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Martedì, 16 Aprile 2024 16:36
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Recensione

Heavy Rain (Playstation 3)

di Fabio Rella e Matteo Radogna  

il nostro voto
89
il vostro voto (11 votanti)
83
In breve

Dalla mente di David Cage, giĂ  autore di Fahrenheit, un nuovo thriller interpretato da un vero e proprio cast di attori virtuali, grazie alle piĂą recenti tecnologie di motion capture. La trama del gioco sarĂ  influenzata dalle scelte del giocatore durante la partita e si potranno controllare piĂą personaggi nel corso della storia.

 

Recensione Completa del 02 Aprile 2010
Philadelphia. E’ passato un po’ di tempo dai fatti dell’ipermecato. Vivete in una casa disastrata, siete depressi e avete la barba lunga. E piove. Tanto. Piove a Philadelphia e dentro di voi, vi sentite inutili, falliti. Nero. Siete un detective privato corpulento che indaga per conto suo sulle vittime di un misterioso serial killer. Avete un bel po’ di problemi, non è semplice far parlare i parenti dei piccoli uccisi. E poi, quell’asma maledetto che non passa mai. Nero. Inutile, non si dorme. Non c’è niente da fare, quest’insonnia maledetta vi perseguita. Dovreste gettarvi a capofitto nel vostro lavoro, darvi da fare sul caso del momento. Sì, il killer dell’origami non sarebbe male. Nero. Pioggia maledetta. Collega diffidente e poco propenso alla collaborazione con l’FBI. Un piccolo morto come tanti, di recente. Affogato in un vascone di acqua piovana e abbandonato con un origami e un’orchidea. Sarà il caso di indagare.
Sono queste, le quattro storie di Heavy Rain, i quattro fili che seguiremo. Sta a noi, alla nostra cura, alle nostre scelte, decidere quanti fili conservare con noi sino alla fine. La trama la costruiamo noi.

Dopo lo splendido (almeno per tre quarti) Fahrenheit, Quantic Dream e David Cage tornano a proporci un progetto ambizioso. I lavori per Heavy Rain, infatti, hanno inizio sin dal lontano 2006, in parallelo alla prima presentazione del progetto Ps3. Non staremo qui a dissertare sulla scelta di relegare il gioco alla sola piattaforma Sony, di certo però restringere il campo ai possessori del nuovo monolite nero è davvero un peccato: non fosse altro perché ci troviamo di fronte ad un’esperienza di gioco davvero coinvolgente. Ho detto gioco? Bella rogna signori, non dovremmo usare questa parola. Inquadrare Heavy Rain in una delle classiche categorie del mondo videoludico, infatti, non è impresa semplice. Gli amici di Quantic Dream ci vengono incontro, definendolo “dramma interattivo”: a noi scegliere se affrontare o meno la sfida che ci si pone davanti, a noi incrociare prove e sospetti, a noi premere il grilletto o risparmiare il folle che ci minaccia. Nell’arco delle nove ore circa di interactive drama non avremo a che fare con frenetiche sparatorie o con la risoluzione di enigmi, ma saremo intenti a osservare e vivere l’evoluzione delle vicende dei quattro protagonisti, confrontandoci con frequenti quick time event, in cui i vostri riflessi decideranno se volete bere un succo di frutta agitandolo o no, radervi in maniera impeccabile, o, magari, vivere o morire.

