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Downfall - Post Mortem

del 19 Aprile 2016
Downfall - Post Mortem

A cura di Marialuisa Ruggiero

Downfall, l’ultima avventura di Harvester Games (pubblicata da Screen7 e disponibile anche su Zodiac), si presenta, nel complesso, come un materiale piuttosto semplice da una prospettiva linguistica. Seppur priva di indovinelli in rima (l’incubo di ogni avventuriero, così come di ogni traduttore) e di particolari denominazioni creative da trasporre in italiano, l’opera fornisce tuttavia una serie di interessanti spunti di riflessione per chiunque sia interessato ai tortuosi meandri della nostra lingua e a come questa possa aderire all’originale inglese in un contesto specifico come quello del videogioco.

Io, tu, lei

Tra gli ostacoli che più insistentemente si presentano nella traduzione, sia questa videoludica, audiovisiva o editoriale, c’è la forma di cortesia: il personaggio X dà al personaggio Y del tu o del lei? Perché? Questo rapporto persiste per l’intera narrazione oppure muta a un certo punto? Chi stabilisce quando debba avvenire il cambiamento? Si tratta, in effetti, di una delle scelte più arbitrarie e soggettive a cui è chiamato il traduttore, a fronte del polivalente you di cui fa uso la lingua inglese. In Downfall emergono due casi molto peculiari su cui vale la pena di spendere alcune parole: la relazione tra Joe e la direttrice dell’albergo e quella tra Joe e il Dottor Z.

Quanto ai primi, l’esordio del loro rapporto si configura come una normale interazione tra cliente (Joe è ospite dell’albergo) e venditore (la donna è a capo dell’albergo). Entrambi, perciò, si daranno del lei:

Joe: La prego di ignorarla, prendiamo la stanza.

Direttrice: Di solito in questo periodo siamo pieni, ma le è andata bene.

Il secondo incontro rompe l’equilibrio, con un Joe troppo furioso a causa della scomparsa della moglie per poter tenere a mente le etichette del bon ton; la direttrice, dal canto suo, mantiene un atteggiamento distaccato, mostrando la superiorità di chi tiene le redini del gioco e sa esattamente cosa stia accadendo.

J: Chi sei? […] Dove c***o è mia moglie?
D: Che linguaggio scurrile. Forse, dopotutto, è l’uomo che credevo.

Nel caso appena trattato, a una scelta ragionata (è difficile che un uomo in preda all’ira tenga conto dell’etichetta e sarebbe grottesco sentirlo rispettarla a ogni costo) se ne affianca una quasi obbligata: alla stringa che recita Who are you? fanno capo svariati personaggi che nel corso del gioco pronunceranno questa domanda. Ci si ritrova, quindi, con una riga unica che il gioco “mette in bocca” a numerosi personaggi (segnatevi questa stringa, perché tornerà a breve nel caso del Dottor Z). Poiché quasi tutti i personaggi di Downfall si rivolgono gli uni agli altri usando un registro informale, sarebbe stato controproducente tradurre la battuta come Chi è lei?, inficiando così la naturalezza del 99% delle interazioni collegate alla stringa in esame.

Arriviamo così alla terza scena tra Joe e la direttrice. La donna abbandona il suo fare glaciale a favore di un linguaggio diretto e molto esplicito. Si passa quindi al tu per entrambi, che verrà mantenuto fino alla conclusione del gioco.

J: Non andrò da nessuna parte finché non avrò salvato mia moglie.
D: Già, la cara Ivy. O meglio, la str***a ingrata sempre indaffarata a mandare la tua vita a pu****e. […] La stai ancora cercando, quindi? Bene, accomodati. Posso aspettare. Fammi sapere quando ne hai avuto abbastanza… Allora potrai avermi in qualsiasi modo desideri.

