«Molto bene» disse infine Erithar stiracchiandosi: «Penso proprio che andrò a riposare. Quanto costa una stanza?»
«Due corone ed è vostra» dichiarò l'oste.
Tranquillamente, Erithar fece per mettere mano alla scarsella, quando ricordò che non aveva più denaro con sè!
Senza perdere il controllo, finse davanti all'oste: «Maledizione, la mia scarsella è scomparsa! Devo averla perduta durante il viaggio»
«Non temete» disse l'oste benevolmente: «Per questa notte vi concederò la stanza gratuitamente»
«Vi ringrazio per la vostra cortesia, vi ripagherò appena possibile»
«Non prendetevi disturbo, e buona notte, messere»
L'Alchimista Nero si diresse perciò nella stanza che gli era stata data, fece un sonno lungo e profondo, in cui gli parve di avere delle strane visioni: sognò il suo vecchio maestro Alandor con il bordone dell'Alchimista fra le mani, su di un'alta scogliera che poteva appartenere sollo all'isola di Yvelcohs, intento a compiere un sinistro rituale che faceva ribollire e agitare le acque del mare. Poi dei rumori di lotta, alcuni Alchimisti venivano uccisi da individui che avevano l'aspetto di avventurieri: due donne, un giovane esile, un cavaliere, un mago mezz'elfo e un ultimo individuo, che nel sogno Erithar riconobbe dalle vesti come un odiato Alchimista Bianco: i capelli lunghi e castani, gli occhi chiari, il volto esile. Si lanciava su Alandor cercando di strappargli il bordone dalle mani. Poi arrivava lui, Erithar, quasi dal nulla: bruciava con un gesto lo stolto Alchimista Bianco, e coi poteri del Signore della Coda di Yvel strappava l'anima dal corpo di Alandor e la condannava ad atroci tormenti, e poi il bordone era finalmente in mano sua, in mano alla Fiamma Eterna...
L'Alchimista Nero aprì di colpo gli occhi: era giorno, e doveva affrettarsi.
Tornò nell'ampio salone della locanda, che la notte prima aveva visto così pieno di vita, e che ora era vuoto e silenzioso, con pochi raggi di sole che filtravano dalle finestre, e che permettevano di vedere miriadi di granelli di polvere danzare nell'aria.
«Buon giorno» disse l'oste che già era al lavoro.
«Buon giorno a voi» rispose Erithar
Poi ragionò sul da farsi: poteva vagare per il villaggio per osservare le persone del luogo, cercare il capitano dei mercenari o dirigersi alla Fortezza del Dragone Imperiale, o magari tentare di parlare ancora con l'oste.
«Due corone ed è vostra» dichiarò l'oste.
Tranquillamente, Erithar fece per mettere mano alla scarsella, quando ricordò che non aveva più denaro con sè!
Senza perdere il controllo, finse davanti all'oste: «Maledizione, la mia scarsella è scomparsa! Devo averla perduta durante il viaggio»
«Non temete» disse l'oste benevolmente: «Per questa notte vi concederò la stanza gratuitamente»
«Vi ringrazio per la vostra cortesia, vi ripagherò appena possibile»
«Non prendetevi disturbo, e buona notte, messere»
L'Alchimista Nero si diresse perciò nella stanza che gli era stata data, fece un sonno lungo e profondo, in cui gli parve di avere delle strane visioni: sognò il suo vecchio maestro Alandor con il bordone dell'Alchimista fra le mani, su di un'alta scogliera che poteva appartenere sollo all'isola di Yvelcohs, intento a compiere un sinistro rituale che faceva ribollire e agitare le acque del mare. Poi dei rumori di lotta, alcuni Alchimisti venivano uccisi da individui che avevano l'aspetto di avventurieri: due donne, un giovane esile, un cavaliere, un mago mezz'elfo e un ultimo individuo, che nel sogno Erithar riconobbe dalle vesti come un odiato Alchimista Bianco: i capelli lunghi e castani, gli occhi chiari, il volto esile. Si lanciava su Alandor cercando di strappargli il bordone dalle mani. Poi arrivava lui, Erithar, quasi dal nulla: bruciava con un gesto lo stolto Alchimista Bianco, e coi poteri del Signore della Coda di Yvel strappava l'anima dal corpo di Alandor e la condannava ad atroci tormenti, e poi il bordone era finalmente in mano sua, in mano alla Fiamma Eterna...
L'Alchimista Nero aprì di colpo gli occhi: era giorno, e doveva affrettarsi.
Tornò nell'ampio salone della locanda, che la notte prima aveva visto così pieno di vita, e che ora era vuoto e silenzioso, con pochi raggi di sole che filtravano dalle finestre, e che permettevano di vedere miriadi di granelli di polvere danzare nell'aria.
«Buon giorno» disse l'oste che già era al lavoro.
«Buon giorno a voi» rispose Erithar
Poi ragionò sul da farsi: poteva vagare per il villaggio per osservare le persone del luogo, cercare il capitano dei mercenari o dirigersi alla Fortezza del Dragone Imperiale, o magari tentare di parlare ancora con l'oste.