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Speciale Avventure Horror (seconda parte)

del 14 Novembre 2010
Speciale Avventure Horror (seconda parte)

A cura di Pietro Lietti

[clicca qui per leggere la prima parte]

QUANDO LA PAURA ARRIVA DAI LIBRI
Come ben noto, sono numerosissime le opere teatrali e cinematografiche che hanno tratto ispirazione nell’infinita produzione letteraria mondiale, preziosissima ed inesauribile miniera d’oro ricca di idee e soggetti. Anche l’arte videoludica non fa sicuramente eccezione e proprio le avventure grafiche, che si prestano assai bene a questo genere di trasposizioni, hanno attinto con una certa frequenza all’enorme calderone della letteratura, in particolar modo di quella orrorifica. Lovecraft rimane senza alcun dubbio l’autore letterario che più ha influenzato la produzione videoludica di matrice horror, tanto da poter paragonare la sua ascendenza a quella esercitata da Sthephen King sulla produzione cinematografica. Per trovare una delle prime avventure che omaggia, anche se in modo indiretto, lo scrittore di Providence, dobbiamo fare un lungo balzo all’indietro fino al 1987, anno di uscita di The Lurking Horror. In realtà non stiamo parlando di un vero e proprio adventure, ma di un’interessantissima avventura testuale, genere videoludico antesignano delle avventure grafiche, che ci mette nei panni di uno studente del G.U.E. Tech (una specie di immaginifico MIT) bloccato all’interno dell’università a causa di una tempesta di neve. Nel cercare una via d’uscita, ci imbatteremo in terrificanti entità che richiamano alla mente quegli indescrivibili orrori nati dalla penna di Lovecraft. Per trovare un altro esempio di avventura testuale di chiara ispirazione lovecraftiana, dobbiamo rimanere nei mitici anni ‘80 (precisamente nel 1989) quando Electronic Arts pubblicava The Hound of Shadow. Il videogame, ambientato nella Londra degli anni ‘20, ci vede alle prese con i terribili “segugi dell’ombraâ€, spaventose e malvagie creature che non vedono l’ora di “farci le festeâ€. Con tutta probabilità, queste demoniache entità fanno riferimento ai “segugi di Tindalos†citati in “Colui che sussurrava nelle tenebreâ€, racconto di Lovecraft appartenente al “Ciclo di Cthulhuâ€. Abbandoniamo le avventure testuali e facciamo un piccolo salto in avanti negli anni ’90, per incontrare finalmente due veri e propri adventure di chiara ispirazione lovecraftiana: Call of Cthulhu: Shadow of the Comet (1993) e Call of Cthulhu: Prisoner of Ice (1995), avventure grafiche in terza persona pubblicate entrambe dalla Infogrames. Inizialmente, ambedue i giochi non vantavano nel titolo la prefazione “Call of Cthulhuâ€, concessa solo successivamente dalla Chaosium, casa editrice di giochi da tavolo detentrice dei diritti del marchio. In Shadow of the Comet vestiamo i panni di John Parker, un giovane giornalista appassionato di astronomia che si reca nel piccolo borgo di Illsmouth, nel New Engand, per osservare e documentare il passaggio della cometa di Halley. L’evento astronomico è però legato al ritorno di una mostruosa e antichissima divinità e, come se non bastasse, alcuni cittadini di Illsmouth sembrano direttamente coinvolti con questo funesto avvenimento. I riferimenti all’universo lovecraftiano sono chiari e molteplici: Illsmouth richiama chiaramente Innsmouth, il piccolo e inquietante villaggio ideato da Lovecraft che fa da sfondo al racconto “La maschera di Innsmouthâ€. Anche la scelta del New England non è affatto causale, dato che i racconti del “Solitario di Providence†sono prevalentemente ambientati in quella zona degli