Nei bassifondi di St. Armando, nella Baia di Kingsport, Bwana e il suo amico Kito portano avanti la loro stazione-baracca di rifornimento per le barche. Nel primo capitolo di The Journey Down, l'incontro casuale con una donna misteriosa e la successiva ricerca di un vecchio diario trascineranno Bwana e Kito in un'impegnativa indagine sulla storia del loro padre scomparso, il Capitano Kaonandodo.
Abbiamo avuto modo di parlare di
The Journey Down: Over the Edge nel Novembre 2010, quando
Skygoblin, il team di sviluppo, rilasciò l’avventura grafica scaricabile gratuitamente dal sito ufficiale.
Sono passati circa due anni e 500 mega di differenza, e i quattro ragazzi svedesi continuano a regalarci sorprese: il 18 Maggio ha visto la luce la rivisitazione 2.5D dell’originale The Journey Down: Over the Edge - più comunemente indicato come
The Journey Down - Chapter One per via della suddivisione della storia in quattro capitoli.
Nonostante siano passati solo due anni, Skygoblin ha fatto le cose in grande, e questa nuova versione del titolo differisce completamente dall’originale dal punto di vista tecnico, mentre non mancano anche piccole aggiunte al gameplay, che rendono ulteriormente giustificato l’acquisto dell’avventura. The Journey Down - Chapter One è al momento distribuito in inglese su
Zodiac, al prezzo di 13,99 dollari, ma sembra certo che l’avventura possa presto contare sulla localizzazione dei sottotitoli in italiano.
Teatro delle vicende è St. Armando, una bellissima città bagnata dal mare con imponenti grattacieli illuminati e notti che riservano misteri. È proprio uno di questi a pervadere la serata di Bwana e Kito, due ragazzi africani che lavorano alla gas station in periferia della città .
La tranquilla giornata lavorativa dei due, che si avvia alla conclusione, viene stravolta da Lina, una bella donna alla ricerca di un antico libro che le dovrebbe consentire di raggiungere lo scopo a cui ha dedicato i propri studi per diverso tempo.
Bwana, spinto dal desiderio di aiutare Lina per fare colpo su di lei, prova a cercare il libro nella casa un tempo appartenuta a Capitan Kaonandodo, il proprietario della stazione di rifornimento, sparito ormai da molto tempo. Per caso, il ragazzo riesce a trovare nell’abitazione proprio il libro che cerca Lina, che si rivelerà essere il tomo fondamentale per raggiungere Underland, una meta per cui sono addirittura proibite le letterature che ne menzionano i riferimenti e la storia.
Per Bwana, questa scoperta si rivela importante sotto molteplici aspetti: non solo gli potrebbe consentire di vivere una nuova ed intrigante avventura lontana dalla consuetudine di un benzinaio, ma anche e soprattutto sfruttare questo viaggio alla ricerca dell’amico scomparso che in qualche modo è collegato al libro ritrovato nella sua stanza, aiutando contestualmente Lina a raggiungere il suo sogno.
Il successo dell’avventura è già noto agli amanti del mondo indie - soprattutto per via della natura freeware del titolo originale - e probabilmente ogni avventuriero ha già giocato The Journey Down due anni fa, amandolo per l’ironia e i particolari puzzle che permettono a Bwana di conoscere ed aiutare molti personaggi; ciò che sorprende è quanto il gioco sia attuale ma allo stesso tempo capace di far breccia anche per via della scelta di utilizzare un sistema di gameplay vecchio stampo: ritroviamo tutti i canoni del genere punta e clicca al primo stadio della sua storia, con benefici per l’immediatezza e la leggerezza degli enigmi, anche grazie al profilo caratteriale di ogni personaggio, sempre in sintonia con la vena spensierata della trama.
La scelta multipla nei dialoghi non va ad incidere in nessun modo nel proseguo dell’avventura, completamente lineare, ma permette di carpire come la trama consenta di interpretare in più modi il pensiero del protagonista, emblema di diversi videogame contemporanei appartenenti a generi diversi.
Gli enigmi ricalcano la formula più semplice del genere, ma anche quella più affascinante ed immersiva: seppur i personaggi secondari siano pochi, ognuno di essi ha tanto da raccontare e, tra un problema da risolvere ed un oggetto da sottrarre, Bwana avrà a che farci almeno una volta, senza trascurare nessuno.
Ciò è stato possibile grazie alla location limitata ad un range di schermate molto ridotto, che ha permesso di concentrare l’azione del gioco in maniera non dispersiva - ed irritante - come lo è quella di molte altre avventure.
Non solo dialogo e scambi di favori dunque, il videogiocatore dovrà preoccuparsi di soddisfare alcuni requisiti per permettere a Bwana e compagnia di partire alla ricerca di Underland: la raccolta degli oggetti è presente in quantità relativamente bassa, e la maggior parte delle fonti con cui è possibile interagire sono evidenziate rispetto al fondo della schermata, sistema che facilita di molto l’esplorazione e la cattura degli hotspot.
Per la maggior parte del tempo, si scorreranno le location cercando di completare una ricerca, come il trovare gli ingredienti per dare un buon sapore allo stufato di uno chef con autostima sotto i piedi, e dunque il sistema di enigmi si fonde seguendo i canoni descritti in precedenza, fino ad arrivare all’agognata ricompensa che completa un tassello mancante dei compiti che Bwana deve portare a termine.
Una piacevole novità rispetto al titolo originale e che non riguarda il rifacimento del comparto tecnico è l’aggiunta di enigmi inediti e di alcune modifiche di quelli già presenti.
