La seconda parte dell'avventura sulla Kentucky Route Zero, laddove il viaggio diventa sempre più onirico...
Parlando del primo episodio di Kentucky Route Zero, avevamo speso parole di elogio per la sua capacità di coniugare estetica, storytelling e interazione. Dopo due ore scarse di gioco, mentre i titoli di coda iniziavano a scorrere, eravamo allo stesso tempo soddisfatti e preoccupati, come accade spesso quando si assiste a una bella rappresentazione che si sa essere solo l'inizio di uno spettacolo più grande. Ci siamo quindi chiesti quanto potesse durare il fascino della serie, quanta costanza potesse avere la creatività degli autori, e con quale probabilità il cerchio si sarebbe chiuso senza lasciare rimpianti. Possiamo dirlo con sollievo: il secondo atto riesce nell'impresa di mantenere la qualità del primo.
Avevamo lasciato Conway e Shannon all'ingresso della Route Zero, con Conway ferito ad una gamba, pronti per continuare insieme la ricerca del misterioso indirizzo “Dogwood Driveâ€. La prima differenza importante, narrativamente parlando, è che questo secondo episodio è un vero e proprio tuffo nella tana del Bianconiglio: se la sceneggiatura del primo atto lasciava spazio a metafore, interpretazioni e simbolismi, in questo seguito è l'intera impalcatura di gioco ad abbracciare il surrealismo come stile comunicativo.
La Route Zero è – ipse dixit – un “labirinto introspettivo in cui prendersi il tempo di meditareâ€, e conduce il giocatore, prima ancora dei protagonisti, attraverso un mondo onirico e disorientante, prendendolo per mano quel tanto che basta perché i piedi non si stacchino troppo da terra. Kentucky Route Zero è un esperimento ambizioso quanto riuscito: la storia prende forma davanti a noi, ci cattura, ci chiede di partecipare, e noi, con sempre meno timidezza, ci lasciamo trasportare, fidandoci e sussurrando al gioco “ok, sorprendimiâ€.
E questo secondo episodio riesce a sorprendere, ad avere un'identità che lo differenzi a sufficienza dal primo, pur mantenendo una continuità qualitativa che era impossibile dare per scontata. Mentre Conway e Shannon continuano la ricerca del misterioso indirizzo, e le condizioni della gamba del protagonista peggiorano, i due incontrano nuovi personaggi e attraversano nuovi luoghi (nessun backtracking, tutti gli assets di questo episodio sono completamente nuovi). Le location sono poi più protagoniste rispetto al passato, riuscendo a comunicare con il giocatore in parallelo a quanto facciano i testi.
Lo stile di gioco è rimasto immutato, sono quindi ancora presenti sezioni da avventura testuale e c'è molto da leggere, ma l'impressione è che ora le immagini siano importanti tanto quanto le parole. La poetica del gioco sembra anche cercare un tema, quello del lavoro, dipinto ora come virtù dell'uomo, ora come alienante pratica quotidiana; tuttavia l'accento rimane sempre più sull'emotività che non sul narrato in quanto tale e di conseguenza le sensazioni (malinconia, smarrimento, ma anche senso di meraviglia) sono più importanti dell'eventuale messaggio che comunicano.
Kentucky Route Zero si conferma un gioiello con le potenzialità di lasciare il segno nella storia della narrazione interattiva, tuttavia i dubbi sollevati recensendo il primo atto restano validi anche al termine del secondo: il gioco ha la necessità impellente di trovare il bandolo della propria matassa narrativa per non rischiare di collassare su se stesso divenendo un'opera esclusivamente autotelica. Il suo valore sta infatti nello stupire il giocatore, mantenendo comunque un approccio realistico, illudendolo che, alla fine, tutto possa avere un senso. Se l'amore per l'irrazionalità espressiva dovesse divenire suggestione fine a se stessa, il prodotto rischierebbe di diventare esclusivamente di nicchia, perdendo magari non in fascino ma senz'altro in completezza.
Nella speranza che gli sviluppatori sappiano investire con saggezza il tempo che si prendono fra un episodio e l'altro (quasi cinque mesi per le due ore di gioco di questo secondo atto), noi continuiamo a consigliarvi una notte silenziosa, un paio di cuffie e uno stato d'animo adatto a ricevere tutto ciò che questa piccola opera d'arte ha da offrire.