Mercoledì, 11 Dicembre 2013 16:34
Le avventure sono morte. O forse no.
Le avventure grafiche sono morte. O perlomeno questo è quello che da anni tradizione, giornalisti ed esperienza continuano a ripeterci senza soluzione di continuità, nella speranza (neanche troppo velata) che una convinzione ripetuta possa diventare una verità condivisa.
E sebbene mi dolga ammetterlo, devo confessarlo: anche io ho rischiato di scivolare nel baratro del pessimismo più nero; d’altronde quando si hanno alle spalle scimmie a tre teste, spade rotte o anche solo dei cieli d’acciaio, è difficile restare imparziali di fronte allo scempio che spesso viene perpetrato al nostro genere più amato.
Come non parlare poi delle ibridazioni, anomalie genetiche che paventano ipotetiche parentele con il mondo del punta e clicca, e questo al solo scopo di tendere l’amo a degli speranzosi (e ingenui) amanti di un genere mai domo?
È vero, non sono anni facili. Eravamo una potenza, il punto di riferimento per un mercato che conosceva un’ascesa inarrestabile. Ed eravamo, sempre e solo noi, i tenutari del Sapere, coloro che avevano saputo scorgere le mille e più potenzialità di un media che avrebbe potuto portarci in una realtà sfolgorante, fatta di mondi senza confini e di storie senza fine.
Ma poi, come lacrime nella pioggia, ci siamo persi, siamo diventati una nicchia. Ci siamo richiusi in noi stessi, perpetrando schemi sempre uguali nella convinzione che solo così si sarebbe potuto ritornare all’Età Aurea. Ci hanno snobbato, ci hanno dato budget sempre più ridotti e ci hanno tolto, uno dopo l’altro, i nostri riferimenti.
Sì, ci avevano dato per spacciati.
Ma se sono qui, se ho accettato di salire a bordo di questa imbarcazione fatta di fitte trame e di inventari infiniti, di enigmi e di interfacce improbabili, è perché, ancora oggi, ancora in questo tempo, sono convinto che l’avventura grafica abbia molto da dire al videogiocatore moderno. Anni di frequentazione, di amore e di fatica mi hanno permesso di scorgere che, aldilà di etichette e di dogmi esistenziali, il nostro mondo sta solo cambiando, abbracciando dopo anni di immobilismo una nuova spinta creativa, i cui orizzonti sono ancora ben lungi da essere definiti.
Sono tornate vecchie glorie, ne sono nate di nuove e sono tornati in voga dibattiti su come e quanto la narrazione possa avere un peso specifico maggiore rispetto all’interazione. Stiamo riconquistando spazio, stiamo tornando sulle copertine e sulla bocca delle masse, inseriti all’interno di un vorticoso numero di uscite in continuo aumento.
Insomma, siamo ancora vivi. A dispetto di tutto e di tutti.
E se siete qui a leggere queste mie parole sono convinto che anche per voi la battaglia non sia persa, che si può ancora affermare con orgoglio che le avventure grafiche sono un vanto e non un qualcosa da sopportare all’interno del mare magnum del mercato. E che, soprattutto, sono Stupende.
Giunto fino a questo punto, in questa confessione intimistica in cui mi sembra di vedervi uno per uno, di fronte a me, con in mano la copia della vostra avventura preferita, voglio però sentirvelo urlare, con il mouse in mano e con un orgoglio che non deve conoscere debolezze: c’è ancora speranza? Siete con me?
Roberto Bertoni