Il controllo dei personaggi sembrerà abbastanza macchinoso, almeno inizialmente: per camminare dovremo premere R2, orientando la corsa tramite la levetta analogica sinistra. Quando saremo nei pressi di un hotspot, apparirà un’icona corrispondente al tasto da premere o al movimento da eseguire con l’analogico destro: secondo la complessità dell’azione, dovremo semplicemente premere un tasto, tenerlo premuto, magari ruotare in maniera lenta o ripetuta la levetta, persino muovere il joypad wireless nella direzione indicato o scuoterlo, sfruttando la tecnologia Sixaxis. Con l’aumentare della difficoltà, le azioni cominceranno a sommarsi e a susseguirsi; arriveremo anche a lunghe sequenze di lotta, dove dovremo stare bene attenti a premere i tasti corretti nei tempi giusti, pena un’ecchimosi di troppo sul volto o, se davvero sfortunati, la morte. Potremo poi costantemente tenere sotto controllo i pensieri del personaggio impersonato tenendo premuto il tasto L2 e pigiando il tasto corrispondente al pensiero: riflessioni e sensazioni appariranno sullo schermo in maniera sempre più confusa con l’aumentare dello stress o del terrore, scelta che spingerà il giocatore a scelte immediate, adrenaliniche, per così dire. Fa atmosfera.

Alle sessioni di lotta e di esplorazione, dovremmo aggiungere quelle di investigazione, affidate all’agente Jayden: grazie ai suoi particolari occhiali (un rivoluzionario strumento di analisi degli indizi e dei sospettati chiamato ARI) setacceremo le varie scene del crimine, rilevando gli indizi con il tasto R1, e raccogliendoli. A questa fase, seguirà quella negli uffici della polizia, dove dovrete associare gli oggetti rintracciati ai luoghi e ai personaggi sospetti che troverete con il dipanarsi degli eventi. La morte o il fallimento di una sessione di lotta o fuga non porta al classico game over, ma disegna la strada verso uno dei ventidue finali disponibili. Potreste giungere al termine della storia con un personaggio morto, o, magari con nessun personaggio vivo. Nessun problema, avete scritto la vostra storia, comunque. Il che, a dire il vero, potrebbe sembrare limitante o poco divertente, non introducendo nessun reale elemento di sfida nei confronti del videogiocatore: è per questo che era inevitabile puntare fortemente su trama e personaggi.

L’idea di fondo della storia è senza dubbio coinvolgente, pur non trattandosi di trovate completamente rivoluzionarie. Quante volte abbiamo sentito storie di serial killer fissati con fiori, bigliettini di carta e bimbi innocenti? A guardare bene, poi, non potremo che segnare sul nostro taccuino i diversi punti di contatto con il plot di Fahrenheit; prima tra tutti, l’arma del delitto: se nell’avventura targata 2005 era il freddo il killer designato, ora siamo di fronte alla pioggia incessante dell’autunno a Philadelphia. Ma non potremo trascurare i riferimenti all’infanzia del killer dell’origami, con riferimento alle sessioni di gioco nel cantiere abbandonato che tanto ricordano quelle nella base militare, o al carattere di Ethan Mars, così simile, in atteggiamenti e nevrosi, a Lucas Kane. Intendiamoci: non parliamo di pedissequa riproposizione di un grande successo, ma il sentore di “qualcosa di già visto” c’è.
La buona notizia, è che, in questo caso, il killer esiste, è in carne ed ossa e non appartiene ad un popolo antico né ad una società più evoluta di androidi ipertecnologici. E questa per quanti, come il sottoscritto, hanno goduto di Fahrenheit fino a quel finale che definiamo senza remore semplicemente inaccettabile, è una piccola, grande vittoria. Ad ogni modo, se c’è qualcosa che non ci piace, o se semplicemente vogliamo giocare a fare Dio (o, più umanamente, Enrico Ruggeri) e vedere “cosa sarebbe successo se…”, vi basterà riprendere il capitolo in questione e giocare da quel punto (anche per sbloccare i 57 trofei del gioco).