Tra Joe e il Dottor Z, invece, si imposta da subito un rapporto formale, dato soprattutto dall’atteggiamento decisamente sopra le righe che caratterizza il secondo.
Dottor Z: Non mi dica che non ha notato niente? Le pareti che bisbigliano? Le ombre che si scorgono con la coda dell’occhio… Quando mi volto si dileguano, ma sono proprio lì. Sicuro. Lì a spiare…

Joe: Lei è pazzo…
DZ: No. No, no, no. Questo posto lo è. Io sto solo cercando di ripararlo.

Il problema sorge quando Joe pone al dottore l’ormai nota e inflazionata domanda Who are you?. A questo punto si presentano due possibili soluzioni: tradurlo come Chi è lei?, lasciando però che la stridente battuta figuri anche quando Joe si rivolge a dei personaggi a cui normalmente dà del tu; oppure tradurlo come Chi sei?, rompendo la coerenza linguistica del registro adottato negli scambi tra i due. Con un po’ di fantasia, esiste una soluzione intermedia: lasciare quel chi sei? (che si è già appurato essere la soluzione migliore), aggiungendo di proprio pugno una piccola frase, breve quanto basta a riannodare le estremità della coerenza linguistica appena spezzatasi.

Piccolo compromesso linguistico per la buona riuscita della localizzazione:
J: Chi sei?
DZ: Mi dia del lei! Non ci siamo giĂ  presentati?

Inglese o italiano?

Giungiamo così a una tra le domande più scabrose che un traduttore sia costretto a porsi nel corso del suo operato. Quando nell’originale ci si trova di fronte a una parola o a un’espressione che forse starebbero bene anche così come sono, l’ago della bilancia prende a oscillare tra la fedeltà al testo e l’inserimento della nostra bellissima lingua italiana. Alcuni esempi pratici:

The Cat Lady. Ebbene sì, nel gioco abbondano i riferimenti a Susan Ashworth, protagonista del gioco d’esordio di Harvester Games e vicina di casa di Joe, qui rigettata nel calderone degli eventi data la circolarità dell’opera unica, di cui Downfall costituisce il secondo episodio. In Downfall ci si riferisce a lei come alla gattara:

Potrei chiedere alla gattara pazza della porta accanto se ha qualche micio per le mani.

Questa gattara pazza sa vedersela con i disgustosi parassiti come te.

In questo caso, sebbene il riferimento all’omonimo gioco sia evidente, parlare di Cat Lady nel bel mezzo di una frase italiana avrebbe stonato non poco. Il contrario, invece, accade quando la stessa Susan, chiamata in causa sul finire del gioco, costruisce un’arma rudimentale a partire dal teschio di un gatto morto, commentando:
Cat Lady: l’arma suprema.

“Gattara: l’arma suprema” sarebbe risultato decisamente ridicolo, a fronte di una chicca che strizza l’occhio ai giocatori più affezionati.

Altro oggetto del contendere tra inglese e italiano è il nome dell’albergo al centro degli eventi: il Quiet Haven. In questo caso, lo si sarebbe potuto anche lasciare intatto, se non fosse per un punto solo in cui Joe ne cita l’esatto nome in un contesto più articolato:

Nei miei sogni vado in questo posto. L’unico che non cambia mai. La mia via di fuga. La mia oasi di pace laddove “Oasi di pace” sta per Quiet Haven.

Alla luce di questa battuta, è stato quindi necessario rinominare l’albergo nella versione italiana, per una questione, ancora una volta, di coerenza linguistica.

Ancora diversa è la questione del titolo stesso del gioco, lasciato invariato (soluzione che è in genere preferibile), nonostante nel gioco abbondino i riferimenti alla “caduta”, trasposta unicamente come “baratro”, spostando quindi l’attenzione dal verbo (fall, cadere) all’elemento fisico che più ricorda una caduta senza fine (il baratro).

E se nemmeno io riesco a salvarci tutti dal baratro, allora nessuno potrĂ .

@MarylouRuggiero

Seconda Parte.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Harvester Games
Data Rilascio: 14/02/2016
Piattaforma: PC
Caratteristiche
Genere: Avventura/Horror
Grafica: 2D
Controllo: Mouse/Tastiera
Sottotitoli: Multilingua (italiano incluso)
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