A dire il vero il senso dello scambio di battute tra Kara e l'impiegato che controlla eventuali malfunzionamenti è questo: dopo essere stata assemblata e aver risposto positivamente a tutte le richieste del tizio (quindi è stato verificato il corretto funzionamento degli impianti articolari e del "supporto multilingua"), Kara chiede cosa ne sarà di lei e lui risponde che è destinata alla vendita come tutte le altre; a quel punto lei prende coscienza di essere solo un "prodotto" e, con un velo di tristezza, accenna un "pensavo di essere viva". A questo punto l'impiegato si allarma, perchè un robot di quel tipo, per quanto evoluto tecnologicamente, non dovrebbe arrivare a tanto, cioè a credere di essere vivo, e quindi decide di disassemblarla per ricontrollarne l'hardware. Nel frattempo però lei lo implora di non farlo ("Ti prego!"), di non smontarla di nuovo (lui continua a ripetere che deve, è il suo lavoro), finchè Kara non pronuncia la fatidica frase "I'm scared!" ("Ho paura!"). A quel punto l'uomo ferma tutto, la riassembla e la "lascia andare", dicendole solo di stare attenta a non creare altri problemi, limitandosi a mettersi in fila come tutte le altre. E lei lo ringrazia.
Ora, l'osservazione che abbiamo fatto nel riportare la notizia è appunto questa: Kara viene presentata nel video come un robot-donna, costruito per servire l'uomo: cucinare, badare alla casa, organizzare gli appuntamenti, essere una partner sessuale sempre disponibile.
Al netto di tutti i giudizi positivi che si possono dare sia sulla realizzazione tecnica che sull'emotività espressa, un personaggio del genere protagonista di un video lanciato l'8 marzo fa un po' specie. No?