Stati Uniti. Il riferimento poi ad un’antica e mostruosa divinità è un tema ricorrente, se non il tema principale, del Ciclo di Cthulhu. Inutile poi menzionare anche il richiamo nel videogame al Necronomicon, il leggendario libro maledetto nato dalla fertile mente di Lovecraft. Prisoner of Ice ci catapulta invece negli anni ’30, nei panni del tenente Ryan, ufficiale del sottomarino Victoria in missione in Antartide per recuperare Bjorn Hamsun, un giovane esploratore norvegese caduto prigioniero dei nazisti. Assieme ad Hamsun, recupereremo però anche delle misteriose casse targate “top-secretâ€, ignari che al loro interno si nascondo delle terrificanti creature. Anche in questo caso, i rimandi al ciclo di Chtulu sono evidenti, in particolare sono lampanti i riferimenti al racconto “Alle montagne della folliaâ€. Una piccola curiosità: nei progetti originari della Infogrames, Shadow of the Comet e Prisoner of Ice avrebbero dovuto formare una trilogia assieme ad Alone in The Dark, rivoluzionario videogame “padre†dei survival horror. Paradossalmente, proprio Alone in the Dark, sicuramente più famoso e di successo rispetto agli altri due, non ha usufruito dell’agognato riconoscimento della Chaosium. Molto meno interessante rispetto ai titoli sopracitati è Necronomicon, adventure in soggettiva sviluppato dalla Wanadoo Edition nel 2001. Nonostante una trama sostanzialmente interessante, che sembra rifarsi chiaramente al “Il caso di Charles Dexter Wardâ€, con espliciti (forse troppo espliciti) riferimenti all’universo lovecraftiano, il gioco presenta eccessivi difetti e carenze a livello tecnico che lo hanno portato ad essere quasi del tutto ignorato dal pubblico e massacrato dalla critica. Ben più velate, seppur inequivocabili, sono le citazioni e i numerosi rimandi all’universo lovecraftiano presenti in Darkness Within: Sulle tracce di Loath Nolder, adventure sviluppato dalla Zoetrope Interactive nel 2007 arrivato in Italia nel 2009 grazie ad Adventure Productions. Nei panni del detective Howard E. Loreid, dobbiamo far luce sulla misteriosa scomparsa dell’investigatore privato Loath Nolder, primo indagato per il brutale omicidio di Clark Field, un ricco industriale con la malsana passione per l’occultismo. La nostra indagine subirà però una svolta imprevista trascinandoci, a nostro malgrado, in un terrificante incubo ad occhi aperti. Come in Shadow of the Comet, anche in questo caso gli sviluppatori hanno voluto omaggiare lo scrittore di Providence citando indirettamente la lovecraftiana località di Innsmouth, in questo caso deformata in Wellsmoth, la cittadina immaginaria che fa da sfondo alla nostra avventura. Di tutt’altra pasta è invece Sherlock Holmes: Il Risveglio della Divinità, avventura grafica in soggettiva sviluppata da Frogwares nel 2006. Come si capisce già dal titolo, quest’adventure propone un insolito cross-over, inserendo l’investigatore nato dalla mente di Arthur Conan Doyle nell’inquietante universo lovecraftiano. Un mix sicuramente originale, che non è stato però risparmiato da critiche, giacché il geniale investigatore di Baker Street sembra mal inserirsi nelle fantasiose e terrificanti ambientazioni create da Lovecraft, forse troppo oniriche e inverosimili se associate ad un personaggio concreto e pragmatico come Sherlock Holmes. In realtà, già in campo letterario la figura di Holmes era stata oggetto di fantasiosi mix, come, per esempio, Sherlock Holmes vs Dracula, scritto da Loren D. Estleman nel 1978; un titolo che per certi aspetti non può che richiamare alla mente l’esilarante film nostrano Fracchia contro Dracula (1985).

