazione di questo tipo, riguardava la gestione della produzione. Accompagnare l'uscita mensile del fumetto, infatti, richiedeva tempi di sviluppo molto stretti e, in seguito, si rivelò anche un'opzione controproducente (per stessa ammissione di Carlà , infatti, i tempi di fruizione di un videogioco, potevano essere più lunghi di quelli di un albo di 90 pagine). La produzione del gioco, inoltre, doveva risolvere un altra grossa questione: come riuscire a ricreare quel feeling che porta il lettore a comprare regolarmente una copia di Dylan Dog, inducendolo a seguire con altrettanta regolarità la versione digitalizzata?
La soluzione c'era e fu adeguatamente sfruttata (almeno per i primi numeri). Le storie riportavano titoli di albi già pubblicati, ma nulla avevano da spartire con loro a livello di plot. Piuttosto, gli sceneggiatori della
Simulmondo, fino al numero 11, riescono a creare delle trame, articolate su più episodi (alcune trittici, come quello dell'1-2-3), reinventando situazioni che prendono spunto dal fumetto, ma che globalmente risultano originali. Spesso ci capiterà di ritrovare personaggi o luoghi pescati direttamente dalla versione cartacea, ma riadattati, con caratteristiche e finalità differenti. Un esempio è proprio quello del primo episodio,
La Regina delle Tenebre, in cui l'omonimo personaggio non coincide minimamente con la studentessa posseduta da un'entità malvagia che fa la propria comparsa sul numero 53 della serie a fumetti, ma risulta essere una procace demonessa con un compito "infernale" ben preciso. Sempre nella stessa trilogia (1-2-3) ritroverete il famoso sig. Nessuno, o nella trilogia 7-8-9 ritroverete il curioso Hamlin e il suo negozio Safarà . Il tutto, ovviamente, fece (e fa) la felicità di tutti i fan dell'Indagatore dell'Incubo.
Abbiamo già accennato ai tempi stretti di produzione. Questo fattore ebbe delle implicazioni un po' in tutti i settori "tecnici", a cominciare dalla realizzazione grafica. I ragazzi della
Simulmondo, dunque, non avrebbero mai avuto il tempo di concepire una mole di immagini tale da coprire le fasi dialogiche, o gli spezzoni animati e statici. L'unica soluzione possibile fu quella di "riciclare" le vignette comparse sugli albi del fumetto, a cui si aggiungeva, ovviamente, la componente originale delle parti giocabili. Ma tutto questo non fu che un bene! Molto spesso (e sto parlando dei primi episodi del videogioco, ci tengo a sottolinearlo) quel limite imposto dal bianco e nero delle vignette del fumetto, fu egregiamente oltrepassato dai grafici bolognesi, aggiungendo colorazioni dalle tinte cromatiche azzeccatissime ed estremamente evocative. Questo era proprio un elemento necessario, dunque, per ricreare un feeling minimo con i lettori di
Dylan Dog. Purtroppo vennero a galla anche dei difetti, piuttosto evidenti, come quello, ad esempio, della scarsa varietà di nemici. Le animazioni, invece, si mantennero sempre su livelli piuttosto alti. Il comparto sonoro poteva contare su musiche di background semplici (e ripetitive), ma capaci di donare una giusta atmosfera alle avventure. Ciò in cui ha sempre difettato, invece, sono stati gli effetti sonori (pochi e mediocri).
La giocabilità è più o meno sempre la stessa. Dylan è ridotto ad un omino saltellante, che ogni tanto tira fuori la pistola o sferra qualche pugno. Certo, saltare su alcune piattaforme, in certe situazioni, potrebbe risultare difficile, ma in realtà è tutto estremamente facile, perchè le posizioni assumibili dal personaggio all'interno delle locazioni (i "passi" che può compiere diciamo) seguono uno schema visibile e facilmente calcolabile. Per quanto riguarda le scazzottate, invece, si hanno a disposizione due mosse: l'attacco (pugno o pistola, con colpi limitati e letali) e la difesa, che permette di evitare di prendere botte; alla fine, il tutto si riduce ad un'alternanza perfetta di colpo e parata, in quanto l'IA dei nemici (se mai si può definire tale) è pari a quella di un lombrico. Spesso, però, incontrerete dei personaggi con cui parlare o interagire e scatteranno le sezioni di dialogo. Il faccione di Dylan (diverso a seconda della vignetta "riutilizzata") verrà accompagnato dalle altrettanto riciclate immagini degli interlocutori, e il tutto sarà condito dalle frasi selezionabili e pronunciate. Sbagliare, però, nel 99% dei casi, costerà caro: morire per una scelta sbagliata all'interno di un dialogo, infatti, è l'epilogo più comune per le avventure dell'Indagatore dell'Incubo.
Enigmi zero (almeno nei primi episodi), ma sento di poter affermare che uno "spirito avventuristico" di fondo c'è ed è riscontrabile in altre situazioni, quali i dialoghi e le (seppur rare) interazioni oggetto-ambiente. Ciò che conta, comunque, è che la qualità complessiva del prodotto guadagna appieno la sufficienza e riesce ad accontentare sia i giocatori occasionali, che i fan della serie (per i motivi già indicati, tra cui, aggiungo, una sorta di "rispetto" verso il personaggio, la cui personalità non viene stravolta, ma, anzi, salvaguardata). Certo, parliamo di un "giochetto", rispetto allo standard odierno (anche volendolo paragonare ad altre produzioni episodiche), a causa di un gameplay molto semplice e di una longevità ridicola. Ma a quel prezzo e con quei tempi di sviluppo, si poteva forse pretendere di più?