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Recensione

Moebius: Empire Rising

di Daniele Picone  

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In breve

Moebius: Empire Rising è la nuova avventura firmata dalla grande sceneggiatrice Jane Jensen (Gabriel Knight, Gray Matter) e sviluppata da Phoenix Online Studios (The Silver Lineage, Cognition: An Erica Reed Thriller). Il protagonista, Malachi Rector, è un esperto in antichità la cui memoria fotografica e l'attenzione per i dettagli trasformano persone e indizi in enigmi interattivi. Quando un'agenzia governativa segreta lo assume per determinare se una donna assassinata a Venezia possa avere un legame con una figura dell'antichità, per Malachi la vicenda assume dei contorni indecifrabili: perché il governo americano avrebbe incaricato lui di investigare su un omicidio avvenuto all'estero? E perché David Walker, un ex-agente delle forze speciali incontrato durante il viaggio, sembra trasmettere a Malachi ricordi di una vita passata? Ma soprattutto chi e perchè vuole morto Malachi Rector?

 

Recensione Completa del 01 Maggio 2014
Fino ad poco meno di un lustro fa la presenza sul mercato della penna di Jane Jensen sembrava quasi un miraggio; la saga di Gabriel Knight era finita da tempo e la tribolazione del gioco di cui era a capo sembrava non finire mai. La situazione si è ora completamente ribaltata: Gray Matter è un moderato successo di critica, il suo studio Pinkerton Road ha il supporto dei backer e non deve più appoggiarsi all’outsourcing europeo, lo Schattenjäger si riaffaccerà sui nostri schermi in grande stile sia con un remake della sua avventura d’esordio che con un tanto agognato quarto capitolo, ad ora però non ancora confermato ufficialmente.

Jane Jensen è tornata, sì, ma ridimensionata; conta sul nuovo appoggio dei Phoenix Online Studios, un gruppo di giovani con tanta passione, ma con qualche lacuna tecnica. Se Cognition era capace di compensare queste ultime con la spinta sperimentale, è lecito qualche dubbio di competenza in relazione alle aspettative di tutt’altra stazza che l’esimia project leader trascina con sé.

Dalle avventure di Erica Reed qualcosa sembra però essersi mosso: la cifra artistica è molto più armoniosa, l’interfaccia di base è invariata nella fruizione, ma ha un aspetto molto più elegante e asciutto nelle sue gentili tonalità di blu, i video sono molto più elaborati pur riciclando i modelli in game. La magia ha però vita breve e subito riaffiora la bestia nera del gruppo capeggiato da Bittar: l’animazione dei giunti nodali nei modelli 3d. Legnosi e con gravi difetti posturali (specialmente sul gobbo protagonista Malachi, descritto, suo malgrado, come tombeur de femme), forieri di artefatti grafici (in una schermata ho visto una scena alla Alien, con il volto che sbucava fuori dalla pancia) e a volte compenetranti nelle pareti in background.

Le lacune sarebbero tutto sommato perdonabili se fossero associati almeno ad un’ottima fluidità di movimenti di base; in parte, questo scopo è ottenuto con una sorta di teletrasporto attivabile con doppio click, ma quando questo ci è impedito l’interazione rimane molto frustrante. Bisogna difatti attendere che il personaggio: (a) ruoti lentamente fermo sul posto in direzione dell’oggetto (b) percorra in modo sbilenco la distanza che lo separa da esso, (c) ruoti di nuovo nella posizione prevista dallo script.

Ammortizzato un primo impatto magari non del tutto impeccabile concentriamoci invece sulla scrittura, killer feature per molti acquirenti. La regina del thriller paranormale conferma alcuni dei suoi tratti stilistici, quali il protagonista predeterminato dal fato, l’accenno di un sotto-testo romantico e l’intrigo d lobby misteriose, ma li reinventa in un nuovo contesto, stavolta non basandosi su un espediente esoterico preso della tradizione letteraria; la sua nuova trovata pseudoscientifica è infatti figurativamente descritta dal nastro di Möbius, la nota figura topologica da cui è tratto il titolo.
Come sul suddetto nastro dopo averne percorso la superficie nella sue interezza ci si ritrova nelle stesse condizioni iniziali, così una serie di nascituri sono destinati a ripercorrere le gesta dei grandi uomini del passato a distanza di secoli. Malachi Rector, bambino prodigio e antiquario di Manhattan, è capace di riconoscere questi pattern e ricollegarne i tratti comuni attingendo al suo ricco database mentale; questo suo speciale talento farà gola a varie associazioni il cui scopo è di manipolare gli individui destinati ad occupare posizioni di comando per i propri fini.