Infatti, The Journey Down - Chapter One , e presumibilmente anche gli altri capitoli, conta su una manciata di situazioni particolari, spesso derivate da imprevisti: ad esempio nel titolo originale mancano alcune mini-location che nella nuova versione del gioco non solo saranno disponibili, ma conteranno su qualche enigma di contorno.
La difficoltà dell’avventura è tutt’altro che costante: alcune interazioni sono molto intuitive e banali, altre necessitano di un ragionamento in più, altre ancora potrebbero portare a frustrazione per via della loro natura - diciamo - molto originale.
La vera novità di The Journey Down - Chapter One è, come abbiamo anticipato, la rivisitazione completa del comparto tecnico.
Abbandonata la poco pixellata St. Armando freeware, l’utente si troverà in un contesto 2.5D completamente in cell-shading. Le particolarità grafiche dell’avventura sono tantissime: a cominciare dalla palette di colori scelti, fino allo stile originale dei protagonisti, passando per le animazioni, fiore all’occhiello del titolo Skygoblin.
La maggior parte dei personaggi, a cominciare da quelli principali, sono riprodotti seguendo uno stile indigeno differente che, a detta degli sviluppatori, va a coprire le usanze di più tribù realmente esistenti: Bwana è il classico ragazzo rasta africano, con la folta chioma e lunghi riccioli, che interloquisce con la gente con la tipica leggerezza che ci si aspetta dal personaggio: mani in tasca, esagerata confidenza col prossimo e un pizzico di ingenuità dovuta all’età e all’approccio superficiale nel risolvere i problemi. I profili più vicini alla caratterizzazione tribale sono quelli di Kito e Lina, che vantano particolari segni sul viso, sottolineando la scelta di citare alcune tribù indigene e, più generalmente, rendere omaggio a tali civiltà . Non solo afro in The Journey Down, poiché ritroviamo i soliti clichè del mondo marinaresco, demandati da personaggi secondari, come la presenza di qualche capitano e marinaio, suggeriti dalle location bagnate dal mare.
Come detto in precedenza, menzione d’onore per le animazioni, che molto spesso rappresentano il punto di picco negativo di tante avventure grafiche: grazie all’aiuto del
cel-shading, che permette di creare modelli poligonali tutto sommato molto semplici, ogni personaggio si muove in modo credibile e i rispettivi movimenti del corpo vengono riprodotti decisamente bene anche quando vi è lo spauracchio delle collisioni con gli oggetti dello scenario, che come sempre necessitano di particolare attenzione per non restituire la tipica durezza nei movimenti.
I colori scelti ricalcano la leggerezza di tutta l’avventura, pertanto troviamo tonalità molto accese e forme accentuate degli oggetti, che vengono riprodotte in maniera ottimale grazie all’uso della grafica cell-shading, in grado di evidenziare col suo stile cartoon facilmente manipolabile sia le zone realmente utili al videogiocatore che quelle di contorno che completano le schermate.
Le location sono poche, e ad onor del vero anche i dettagli che le popolano non fanno impazzire per cura e quantità , tuttavia nel complesso la porzione di St. Armando che visita il videogiocatore viene scoperta piacevolmente anche grazie alle considerazioni del protagonista, che ha sempre una o più battute pronte.
Proprio a tal proposito, elogio più che meritato va al doppiaggio, decisamente ottimo: lo spirito di Bwana viene incarnato alla perfezione dal modello 3D non solo a livello di animazioni, ma anche dalla voce in grado di donare un’anima - seppur virtuale - al giovane e simpatico benzinaio.
Tutti i personaggi sono doppiati egregiamente, e qualora il titolo dovesse contare sulla lingua italiana, la scelta di sottotitolarlo solamente va a vantaggio del videogiocatore, perché il lavoro dei doppiatori è stato eccezionale e sarebbe stato un peccato sostituire le voci originali.
La soundtrack è piuttosto povera, con il classico alternarsi dei brani cambiando la location, ma tutto sommato solo poche tracce si sposano perfettamente con l’atmosfera dettata dal gioco.
Il vero problema del titolo Skygoblin è la longevità : se non fosse per gli enigmi originali sopracitati, l’avventura si potrebbe completare nel giro di 2 ore, e la distribuzione episodica dell’avventura può risultare un’arma a doppio taglio per l’utenza in rapporto longevità /prezzo.
Proprio per questo motivo, l’incidenza della scarsa longevità finisce col pesare sul voto complessivo del gioco.
Il primo episodio di The Journey Down supera sicuramente la prova e si posiziona nel range delle belle e complete avventure sotto ogni aspetto.
La trama semplice e molto leggera ne fa un titolo per tutti, adatto proprio alla spensieratezza che porta con sé l’estate. I personaggi sono amabili per il loro modo di essere, inclini alla pazzia piuttosto che alla ragione e dunque caratterialmente ben definiti, anche se qualche tizio in più con cui scambiare due chiacchiere non l’avremmo buttato.
Gli enigmi sono vari anche se la formula di base non cambia, ovvero quella di recuperare determinati oggetti per completare gli obiettivi che Bwana si prefigge di raggiungere. Il comparto tecnico rappresenta probabilmente uno dei migliori utilizzi del cel-shading, non tanto per i dettagli e le location, quanto per la caratterizzazione dei personaggi e le animazioni, semplicemente ottime, il tutto corredato dalla qualità altissima del doppiaggio.
L’avventura è sicuramente consigliata a tutti, a patto di mandare giù la scarsa longevità ; obbligata almeno una prova con la versione free per testare l’atmosfera della bella St. Armando: non vi deluderà .