Adventure's Planet
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Recensione

VirtuaVerse

di Andrea Canino  

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In breve

Avventura grafica cyberpunk ambientata in un futuro distopico dominato da un'intelligenza artificiale che mantiene tutti perennemente connessi a una realtà virtuale aumentata. Al di fuori di questo sistema prova a sopravvivere il protagonista del gioco, Nathan, contrabbandiere di hardware e software illegali, che all'improvviso è costretto a indagare sulla scomparsa della sua fidanzata street artist Jay.

 

Recensione Completa del 19 Giugno 2020
Nonostante The Longest Journey sia un immane capolavoro nella storia delle avventure grafiche, da quel lontano 1999-2000 non ha aperto strade né generato discendenti. Troppo alti gli standard raggiunti nella ricerca del design grafico, nella scrittura di un mondo profondo e nel gameplay, un modello troppo dispendioso in termini di tempo e sforzo creativo per poter essere replicato nel nostro tempo in cui le avventure vanno incontro a una abbreviazione e semplificazione sempre più marcata. Ma a distanza di quasi vent’anni un piccolo team indie per due terzi italiano ha riportato alla luce l’opera di Ragnar Tornquist dalle sabbie del deserto in cui giaceva sepolta e ormai dimenticata (metafora questa non casuale), per farne uno dei suoi riferimenti fondamentali nella creazione di Virtuaverse, con risultati davvero sorprendenti.
L’avventura è ambientata in un futuro in cui le nazioni non esistono più a causa di una guerra fra intelligenze artificiali, da cui ne è uscita vincitrice una, Xenon, che mantiene le persone perennemente connesse a un’accattivante e invasiva realtà virtuale aumentata. Nelle zone d’ombra di questa dittatura mediatica cerca di sopravvivere Nathan, ingegnere informatico contrabbandiere di software e hardware illegali, fra i pochi a potersi collegare e scollegare a piacimento dall’AVR. Nathan convive con la street artist Jay e la sua improvvisa scomparsa lo costringerà a una ricerca dai risvolti imprevisti.

La scrittura costruisce un mondo vivido e profondo come non lo si vedeva da tempo, così ricco di idee, dettagli (emblematica la cura delle app), luoghi fra loro molto diversi, personaggi e schieramenti, da lasciare l’impressione di avere ancora tanto da raccontare e di poter essere ulteriormente esplorato attraverso sequel e spin-off. Un mondo in cui convivono l’ipertecnologia futuristica di macchine volanti, ologrammi, sintetizzatori di cibo, droni commerciali, androidi, realtà aumentata, droghe cyberchimiche, e sacche di resistenza del retro hardware e dell’obsoleto caratterizzate da un occultismo magico iniziatico, un dualismo che rimanda per certi versi a Stark e Arcadia. Un mondo che trasuda di cyberpunk, di riferimenti alla cultura pop e al cinema di fantascienza, scritto da nerd dell’informatica e che in particolare i nerd dell’informatica ameranno follemente, in cui il funzionamento di ogni hardware e programma viene spiegato con appassionata precisione.
Va detto che la scrittura è l’unica componente del gioco che presenta delle criticità. La prima risiede nel protagonista, Nathan. La scelta di un protagonista incappucciato, senza quindi un volto ed espressioni facciali, è da un lato davvero coraggiosa, perché rappresenta un semplice avatar del giocatore che diviene egli stesso protagonista, ma dall’altro ne limita la personalità, limite a cui si poteva supplire con una maggiore caratterizzazione nella scrittura, che risulta più riuscita per la coprotagonista Jay e i tanti personaggi secondari che incontreremo nel corso dell’avventura. Un’altra criticità, più legata al gusto soggettivo, è la linearità dell’avventura, che se da un lato riesce a non calare mai di qualità e di interesse, a non avere tempi morti nonostante la longevità davvero elevata, dall’altra manca di imprevisti, di momenti di reale pericolo per il protagonista (a parte il finale) e di una minaccia che appaia più incombente. La qualità dei dialoghi si mantiene buona e funzionale alla storia e agli enigmi, ma alcuni momenti di alta scrittura dimostrano che si poteva osare di più e che gli sceneggiatori hanno le capacità per estendere questo livello all’intera sceneggiatura. Va infine aggiunto che la rivelazione fondamentale di trama poteva essere spiegata meglio e più solennemente sul momento, invece che più avanti, che soprattutto nella prima sezione si insiste forse eccessivamente sul messaggio politico, peraltro giusto, che il gioco porta avanti e che in qualche frangente il linguaggio forte, pur funzionale al mondo di gioco, va un po’ troppo sopra le righe.