Ovviamente, la produzione videoludica horror non si è interessata solo a Lovecraft, ma ha tratto ispirazione da molte altre opere letterarie e, ancora una volta, le nostra amate avventure grafiche ci offrono degli interessanti esempi. Uno su tutti è sicuramente Dracula, il celeberrimo conte vampiro nato dalla penna di Bram Stoker e riproposto in numerosi adventure. Tra questi troviamo i tre episodi pubblicati dalla Microids: Dracula - La Risurrezione (2000), Dracula 2 - L'Ultimo Santuario (2001) e Dracula 3 - Il Sentiero del Drago (2008). I primi due episodi della saga si pongono in stretta continuity con il romanzo di Stoker, ambientando gli avvenimenti sette anni dopo la morte di Dracula e riprendendo alcuni personaggi e luoghi del soggetto originale. Se da una parte, però, si ha una trama interessante e una resa grafica piacevole, in particolare nei filmati, dall’altra troviamo tutta una serie di difetti (brevità del gioco, eccessiva linearità e semplicità negli enigmi) che hanno ostacolato pesantemente l’affezione di questa saga nei confronti del grande pubblico. Di maggior successo è invece Dracula: Origin, adventure in terza persona sviluppato dalla Frowgwares uscito curiosamente lo stesso anno di Dracula 3 - Il Sentiero del Drago. In Dracula: Origin non vestiremo i panni del prode Jonathan Arker ma quelli del dottor Van Helsing portando, di conseguenza, una pesante rivisitazione alla trama del romanzo. Oltre ad una storia tutto sommato piacevole, seppur poco originale, Dracula: Origin può vantare anche di un comparto grafico 2.5D di tutto rispetto e degli enigmi interessanti e ben calibrati. Di livello decisamente molto più basso è Dracula Unleashed, un mediocre prodotto sviluppato nel 1993 dalla ICOM Simulations e realizzato mediante la tecnica del FMV. Dal principe delle tenebre passiamo ad un altro mostro, nel vero senso del termine, della letteratura gotica, il mostro di Frankenstein. L’adventure dedicato alla creatura nata dalla penna di Mary Shelley risale al 1995, sviluppato dalla Amazing Media e realizzato in FMV. Frankenstein: Through the Eyes of the Monster ha avuto una discreta fortuna, dovuta, con tutta probabilità, anche alla presenza di una guest star nel suo cast, il celebre attore Tim Curry nei panni del Dr. Frankenstein. Nel 2010, anche il popolare romanzo di Robert Louis Stevenson, “Lo strano caso dottor Jekyll and mister Hyde†(già oggetto di trasposizioni videoludiche, ma di genere action), ha visto un adventure a lui dedicato, sviluppato dalla Pixelcage e dal titolo Jekyll & Hyde: The Secret of London Undergrounds. In realtà, anche in questo caso non siamo di fronte a una vera propria avventura grafica, ma ad un malriuscito miscuglio tra un action game ed un adventure. Chiudiamo infine con la bellissima quanto sottovalutata avventura grafica sviluppata dalla defunta Cyberdreams I Have No Mouth and I Must Scream (1994), interessantissimo esempio di come sfruttare in modo saggio e originale una licenza letteraria di alto livello. La trama trae ispirazione dall’omonimo racconto breve, vincitore nel 1968 del prestigioso premio Hugo, scritto da Harlan Ellison nel 1966. Nel videogame, la trama è stata profondamente rivisitata, trasformando un racconto di fantascienza con sfumature orrorifiche in un ottimo horror fantascientifico vero e proprio, dalle tinte forti e dall’atmosfera incredibilmente angosciante. In questo caso, il “mostro†è un malefico supercomputer di nome AM ("I think, therefore I AM") creato dalle tre maggiori potenze mondiali (Cina, Russia e USA) durante la guerra fredda. Una volta acquisita una sorta di autoconsapevolezza, AM sfugge al controllo dei suoi creatori e procede all’eliminazione dell’intera umanità. Solo cinque uomini vengono lasciati in vita per essere sfruttati dal malvagio supercomputer come un perverso passatempo. Dopo 109 anni di atroci torture, i cinque sventurati vengono sottoposti ad una sorta di prova finale dove dovranno affrontare le loro paure più recondite e le loro angosce più intime. Insomma, un gioco che gli amanti del buon horror psicologico e d’atmosfera non possono assolutamente lasciarsi sfuggire. Senza contare che i ragazzi di IAGTG hanno ottimamente tradotto i sottotitoli in italiano, dando la possibilità di godere appieno di questo fantastico adventure anche a chi non conosce l’Inglese. Nella sua breve vita, la Cyberdreams ci aveva regalato altri due interessanti adventure di genere orrorifico: Dark Seed (1992) e Dark Seed II (1995). In questo caso, la fonte di ispirazione non è stata un opera letteraria ma le surreali sculture di Hans Ruedi Giger, l’eccentrico artista papà, tra le altre cose, della terrificante creatura del film Alien.