Data questa fantasiosa premessa, mi sarei aspettato che lo stesso Malachi, descritto come un personaggio dall’IQ stratosferico (secondo i miei calcoli si suppone sia più intelligente del 99.99997% della popolazione mondiale), esprimesse una maggiore incredulità ragionando tra sé e sé, ma la accetta invece di buon grado.
L’incoerenza nel profilo comportamentale da mente geniale, riscontrabile in misura maggiore anche nella soluzione di alcuni enigmi, è forse un retaggio della passione condivisa tra Jane Jansen e i Phoenix Online Studios per le serie televisive, modello a cui tra l’altro si erano ispirati per la creazione di Cognition. Nel contesto dei serial una delle trovate più in voga è difatti di inserire una figura professionale di altissima competenza, ma quando questa scelta si cala nei videogiochi il confronto tra i medium risulta impari, poiché spesso non si gode di consulenze esperte che evitino qualche svista di conformità.

Bello e maledetto, intelligente e reduce da un passato tragico, disponibile a lavorare solo sotto lauto compenso ma insensibile ai flirt di donne piacenti, Malachi sembra progettato a tavolino per attecchire sul pubblico femminile. Alcuni tratti lo accomunano appunto ai bellocci della tv (es: l’assunzione di pillole alla dr. House), ma l’ispirazione più evidente è quella con lo Sherlock della BBC, a cui forse si deve anche la trovata delle scritte a video “popup” che ripercorrono il ragionamento mentale, probabilmente la scelta più riuscita dal punto di vista cinematografico. Inizialmente inteso come stratagemma visuale condensato per tener nota del quadro indiziario, questo tratto registico si sposa infatti molto bene con l’eccezionale memoria fotografica di Malachi, capace con uno sguardo di distinguere le opere d’arte dalle riproduzioni e di capire il profilo caratteriale e comportamentale dei sospettati.

L’impianto di gameplay più innovativo mutua di sana pianta questi “poteri”, incapsulandoli in un’interfaccia contestuale ad hoc; fare le veci di un gestore del Monte dei pegni o notare come l’interpretazione gestuale possa avere interpretazioni multiple è un risvolto molto intrigante di questo meccanismo. Manca tuttavia una vera e propria componente di problem solving, vizio simile alle sessioni magiche di Gray Matter, che qui magari poteva essere implementato proponendo al giocatore di ricercare autonomamente le notizie sui personaggi storici “reincarnatisi” nella modernità, invece che elencare solo direttamente sullo smartphone i papabili candidati.

In relazione al contenuto storico, pur se usato con toni soprannaturali e di reinvenzione danbrowniana, l’autrice si è documentata a dovere, anche con studi recenti. Il viaggio in Italia d’esordio non è il classico concentrato di cliché, bensì richiama all’attuale crollo del potere d’acquisto nostrano. Il ritratto ottenuto è molto lontano dalla perfezione, ma riesce meglio di quanto mi aspettassi, mentre gli scorci veneziani compensano solo in parte alcuni elementi meno controllabili quali il raffazzonato accento italiano che i doppiatori cercano di simulare.

Molto peggio invece gli enigmi da inventario. Gli hotspot sono molti, ma quelli d’interesse sono facilmente identificati dall’interfaccia. La scelta di rendere gli oggetti raccoglibili solo quando se ne presenta la necessità è in linea di principio condivisibile, ma la lentezza nei trasferimenti enfatizza il già fastidioso “effetto fattorino”. Il set di oggetti da raccattare rimane comunque un segreto di Pulcinella, dato che i modelli 3d si stagliano con grande chiarezza sugli sfondi bidimensionali (è un effetto simile ai cartoni animati vintage, ad esempio della Warner Bros, in cui potete prevedere il movimento di alcuni elementi di scena).

Qualche scena ai limiti del ridicolo era francamente evitabile. Ad esempio, una donna con cui stavamo interloquendo in cima ad una scala fa cadere un guanto proprio sotto il naso di un maggiordomo, che rimane immobile invece di recuperarlo di persona. In un’altra trasferta, Malachi fa un viaggio d’andata e ritorno in aereo solo per comprare una bottiglia di whiskey nel negozio di fronte a casa sua, tra l’altro dicendo al barista di non calcare troppo la mano con la spesa. Fortunatamente il nostro protagonista non ha alcun problema di liquidità, quindi (a meno che non si tratti di spiccioli, grr) per una volta non saremo costretti a nessuna arzigogolata monetaria (sembra dovuto in un’avventura dai toni realistici, ma innumerevoli esempi del passato mi hanno dimostrato che non è così scontato).

La poca attenzione negli enigmi classici è un vero rammarico, specie in memoria di alcuni di quelli della saga di Gabriel Knight (il murale in codice, il montaggio della musicassetta, le Serpent Rouge) tra i più memorabili della storia dell’avventura grafica. Fortunatamente, specie quando si implementa qualche menu su misura la situazione è nettamente migliore, ad esempio nel caso di un semplice algoritmo di crittografia, che reca un piccolo valore aggiunto di divulgazione scientifica sicuramente già noto ai risolutori hardcore. Per aggiungere un po’ di varietà è presente anche qualche soluzione opzionale e qualche vicolo cieco con rollback, purtroppo in entrambi i casi trattate un po’ en passant.