Essendo il videogioco un prodotto visivo, non è sufficiente che la scrittura costruisca un mondo profondo, se non subentra poi la grafica a infondergli vita. In questa componente Virtuaverse raggiunge l’assoluta eccellenza, grazie al grande talento dell’artista tedesco Valenberg. Ci troviamo infatti di fronte a una delle pixel art più affascinanti, curate, vivide e immaginifiche nella storia del punta e clicca. Nonostante l’inflazionamento dell’estetica cyberpunk nella cultura visiva odierna, dal cinema alle serie TV al fumetto ai videogiochi e ai punta e clicca stessi, Valenberg crea un mondo straordinariamente fresco e accattivante, ma altrettanto splendide sono anche le numerose location non cyberpunk che visiteremo durante il gioco. Le ambientazioni, costruite in alcuni casi su tre o quattro piani di profondità, sono una gioia per gli occhi e meritano di essere ammirate a lungo per coglierne la ricchezza traboccante di dettagli, degna dello stile di Terry Gilliam, la qualità e varietà di animazioni dell’ambiente e dei personaggi, nonché degli elementi di passaggio (basti pensare ai diversi droni che si muovono in una delle prime location), la ricerca sul colore e le luci.
La colonna sonora elettronica di Master Boot Record è strepitosa quanto il comparto grafico, di grande impatto e soprattutto in certi momenti appare in totale simbiosi con la componente visiva. Di grande cura e livello anche il comparto sonoro.

E ora soffermiamoci sull’aspetto più importante, il gameplay. Virtuaverse è un’avventura grafica classica, con un doppio sistema di interazione: alcuni hotspot possono essere solo esaminati, molti altri sono identificati da un’icona a croce che, cliccata, mostra le opzioni dell’esaminare e prendere. Se già è impressionante la quantità di elementi da analizzare negli ambienti, interviene anche la realtà virtuale aumentata, un’innovazione molto interessante che non solo ne aggiunge di nuovi e aumenta ulteriormente la qualità visiva di ogni ambientazione, ma ha anche una precisa funzione nel gameplay. A seconda della parte del gioco in cui vi trovate, si rivelerà infatti un ostacolo oppure un supporto fondamentale nella risoluzione degli enigmi. Enigmi in grande quantità e varietà, che si richiamano in larga parte alla logica laterale delle avventure LucasArts e che tuttavia sono spesso fondati sull’osservazione ambientale, apparsa raramente così rilevante. Tutto va esaminato con attenzione, anche ciò che sembra secondario. La creazione e la cura degli enigmi sono di alto livello: Virtuaverse è un’avventura di difficoltà medio-alta, con scarsità di suggerimenti ed enigmi a volte davvero perfidi, ma mai frustranti. Un meccanismo che funziona con una fluidità disarmante da veterani, non da esordienti, in cui tutto si incastra alla perfezione, anche se un paio di enigmi presentano delle piccole criticità. La difficoltà cala forse lievemente nel finale, ma per lievemente intendiamo sempre sopra la media delle avventure attuali. Il numero elevato di ambientazioni ricche di elementi da esaminare, la lunghezza della storia e di alcuni dialoghi, la difficoltà medio-alta conferiscono a Virtuaverse una longevità impressionante decisamente sopra la media, che supera per gli esperti le venticinque ore e si sposa a un prezzo raramente così conveniente.

In conclusione Virtuaverse si rivela un’opera d’esordio folgorante per il team di Theta Division e, a dispetto di alcune criticità di scrittura, il primo capolavoro di questo terzo decennio del Duemila, grazie a un comparto artistico straordinario e a un lavoro sugli enigmi davvero di alto livello. Come Runaway nel 2001 e Addio Deponia nel 2012, Virtuaverse apre il decennio infondendo nuova linfa al modello di avventura grafica tradizionale e dimostrando di avere i requisiti per divenire un classico.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Theta Division
Data Rilascio: 12/05/2020
Piattaforma: Linux, MAC, Nintendo Switch, PC, PS4, XboxOne
Caratteristiche
Genere: Cyberpunk
Grafica: 2D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse/Joypad
Sottotitoli: Inglese/Italiano
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