QUANDO I MOSTRI FANNO RIDERE

La commedia horror è quel particolare genere, prevalentemente legato al mondo del cinema, che prende elementi e schemi tipici dell’universo orrorifico enfatizzandoli in modo esasperato oppure sbeffeggiandoli per metterli in ridicolo. Il successo di una buona commedia horror deriva difatti dalla sua capacità di far ridere attraverso quelle creature mostruose e quelle situazioni terrificanti che, in altri casi, ci avrebbero fatto battere i denti dal terrore. Gli esempi cinematografici che riprendono questo genere, a volte in modo del tutto involontario, sono davvero innumerevoli. Dalle commedie cult come L’armata delle tenebre o L’alba dei morti dementi fino alle vere e proprie parodie come L’esorciccio o la serie Scary Movie. Nemmeno la produzione videoludica è rimasta immune dal fascino di questo irriverente genere. Solo limitando lo sguardo alle nostre care avventure grafiche, troviamo difatti già diversi esempi che fanno al caso nostro. Il primo risale al 1987 e si tratta di un vero e proprio classico nel mondo degli adventure. I più nostalgici avranno già capito che stiamo parlando di Maniac Mansion, avventura sviluppata dall’allora LucasFilm Games (oggi Lucasarts) che introduceva per la prima volta l’innovativa interfaccia SCUMM. Al di là della portata rivoluzionaria che Maniac Mension portò nel mondo degli adventure a livello tecnico e di gameplay, il gioco è interessante anche per un’avvincente ed esilarante trama che ridicolizza elementi cari all’universo horror. Oltre alla presenza di “mostruosi†quanto imbranati tentacoli mutanti, troviamo in Maniac Mansion la classica figura dello scienziato pazzo e l’immancabile gruppo di adolescenti nel ruolo di protagonisti che, come in ogni B-horror movie che si rispetti, non possono assolutamente mancare. Non dagli States ma bensì dalla caliente Spagna arrivano, in pieni anni ‘90, altre due interessanti commedie horror: Drascula e Hollywood Monsters. Nel primo caso parliamo di un’avventura grafica in terza persona sviluppata dall’Alcachofa Soft e rilasciata nel 1996. Nei panni di John Hacker, dovremo liberare la bionda e bella B.J. dalle grinfie del malvagio conte Drascula. Lo spietato vampiro ha difatti intenzione di strappare il cervello della sventurata fanciulla per impiantarlo nella sua mostruosa creatura, il mostro di Fruskynstein. A prima vista siamo di fronte ad una trama semplice e ben poco originale ma che, se letta nei canoni della commedia horror, sa offrire sane risate con continui richiami alle creature e ai personaggi della letteratura orrorifica, parodiati sin a partire dal nome (Drascula/Dracula, John Hacker/Jonathan Arker, Fruskynstein/Frankestein, ecc…). Hollywood Monsters è invece il secondo adventure sviluppato, nel 1997, dalla Pendulo Studios, software house che deve la sua notorietà alla saga di Runaway e alla quale è stato dedicato uno speciale a giugno di quest’anno. Nei panni di Ron Ashman, un intrepido giornalista, dovremo indagare sulla scomparsa di Frankenstein e della nostra collega Sue Bergman, rapiti entrambi durante la cerimonia di premiazione dei migliori mostri, nel vero senso del termine, del cinema horror. Una trama divertente e stravagante, ricca di umorismo e piena zeppa di citazioni alla cinematografia horror. Purtroppo però, l’esperienza di gioco è resa frustante da una moltitudine di enigmi davvero troppo difficili, in alcuni casi quasi senza senso. Dalla calda España passiamo alla gelida Svezia, dove troviamo Gast - Alla Ricerca della Risata