In occasione del GameCon, in quel di Napoli, presso lo stand di Adventure's Planet, un acciaccato e à fono Adrian ha intervistato per voi uno dei personaggi-rivelazione dell'ultimo anno: Roberto Recchioni.
RRobe o Roberto Recchioni. Il popolo di internet ormai ti conosce in questa duplice veste: sceneggiatore/rockstar del fumetto (John Doe, Garrett, Diabolik e Dylan Dog, tra i tanti lavori) e opinionista videoludico sulle pagine di GamePro.
Ciò che invece si chiederanno certamente i lettori di AP, sarà cosa ci fai sulle pagine del nostro sito. Vogliamo quindi dare loro un background del RRobe "avventuriero"?
Tutto è iniziato con
Zork, la prima avventura testuale della Infocom, giocata su un Commodore 64. Ero un ragazzino, conoscevo a malapena l'inglese e non cavai un ragno dal buco... però ne rimasi affascinato.
Da quel momento cercai di procurarmi ogni avventura testuale di cui sentivo parlare (generalmente sulle pagine di
Zzap!) e mi ci scervellavo sopra con un dizionario d'inglese sempre accanto a me. Il fatto che io oggi sappia leggere e scrivere decentemente in inglese (ma non parlarlo) è tutto merito/colpa delle avventure testuali. Continuai a giocare alle avventure testuali fino a
The Pawn poi mollai il genere e feci il balzo verso le avventure della Lucas. Giocai e finii
Maniac Mansion e
Zak McKraken sul C64... poi mi persi per strada perché non passai subito all'Amiga (o al PC) dedicandomi piuttosto alle console giapponesi.
In seguito recuperai tutto quello che la Lucas aveva prodotto e molto di quanto fatto dalla Sierra (avevo un debole per le serie di
Police Quest e per le vicende di
Leisure Suite Larry). Una volta messo sostanzialmente in paro... cercai di continuare a seguire il genere ma la carenza di prodotti di qualità me ne allontanò.
Riveliamo anche il motivo principale per cui AP ha scelto di contattarti per questa intervista. In un tuo intervento pubblicato dai nostri amici di OldGamesItalia, hai definito le avventure grafiche un ramo secco dell'industria videoludica. Potresti spiegarci meglio questo concetto?
Mettiamola così: per me la maturazione di un media passa attraverso l'affrancamento dagli altri media.
Il cinema diventa "Cinema" quando quello che produce non è derivativo da altri media e non replicabile da essi (per farvi capire: pensate al cinema e al teatro: hanno punti in comune e all'inizio il cinema copiava molti degli stilemi del teatro, con l'evoluzione del linguaggio cinematografico i film si sono del tutto distaccati dalla forme espressive teatrali e, anche volendo, il teatro non potrebbe replicare quanto si vede su uno schermo d'argento).
Un altro esempio è la televisione, che è un media giovane (non molto più vecchio dei VG, in fondo) e che per gran parte della sua esistenza non ha fatto altro che replicare forme espressive altrui: gli spettacoli di varietà televisivi non sono altro che la riproposta del cabaret teatrale, i quiz derivano dalla radio, i serial tv sono un derivazione del cinema e via dicendo. La prima forma espressiva "pura" della tv, ovvero un qualcosa che non è derivativo di altri media e che da altri media non è riproducibile, sono i reality show (e questo la dice lunga sulla bontà del media televisivo).
Sulla base di questo discorso, le avventure grafiche sono un vicolo cieco per lo sviluppo di un linguaggio videoludico. Allo stato attuale siamo cristallizzati in meccaniche rigide, fortemente derivative (tanto dai giochi di ruolo con carta e penna, quanto dai libri game) e che nessuno sta premendo per fare evolvere.
Il problema è che le avventure grafiche non sono un settore commerciale interessante per le grandi software house, questo significa che ci investono poco e pochi investimenti significa poco sviluppo.
Poi per carità ... vengono ancora fatte ottime avventure nel segno del classico, ma nulla che rivoluzioni il genere.
Rispetto allo Scumm quanti passi avanti si sono fatti in termini di linguaggio e meccaniche? Per assurdo, un
Monkey Island 2 è ancora oggi la miglior avventura grafica di sempre... quanti anni sono passati da quando è uscita?
