Fulmineamente, Erithar pose le mani dinnanzi a sè, il suo corpo cominciò a rifulgere dell'innaturale luce blu propria della magia, e dalle sue mani scaturì un raggio magico enorme, abbagliante e di una potenza inaudita, che spazzò via i mercenari urlanti di agonia e distrusse persino la parete che l'Alchimista aveva di fronte. L'intera struttura tremò e vacillò per qualche istante, e alcuni piccoli detriti caddero dal soffitto; Zarag si riparò con le braccia temendo che gli cadesse tutto sulla testa, ma per fortuna sua e del suo oscuro compagno, la fortezza non crollò.
I corpi dei mercenari del Dragone giacevano a terra anneriti e fumanti, i loro sembianti quasi irriconoscibili poiché le loro carni si erano fuse col metallo delle armature ormai divenute pezzi di ferro contorto; questa devastazione tuttavia era costata a Erithar molto cara, dato che ora sentiva con molta più forza la morsa del Signore della Coda di Yvel su di lui.
L'Alchimista si voltò verso Zarag, che lo osservava con un misto di sbigottimento e terrore, e gli disse: «Andiamoci a prendere la tua viverna, questa faccenda è durata anche troppo»
Uscirono dall'avamposto, ma all'esterno non erano rimasti molti mercenari; il terribile colpo magico aveva distrutto il loro morale e molti di essi erano fuggiti via, per cui non fu difficile arrivare sino alla gabbia della viverna, dove trovarono solo l'ufficiale che lo aveva fatto imprigionare, e un paio di soldati.
«Non so come tu abbia fatto a fuggire e a disperdere i miei uomini, ma dovrai vedertela con me se vuoi liberare questo abominio!» disse l'ufficiale, senza però troppa convinzione nella voce.
Erithar riflettè: avrebbe dovuto sistemare anche quello stolto che aveva osato imprigionarlo? Forse valeva la pena proporgli di andarsene finché era in tempo? Certamente, ucciderlo gli avrebbe richiesto altre energie, ma a non farlo ci avrebbe sicuramente perso in divertimento...
I corpi dei mercenari del Dragone giacevano a terra anneriti e fumanti, i loro sembianti quasi irriconoscibili poiché le loro carni si erano fuse col metallo delle armature ormai divenute pezzi di ferro contorto; questa devastazione tuttavia era costata a Erithar molto cara, dato che ora sentiva con molta più forza la morsa del Signore della Coda di Yvel su di lui.
L'Alchimista si voltò verso Zarag, che lo osservava con un misto di sbigottimento e terrore, e gli disse: «Andiamoci a prendere la tua viverna, questa faccenda è durata anche troppo»
Uscirono dall'avamposto, ma all'esterno non erano rimasti molti mercenari; il terribile colpo magico aveva distrutto il loro morale e molti di essi erano fuggiti via, per cui non fu difficile arrivare sino alla gabbia della viverna, dove trovarono solo l'ufficiale che lo aveva fatto imprigionare, e un paio di soldati.
«Non so come tu abbia fatto a fuggire e a disperdere i miei uomini, ma dovrai vedertela con me se vuoi liberare questo abominio!» disse l'ufficiale, senza però troppa convinzione nella voce.
Erithar riflettè: avrebbe dovuto sistemare anche quello stolto che aveva osato imprigionarlo? Forse valeva la pena proporgli di andarsene finché era in tempo? Certamente, ucciderlo gli avrebbe richiesto altre energie, ma a non farlo ci avrebbe sicuramente perso in divertimento...