In controtendenza rispetto ad altre produzioni Kickstarter, la Pinkerton Road evita sotterfugi commerciali e rilascia tutto in una singola e corposa soluzione di circa 15 ore molto ricche di testo. Distribuita su 7 capitoli pressoché lineari, l’autrice mostra anche qualche ambizione narrativa con un tema visto molto poco nell’ambiente videoludico, ancora di meno se escludiamo la libertà di personalizzazione del proprio avatar tipico di alcuni gdr occidentali (es: Bethesda).

Nonostante l’assonanza di nome (Grace/Gratchen), il rapporto tra la segretaria e Malachi è di tutt’altro genere rispetto all’affetto soffocato di Knight e i due rimangono, perlomeno nell’arco narrativo, sempre razionalmente distaccati e strettamente professionali. Ad aggiungere nuovo spessore sentimentale nell’animo diffidente dell’antiquario è però il prestante David Walker, un biondo ex-soldato (guarda un po’, come il Watson della BBC) assoldato come bodyguard, privo di un qualsiasi carisma psicologico a parte il suo strampalato repertorio di freddure (prese da qui). L’iniziale riserbo tra i due trasmuta velocemente in una forte tensione sessuale che li porta a prendersi cura l’uno dell’altro. Ho apprezzato che la nascita di questo rapporto omosessuale, in cui Malachi assume finalmente un ruolo più fragile da uke, non fosse trattato con le solite delicatezze per l’utente un po’ più bigotto: non si tratta di una semplice stretta amicizia, non ci sono mezzi termini. Avrei semmai tenuto un po’ sotto controllo la giustificazione paranormale e l’abbordaggio utilitaristico nei confronti di alcune ragazze.

Se il cast di Gray Matter nei dormitori dell’università di Oxford era molto ricco e contribuiva congiuntamente al fitto microcosmo investigativo, l’intreccio di Moebius fondato sulla consulenza in giro per l’Europa non si presta altrettanto bene a questo scopo: i dati anagrafici di ogni sospetto vengono infatti raccolti praticamente senza accavallamenti e l’esito finale binario della ricerca può convincere solo chi apprezza un’impostazione fatalista.

La sotto-trama thriller parte da una premessa già di suo molto fantasiosa, ma ragionevole nel campo di una storia paranormale; se la scrittura competente non mi aveva coinvolto, mi aveva perciò quantomeno incuriosito. Il tema complottistico è lasciato un po' in disparte nella parte centrale per lasciare spazio alla crescita del duetto di protagonisti, che sembra integrare di più l'autorevole scrittrice e fagocita lo sviluppo di altri intrecci. A causa di ciò lo scontro col nemico rimane un po' nebbioso e indiretto (al contrario ad esempio del ben più presente Circolo della Caccia di The Beast Within), per poi ritornare prepotentemente a ridosso del finale quando ormai è forse tardi per sistemare qualche incongruenza, che già può sfuggire facilmente quando si vuole creare una storia ove sia la predeterminazione che la possibilità di mutare il fato con le proprie forze giocano un ruolo importante.
Si è voluto puntare un po' troppo in grande coinvolgendo intelligence governative, capi di stato, sicari e quant’altro, ma l'aumento repentino di tensione rimane emotivamente di forte impatto e mi aveva fatto ben sperare per il prosieguo. E’ un bel siparietto B-Movie degno delle peggiori tradizioni Secret Filesiane e che ancora faccio fatica a deglutire.

A fronte di scelte di budget ricche di buona volontà ma non gradevolissime, quali le acconciature vaporose ricche di dettagli ma troppo immobili per raggiungere una parvenza di realismo, spezzo una lancia a favore del troppo martoriato comparto audio/video, che a volte ha qualche picco di stile quale il design creativo di una coppa di champagne in un locale trendy. Sottoscrivo il buon lavoro delle Scarlet Furies nelle colonne sonore, che dimostrano come la loro competenza non ha nulla a che fare con i legami di parentela acquisita con Jane Jensen, il cui curato stile di scrittura potrà essere apprezzato anche in italiano con la versione annunciata da Adventure Productions per quest’estate.

Siamo al cospetto dell’ennesimo responso dolceamaro. La meccanica di riconoscimento caratteriale a prima vista rimane l’elemento più interessante, ma è associato a personalità obiettivo troppo mordi e fuggi per impiantare un intreccio autosostenibile; qualche grave mancanza nelle animazioni ne mina la fruibilità. Ai nastri di partenza si scrutavano tante idee interessanti, uscite di carreggiata o non rifornite di carburante per il loro sviluppo; sul traguardo ritroviamo come superstite solo la simbiosi Malachi/Walker. La libertà creativa lasciata dai backer consegna nel bene e nel male una Jensen pura e indipendente, senza censure ma purtroppo anche senza supervisione.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Pinkerton Road Studio
Publisher: Phoenix Online Publishing
Distributore: Adventure Productions
Data Rilascio: 25/07/2014
Piattaforma: Android, iPad, Linux, MAC, PC
Caratteristiche
Genere: Avventura/Thriller
Grafica: 2D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse
Doppiaggio: Inglese
Sottotitoli: Italiano
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