Al genere delle avventure grafiche servono idee e quindi servono soldi... altrimenti diventerà sempre di più un genere di ultranicchia, tenuto in vita solo da uno zoccolo duro di appassionati hardcore.
La critica di fondo che muovi a questo settore è quindi, correggimi se sbaglio, la mancanza di volontà nell'investire a sostegno dell'innovazione, sia in termini di grafica, sia (e soprattutto) in termini di gameplay. Il RRobe quali soluzioni o quali idee propone per smuovere in tal senso gli sviluppatori?
Avevo riposto molte speranze in
Fahrenheit, una buona avventura grafica, sviluppata con un buon budget e con delle meccaniche interessanti. Peccato che abbia una storia che parte bene e si sviluppa in maniera vomitevole. Comunque, a tutt'oggi, quello mi pare l'esperimento più interessante in termini di sviluppo del genere. Per me si dovrebbe andare avanti da quel punto.
A questo punto voglio proporti uno spunto di riflessione, basato su un mio pensiero. Si fa un gran parlare di mass market e delle new entry nel bacino dei consumatori di videogiochi, e con ciò mi riferisco alle donne/ragazze e ai nonni (Panariello docet). Ma non pensi che sia ormai palese come generi storicamente "hardcore" quali FPS, gdr (single player e massive), action in generale, rts e compagnia bella, non siano il canale giusto per puntare ad allargare il mercato?
Io ad esempio, sono convinto che due siano i generi in grado di fare breccia nel cuore di mamme, fidanzate e nonni: i casual games (come insegna il Wii, con i suoi Wii Sports, Wii Play, ecc) e proprio le avventure grafiche. Non pensi anche tu che questo momento possa rappresentare una ghiotta occasione per gli sviluppatori di adventure?
La penso grossomodo come te. Ma le meccaniche di interazione interne dovrebbero farsi più intuitive, dinamiche e -sopratutto- dovrebbero rispiegarsi da capo a dei giocatori che non sono abituati a trovarsi davanti alle meccaniche delle avventure grafiche evolute. Il problema delle "belle avventure grafiche di una volta" è che se ti inchiodi in un punto... ti inchiodi in un punto e non c'è verso di andare avanti.
Fumetti e avventure grafiche. Ormai è un connubio saldo e confermato annualmente dalle produzioni Artematica (Martin Mystere, Diabolik e il prossimo Julia). Da sceneggiatore, e quindi esperto in materia, come spieghi questa facilità di associazione?
Perché è la scelta produttivamente più economica e semplice.
Mi spiego: se mi venissero a chiedere di fare un videogioco su JD (John Doe, personaggio creato da lui, ndAdrian) e mi dicessero che ho tutti i soldi del mondo per farlo sviluppare... il gioco che ne verrebbe fuori sarebbe (molto probabilmente) un free roaming, con una città viva e pulsante in cui muoversi liberamente e via dicendo.
Se mi dicessero che ho a disposizione pochi soldi e un team di sviluppo esiguo... allora opterei sicuramente per una avventura grafica. Sono prodotti "piccoli" che puoi curare bene, l'Italia ha dimostrato di saperli fare e eliminano un sacco di problemi (come lo sviluppo di una buona intelligenza artificiale o di un mondo vasto e liberamente esplorabile, per esempio).
Hai già anticipato che probabilmente vedremo John Doe, la tua più celebre creazione, all'interno di un'avventura. Cosa dobbiamo aspettarci? Quali caratteristiche vorrai introdurre in un prodotto del genere?
Sì, mi piacerebbe. Ne stiamo iniziando a parlare in questi giorni, quindi è troppo presto per dire se si arriverà mai al prodotto finito... però sono ottimista. Quello che mi piacerebbe è fare una avventura grafica in grado di porre veri dilemmi morali e libere scelte. Questo, ovviamente, implicherebbe un mucchio di finali diversi e molti percorsi narrativi paralleli. Il cuore narrativo di John Doe risiede proprio nelle scelte morali e etiche che il personaggio è chiamato a compiere e questo elemento dovrebbe essere dominante, anche in una avventura grafica di stampo ultraclassico.
Un saluto ai nostri lettori, agli amici di Adventure's Planet e in generale agli avventurieri italiani che ogni giorno, a migliaia, vengono a visitarci.
Restate affamati!