Il 18 novembre del 1999 veniva rilasciato sul mercato norvegese "Den lengste reisen", poi internazionalmente conosciuto come "The Longest Journey", un punta e clicca creato da Ragnar Tørnquist e distribuito da Funcom destinato a scrivere la storia del genere. Perché "The Longest Journey" è, a detta di chi scrive questo articolo e ha rigiocato nell'ultimo mese l'avventura per intero, un capolavoro assoluto di scrittura, grafica, gameplay ed enigmi.
Partiamo dalla storia. L'avventura, ambientata nell'anno 2209, ha per protagonista April Ryan, una giovane studentessa che si è trasferita nella metropoli di Newport per frequentare un'accademia d'arte e sfuggire al padre violento. April inizia a fare degli strani sogni e ad avere poi delle visioni in pieno giorno. Ben presto scoprirà di essere parte di un grande disegno e dovrà imbarcarsi in una lunghissima e pericolosa avventura a cavallo fra due mondi.
La caratteristica più impressionante di TLJ è la sua profondità di scrittura: Tørnquist crea infatti un vero e proprio universo narrativo, ricco di storie, civiltà e personaggi, ognuno perfettamente caratterizzato, che si tratti dei protagonisti o delle tante comparse che si incontrano nel corso dell'avventura. Questo è possibile soprattutto grazie ai dialoghi, la cui lunghezza è la critica principale rivolta al gioco. In realtà sono proprio i dialoghi a rendere il mondo e i personaggi credibili e a dar loro spessore. Il personaggio di April costituisce poi un autentico inno alla figura femminile: mai in un'avventura grafica una donna aveva avuto un ruolo da protagonista così importante e una scrittura così profonda. La sua storia può considerarsi a tutti gli effetti come un romanzo di formazione. Va inoltre aggiunto che Tørnquist riesce ad affrontare nella narrazione tematiche mature fra le quali la fede, la politica, il potere dei media, la sessualità.
Per quanto concerne la grafica, a distanza di vent'anni i personaggi in 3D appaiono un po' vetusti, ma le ambientazioni e gli sfondi mantengono ancora un fascino inalterato e stupiscono per creatività del design e livello di dettaglio.
Il gameplay poi è uno dei migliori che si siano mai visti. Decine e decine di ambientazioni pieni di oggetti da esaminare, un interfaccia intuitiva con alcune idee geniali come l'oggetto che lampeggia quando l'interazione è corretta o l'aggiunta di olfatto, udito e tatto nella sezione del castello del mago, nonché una varietà di enigmi fra i meglio integrati e congeniati. In qualche caso è difficile individuare degli oggetti, ma questo contribuisce ad aumentare la difficoltà dell'avventura.
Nonostante TLJ sia uno delle avventure grafiche più lunghe, è incredibile come riesca a mantenere un interesse alto sia dal punto di vista narrativo che di gameplay per tutto il corso dell'avventura, con pochissimi momenti morti.
Insomma, per tutte queste ragioni, The Longest Journey è, a detta di chi scrive, una delle migliori avventure grafiche di sempre, certamente la più ambiziosa mai concepita, piena di momenti indimenticabili, fra le quali vale la pena citare il commovente dialogo finale di April col padre, narrativamente uno fra i momenti più alti mai visti nelle avventure grafiche.
E voi, che ricordo avete del gioco? Diteci la vostra!
Partiamo dalla storia. L'avventura, ambientata nell'anno 2209, ha per protagonista April Ryan, una giovane studentessa che si è trasferita nella metropoli di Newport per frequentare un'accademia d'arte e sfuggire al padre violento. April inizia a fare degli strani sogni e ad avere poi delle visioni in pieno giorno. Ben presto scoprirà di essere parte di un grande disegno e dovrà imbarcarsi in una lunghissima e pericolosa avventura a cavallo fra due mondi.
La caratteristica più impressionante di TLJ è la sua profondità di scrittura: Tørnquist crea infatti un vero e proprio universo narrativo, ricco di storie, civiltà e personaggi, ognuno perfettamente caratterizzato, che si tratti dei protagonisti o delle tante comparse che si incontrano nel corso dell'avventura. Questo è possibile soprattutto grazie ai dialoghi, la cui lunghezza è la critica principale rivolta al gioco. In realtà sono proprio i dialoghi a rendere il mondo e i personaggi credibili e a dar loro spessore. Il personaggio di April costituisce poi un autentico inno alla figura femminile: mai in un'avventura grafica una donna aveva avuto un ruolo da protagonista così importante e una scrittura così profonda. La sua storia può considerarsi a tutti gli effetti come un romanzo di formazione. Va inoltre aggiunto che Tørnquist riesce ad affrontare nella narrazione tematiche mature fra le quali la fede, la politica, il potere dei media, la sessualità.
Per quanto concerne la grafica, a distanza di vent'anni i personaggi in 3D appaiono un po' vetusti, ma le ambientazioni e gli sfondi mantengono ancora un fascino inalterato e stupiscono per creatività del design e livello di dettaglio.
Il gameplay poi è uno dei migliori che si siano mai visti. Decine e decine di ambientazioni pieni di oggetti da esaminare, un interfaccia intuitiva con alcune idee geniali come l'oggetto che lampeggia quando l'interazione è corretta o l'aggiunta di olfatto, udito e tatto nella sezione del castello del mago, nonché una varietà di enigmi fra i meglio integrati e congeniati. In qualche caso è difficile individuare degli oggetti, ma questo contribuisce ad aumentare la difficoltà dell'avventura.
Nonostante TLJ sia uno delle avventure grafiche più lunghe, è incredibile come riesca a mantenere un interesse alto sia dal punto di vista narrativo che di gameplay per tutto il corso dell'avventura, con pochissimi momenti morti.
Insomma, per tutte queste ragioni, The Longest Journey è, a detta di chi scrive, una delle migliori avventure grafiche di sempre, certamente la più ambiziosa mai concepita, piena di momenti indimenticabili, fra le quali vale la pena citare il commovente dialogo finale di April col padre, narrativamente uno fra i momenti più alti mai visti nelle avventure grafiche.
E voi, che ricordo avete del gioco? Diteci la vostra!