Avremo la possibilità di seguire la storia attraverso le avventure di ben quattro personaggi: ovviamente, secondo le scelte che prenderete, le trame divergeranno, e così i caratteri e l’importanza dell’uno o dell’altro varieranno. La tecnica del Motion Capture, e l’uso di attori in carne ed ossa per la realizzazione di personaggi primari e secondari regala al videogiocatore alcuni passaggi di vero “drama”: finalmente espressioni facciali realistiche, di vero terrore, disperazione, angoscia o crudele perversione e camminate naturali. La qualità scende solo nei vari comprimari in cui non c’è stata la stessa cura di dettaglio, così come per la realizzazione di alcune ambientazioni: un peccato aver creato un universo tanto dettagliato e aver trascurato, in pochi, ma significativi casi, la rifinitura dei modelli poligonali e delle texture.
I toni lucidi e sgargianti del tutorial, cornice della vita perfetta di Ethan poco prima della caduta verso l’inferno, saranno ben presto un lontano ricordo. Domineranno i toni seppia, fumosi, opprimenti, come l’oscurità dell’animo e della coscienza con cui dovrete confrontarvi. Ed ecco, posizionati sulla scena, gli attori che dovrete interpretare. Ecco Ethan, architetto depresso, padre coraggioso (solo se lo volete), nevrotico al limite della paranoia (gli stage in cui è colpito da agorafobia sono splendidamente soffocanti).
Il buon detective Shelby, invece, genera simpatia al primo sguardo: corporatura robusta, pronto a supportare e non semplicemente “sopportare” i parenti dei piccoli scomparsi da cui si reca per comprendere la verità sul killer dell’origami. L’agente Jayden ha meno carisma rispetto ai personaggi precedenti, ma sfrutta al meglio le diverse caratteristiche di gioco che gli sono assegnate: gli occhiali ARI e l’indagine sugli indizi recuperati sono interessanti intermezzi. Quanto a Madison Paige, oltre all’ottima realizzazione estetica (avrete la possibilità di saggiare l’ottima forgiatura poligonale del suo tonico corpicino più di una volta), ci regala almeno un paio di momenti divertenti (la seduta sul tavolo operatorio del dott. Morte è terrorizzante al punto giusto). Le voci dei protagonisti, tutte in italiano, sono state affidate a doppiatori di livello: e se Pino Insegno, che interpreta Ethan, è abbastanza convincente, lo stesso non si potrà dire per Claudia Gerini, che appare certamente meno ispirata nei panni di Madison. La colonna sonora di Heavy Rain è un piccolo capolavoro. Non potrete non notare con quale sapienza sia stata assegnato a ciascun personaggio un tema personale; per Ethan la scelta del piano è connessa alla connotazione tipicamente umana del suo vissuto: fragilità e momenti di forza disperata si seguono in rapida successione come tasti bianchi e neri alternati. Shelby, detective prelevato dal noir anni ’50, godrà di un’atmosfera poliziesca “jazzata”: ottoni, flauti, piombo e passa la paura. Bene, ora moltiplicate il tutto per le infinite situazioni che vi capiteranno, i momenti lieti (pochi) e quelli di angoscia: dovreste arrivare a contare oltre trecento tracce musicali, tutte d’impatto e mai banali.

Heavy Rain piace. Piace perché è nuovo, piace perché colpisce, soffoca. Piace perché è ben curato, e si vede che c’è stato un lungo lavoro per elevare al massimo la qualità dell’opera. Un lavoro di scrittura, ancor più che tecnico, coraggioso anche per l’innovatività nei controlli. Le piccole critiche emerse dall’analisi che vi siete sorbiti sono dovute alla scelta dei Quantic Dream di iscrivere il loro “Dramma Interattivo” nei canoni dell’eccellenza: qualcosina allora era migliorabile, tenendo conto dell’enorme sforzo prodotto. Quello che resta è un titolo che rientra di diritto in quella ristretta categoria di prodotti videoludici che danno la scossa mentre si tiene il joypad in mano: questa è la vera vittoria di David Cage.

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Quantic Dream
Publisher: Sony Computer Entertainment
Distributore: Leader
Data Rilascio: 24/02/2010
Piattaforma: PC, PS3, PS4
Caratteristiche
Genere: Giallo/Thriller
Grafica: 3D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Joypad
Doppiaggio: Inglese
Sottotitoli: Italiano
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