Un’avventura che mescola dal punto di vista estetico libri pop-up e arte giapponese; alle dinamiche da libro pop-up si rifanno anche gli enigmi che costellano il viaggio del protagonista.
I libri pop-up hanno un fascino discreto. Di solito si possono trovare nelle camerette dei bambini: da lì non escono, come fosse quello il loro unico regno. Anche l’adulto che varca la soglia, tuttavia, li sfoglia con un sorriso sorpreso: il loro fascino sta in quelle pagine che si animano, nelle pieghe della carta che bucano la superficie e danno vita a un mondo tridimensionale, palpabile. Il racconto diventa fisico, concreto; la carta non è solo il supporto fisico dove le parole scorrono veloci mentre la mente immagina e ricostruisce, la carta diventa essa stessa racconto.
Gli haiku sono brevi poemetti, composti da tre versi, nati in Giappone nel XVII secolo. Potremmo anche farvi un esempio, così su due piedi, ma non è facile come sembra e il risultato non è garantito. Per cui ci limitiamo a parlarvi di Tengami, piccolo titolo nato per iPhone/iPad, da poco approdato su Wii U e a breve in arrivo su Steam. Se abbiamo citato libri pop-up e haiku è perché la breve avventura targata
Nyamyam mescola quei due mondi per mettere in scena un gioco esteticamente pregevole, il cui stile visivo richiama l’arte giapponese.
Il racconto ha inizio ai piedi di un ciliegio in pieno inverno. Un samurai sta lì seduto e osserva i pochi petali rimasti che volano via sospinti dal vento. Pennino in mano, si interagisce con lo schermo del Gamepad per far procedere il protagonista verso la fonte di luce che introduce al primo scenario. Quel mondo fatto di carta rivela la sua natura animata: facendo scorrere il pennino da destra a sinistra il giocatore sfoglia la prima pagina e parte all’avventura.
Spendiamo subito due parole sullo stile grafico del gioco: Tengami è un piccolo gioiello, e lo è ancor più sullo schermo del televisore, che restituisce in HD fondali e colori di estrema bellezza. Peccato quindi che su Wii U non riesca a camuffare le sue origini portatili: di fatto tutta l’interazione è affidata al pennino, in puro stile avventura grafica, per cui ben presto si finisce a giocare sul solo Gamepad, dal momento che risulta poco naturale guardare il televisore e interagire con lo schermo touch del joypad Nintendo. Va da sé che la bellezza di quegli scenari non è altrettanto potente sul piccolo schermo del Gamepad, incapace di rendere giustizia a una direzione artistica ineccepibile.
Detto questo, veniamo al gioco vero e proprio. Tengami è un viaggio, un po’ come lo era stato
Journey. Un viaggio che attraversa fiumi, boschi, templi e relitti. La sua natura pop-up non è solo di grande impatto quando si “sfogliano” porzioni di scenario, trasformandone le pieghe, ma è anche ben integrata con le meccaniche di gioco: i puzzle che il samurai si trova ad affrontare sfruttano quasi totalmente le meccaniche peculiari di questa tipologia di libro. Si tratta il più delle volte di modificare alcune parti dello sfondo tramite pennino, per alterare la scenografia e procedere oltre. In altri casi bisogna fare attenzione, tra le pieghe della carta virtuale, per ritrovare simboli utili ad aprire porte o recuperare oggetti.
Tengami ha fascino da vendere, visivamente così come dal punto di vista sonoro: melodie delicate fanno da contrappunto al percorso dell’eroe. Eppure, e duole dirlo, si tratta di un cammino che non arriva al cuore, sebbene probabilmente fosse quella la sua ambizione.
A Tengami manca la sostanza, quella sostanza che ha fatto la fortuna di Journey. Cosa ben più grave, a Tengami manca il ritmo, il senso del gioco. L’opera prima di Nyamyam fa ben sperare per il futuro di questo piccolo studio indipendente, ma al momento sotto la superficie, sotto quella tavolozza di colori, c’è ancora poco.
Il titolo giunge al termine in non più di un’ora e mezza: di per sé potrebbe anche non essere un problema, non fosse che parte di questo tempo viene speso a gestire i lenti movimenti del personaggio tramite colpetti del pennino. In un gioco simile il tragitto vale quanto se non più della meta, ma ogni tragitto ha bisogno di ritmo, altrimenti rischia di diventare noioso. Sia chiaro, ritmo non significa azione: anche in Journey l’azione latitava, eppure il viaggio aveva sapore, instillava curiosità , gli apparenti tempi morti erano in realtà carichi di significato. Ciò non accade in Tengami. Gli haiku che costellano l’avventura non sono incisivi, non regalano quell’emozione che è parte integrante di ogni viaggio. Si ha l’impressione che il gioco non abbia ben chiaro dove vuole andare a parare.
Dispiace molto, perché in teoria il titolo Nyamyam aveva tutte le carte in regola per ritagliarsi un posticino d’onore accanto al più nobile fratello spirituale, ma manca l’obiettivo fermandosi alla superficie, non sviluppando a sufficienza le sue meccaniche nel poco tempo a disposizione: paradossalmente, alla fine, rischia di sembrare pretenzioso e inefficace.
Un’opera bellissima da vedere, che denota sensibilità da parte degli sviluppatori, ma allo stesso tempo un gioco che non ingrana, fragile quanto quei mondi fatti di carta.