Perduta, adventure dedicato ai più piccini sviluppato dalla Idol Fx nel 2002. In quest’avventura dovremo aiutare Gast, un piccolo e innocuo fantasmino, a scacciare un malvagio clown che ha occupato il suo parco dei divertimenti. Gast è un fantasma buono, che non si diverte a spaventare i bambini ma preferisce vederli giocare nel suo parco giochi, un personaggio che, per molti aspetti, sembra rifarsi al famoso fantasmino Casper. Un’avventura semplice, genuina e senza troppe pretese, assolutamente consigliata però ad un pubblico (molto) giovane che vuole avvicinarsi al mondo degli adventure. Rimaniamo in tema di fantasmi e spostiamoci nella prolifica Repubblica Ceca, divenuta oramai un’importante realtà per lo sviluppo delle avventure grafiche, per imbatterci in Ghost in the Sheet - Il Segreto del Settore Omega, adventure impregnato di un dissacrante humour nero. Sviluppato dalla casa indipendente Cardboard Box Entertainment e portato in Italia nel 2007 da Adventure Productions, Ghost in the Sheet non prende di mira i classici mostri e cliché dell’universo horror, ma tratta, con un humour dal sapore fortemente english, di un argomento molto più delicato: quello della vita dopo la morte. Nei panni (o nel lenzuolo per meglio dire) di un vero e proprio fantasma dovremo indagare sul perché le anime dei defunti non riescano più a raggiungere l’aldilà. Il mistero sembra rinchiuso nella fabbrica abbandonata chiamata “Settore Omegaâ€. Ed è proprio lì che verremo spediti dal nostro nuovo “capo†(eh sì, anche nell’aldilà non mancheranno i capi prepotenti) per far luce su questo inquietante mistero. Una trama molto particolare, impregnata di sano umorismo ma capace anche di far riflettere. Fattori che fanno quasi dimenticare gli evidentissimi limiti tecnici che, per un gioco datato 2007, non possono però passare del tutto inosservati. Abbiamo aperto la nostra carrellata sulle commedie horror partendo dagli USA con la LucasArts. Pertanto mi sembra giusto chiudere il discorso tornando in terra americana per parlare di un adventure che, per ovvi motivi, vanta profondi legami, oserei dire quasi di sangue, con la software house californiana. I più attenti avranno già intuito che stiamo parlando di A Vampyre Story (“vampyre†con la “y†al posto della “iâ€, chiaro riferimento al racconto breve di John William Polidori: “The Vampyreâ€), adventure sviluppato dalla Autumn Moon Entertainent, software house fondata da Bill Tiller e composta interamente da ex lucasiani. Protagonista di questo punta e clicca è Mona de Lafitte, giovane cantante lirica francese che, malauguratamente, attira le morbose attenzioni del perfido barone Shrowdy Von Kieffer. Purtroppo, il barone oltre ad essere dannatamente perfido, è anche un vero e proprio vampiro che uccide Mona per poi trasformarla in una creatura della notte. La nostra eroina, segregata nel cupo castello di Von Kieffer in Draxsylvania, sente però l’irresistibile richiamo della sua terra natale, Parigi, e della sua eterna passione per il canto che la trasformazione in vampiro non ha di certo sopito. Ad aiutarla nella sua fuga dal castello ci penserà un amico d’eccezione, un insolito quanto simpatico pipistrello parlante di nome Froderick. Un adventure sicuramente piacevole e divertente che trova il suo punto di forza nei meravigliosi scenari, coinvolgenti ed estremamente evocativi. Nel 2011 è prevista l’uscita del sequel, A Vampyre Story 2: A Bat's Tale dove, oltre all’affascinante Mona, avremo la possibilità di controllare anche il simpatico pipistrello Froderick.