Dopo aver spronato il più possibile il proprio cavallo per due giorni, Erithar giunse nei pressi del villaggio di Serél. A folle velocità, l’Alchimista Nero piombò nella piazza del piccolo paese, rischiando quasi di travolgere un vecchio vagabondo seduto sul ciglio della strada che fece appena in tempo a vederlo arrivare e a gettarsi di lato. Il cavallo, allo stremo delle forze, giunto nella piazza principale schiumò dalla bocca e si accasciò morto; Erithar riuscì fortunosamente a non cadere in modo troppo brusco dalla creatura, che giaceva priva di vita nel centro del paese, tra gli sguardi confusi e spaventati della popolazione.
«Stupida bestia!» urlò l’Alchimista, dando un calcio alla carcassa del cavallo per poi sputarci contro. «Poi cercherò un modo per tornare indietro» aggiunse tra sé.
Mentre era perso in queste congetture, un popolano intimorito si avvicinò cautamente per vedere cosa stesse accadendo; prima ancora di riuscire a comprendere cosa succedesse, una mano l’afferrò fulmineamente per il bavero, ed egli si trovò faccia a faccia con Erithar.
«Il “Soldato zelante”. Cinque secondi per dirmi dove si trova, dopodiché ti staccherò il naso a morsi. Uno…»
«Il “Soldato”? Intendete la…»
«Due…»
«Aspettate, intendev…»
«Tre…»
«Un miglio da qui in linea d’aria, l’edificio sulla piccola collina. Lo riconoscerete dall’insegna»
«Grazie» rispose Daen con malcelata cortesia, prima di lanciare via il paesano, facendolo rotolare per terra.
Mentre si recava verso il luogo indicatogli, diede un’occhiata al villaggio: case di legno, torri di guardia di legno, municipio di legno.
Legno, legno, e ancora legno…
Il suo materiale preferito.
Mentre ragionava sul modo migliore per rendere quel buco di paese una pira gigante, Erithar si trovò dinnanzi alla locanda: un edificio a due piani di modeste dimensioni, col tetto di tegola e numerose finestre con le imposte chiuse e senza vetri. Un piccolo sentiero in terra battuta risaliva la collina dove si ergeva l’edificio e conduceva all’ingresso, sovrastato da un’insegna recante un soldato dall’aria marziale, dipinto rozzamente, con sotto il nome della locanda.
Erithar avrebbe potuto entrare dall’ingresso principale, ma gli era stato riferito che la locanda ne aveva anche uno secondario sul retro. Nel primo caso avrebbe destato meno sospetti, ma era possibile che a bere ai tavoli ci fosse anche qualche rognoso Paladino di Rhouwen, e in quel caso avrebbe dovuto usare le maniere forti. Non che gli dispiacesse, in ogni caso.
La scelta quindi, era tra l’ingresso frontale e quello secondario.
«Stupida bestia!» urlò l’Alchimista, dando un calcio alla carcassa del cavallo per poi sputarci contro. «Poi cercherò un modo per tornare indietro» aggiunse tra sé.
Mentre era perso in queste congetture, un popolano intimorito si avvicinò cautamente per vedere cosa stesse accadendo; prima ancora di riuscire a comprendere cosa succedesse, una mano l’afferrò fulmineamente per il bavero, ed egli si trovò faccia a faccia con Erithar.
«Il “Soldato zelante”. Cinque secondi per dirmi dove si trova, dopodiché ti staccherò il naso a morsi. Uno…»
«Il “Soldato”? Intendete la…»
«Due…»
«Aspettate, intendev…»
«Tre…»
«Un miglio da qui in linea d’aria, l’edificio sulla piccola collina. Lo riconoscerete dall’insegna»
«Grazie» rispose Daen con malcelata cortesia, prima di lanciare via il paesano, facendolo rotolare per terra.
Mentre si recava verso il luogo indicatogli, diede un’occhiata al villaggio: case di legno, torri di guardia di legno, municipio di legno.
Legno, legno, e ancora legno…
Il suo materiale preferito.
Mentre ragionava sul modo migliore per rendere quel buco di paese una pira gigante, Erithar si trovò dinnanzi alla locanda: un edificio a due piani di modeste dimensioni, col tetto di tegola e numerose finestre con le imposte chiuse e senza vetri. Un piccolo sentiero in terra battuta risaliva la collina dove si ergeva l’edificio e conduceva all’ingresso, sovrastato da un’insegna recante un soldato dall’aria marziale, dipinto rozzamente, con sotto il nome della locanda.
Erithar avrebbe potuto entrare dall’ingresso principale, ma gli era stato riferito che la locanda ne aveva anche uno secondario sul retro. Nel primo caso avrebbe destato meno sospetti, ma era possibile che a bere ai tavoli ci fosse anche qualche rognoso Paladino di Rhouwen, e in quel caso avrebbe dovuto usare le maniere forti. Non che gli dispiacesse, in ogni caso.
La scelta quindi, era tra l’ingresso frontale e quello secondario.