Max, studentessa e appassionata di fotografia, scopre improvvisamente di essere in grado di riavvolgere il tempo; sceglierà così di usare il suo potere per salvare la vita di Chloe, una sua amica d'infanzia che non vede da parecchi anni. Per Chloe è stato un periodo turbolento e alla deriva dopo la tragica morte del padre; Chloe non riesce ancora a perdonare a Max il fatto di averla abbandonata in un momento di così grande difficoltà . Nel frattempo, una catastrofe imminente sembra minacciare la cittadina di Arcadia Bay e un mistero da risolvere coinvolge l'intera comunità .
L’ispirazione, per certi versi, è un atto d’amore (quando non è un plagio, ovviamente). Per altri versi significa andare sul sicuro. Se omaggi un’opera che è venuta prima della tua, prendendone in prestito alcuni temi, le cose sono due: o ti va di approfondire quei temi, perché li hai trovati interessanti, oppure quell’opera ha venduto talmente tanto ed è stata così lodata dalla critica che desideri fare il bis.
Nella fattispecie, l’opera originaria sarebbe
Gone Home, quella che s’ispira Life Is Strange. Poi però leggi un’intervista a
Jean-Maxime Moris, direttore creativo di Life Is Strange, e scopri che
Dontnod Entertainment stava già lavorando al gioco prima della pubblicazione di Gone Home. Una coincidenza, insomma. Il fatto che entrambi i titoli condividano un cast al femminile e affrontino, presumibilmente e in parte, tematiche analoghe è solo una coincidenza.
Diciamo presumibilmente perché Life Is Strange, per adesso, deve ancora sviluppare il suo racconto. Il primo episodio è stato pubblicato, ma ne mancano altri quattro. Ecco, a proposito di episodi, chissà se il
Walking Dead di
Telltale era già stato pubblicato mentre Dontnod lavorava a Life Is Strange: non tanto per la struttura a episodi, quella mica l’ha inventata Telltale, quanto per l’accento posto sul tema della scelta. Quel che fate o dite, in Life Is Strange, ha ripercussioni nel medio e lungo termine su eventi e relazioni coi personaggi. Solo che in Walking Dead la scelta contestuale ha valore definitivo, in Life Is Strange no, perché Maxine può riavvolgere il tempo.
Maxine è fissata con la fotografia, si è persino trasferita da Seattle alla sua cittadina d’origine, Arcadia Bay, per frequentare la prestigiosa Blackwell Academy. Maxine ascolta buona musica, a lezione sente parlare di
Louis Daguerre e
Diane Arbus. Sventa persino l’omicidio della sua vecchia amica, Chloe, grazie a quel misterioso potere. All’inizio dell’avventura ha un incubo: un tornado si abbatte sulla cittadina, la catastrofe è vicina. In Life Is Strange si respira aria di Gone Home e The Walking Dead, vero, ma c’è anche tanta, tanta personalità .
Qualcuno potrebbe definire furbetta l’opera di Dontnod Entertainment. Prendi una scuola, ci ficchi dentro un cast di personaggi adolescenti o post-adolescenti in apparenza stereotipati (la smorfiosa, il tamarro, il bullo, la secchiona, lo sfigato e così via), aggiungi della buona musica, un potere speciale a scelta, un mistero da risolvere e hai ottenuto il prototipo del gioco furbetto, quello che piace un po’ a tutti. Con una spruzzata di Gone Home, poi, adeschi pure i radical chic e diciamocelo, il tema scelta/conseguenze tira sempre.
Non bisogna però fermarsi alla superficie, perché Life Is Strange ha molto da dire se si guarda al dettaglio. I personaggi, per esempio, sembrano sì stereotipati, eppure nascondono tutti qualcosa. C’è sempre qualcosa di non detto o di non chiaro. La comunità di Arcadia Bay ha due volti: ogni personaggio interpreta un ruolo ma sembra celarne un altro. Emerge l’idea di comunità come organismo in cui tutte le parti sono in relazione: qualcosa di simile si è visto recentemente in
Broadchurch, interessante serie tv made in UK. Altro dettaglio: il gioco si ambienta ai giorni nostri, eppure l’atmosfera che si crea sembra quasi cristallizzare Arcadia Bay in un non-luogo e in un non-tempo. Potrebbero essere gli anni Ottanta, per dire. Sospesi nel tempo. Tra i ricordi della protagonista, che riaffiorano a contatto con oggetti che riportano ai primi anni dell’adolescenza, come quella moquette macchiata di vino. Tra i sogni, premonitori, di qualcosa che forse sarà . In un presente incerto, come può esserlo quello di una ragazza che torna al paese d’origine e, ormai estranea, deve ripartire da zero. In Life Is Strange pensieri e parole hanno lo stesso peso: in un luogo che non ti appartiene più, ogni parola va calibrata, molti pensieri non vedranno mai la luce. Ogni parola a suo tempo, verrebbe da dire.
È il tempo la costante di Life Is Strange, nella narrazione come nel gameplay. Tutta l’avventura ruota intorno al potere speciale di Maxine. La ragazza può infatti riavvolgere il tempo all’occorrenza; non sa perché, non sa come, eppure ci riesce. Se solo l’avessi saputo, non l’avrei fatto. Se solo l’avessi saputo, non l’avrei detto. In Life Is Strange potete rifarlo o ridirlo. Ogni interazione con i personaggi può essere riavvolta, letteralmente, qualora l’esito non sia di vostro gradimento. E tuttavia, non sempre l’esito vi sarà chiaro, almeno nell’immediato. Per cui certo, comodo poter riavvolgere il tempo e cambiare frase o decisione, ma l’impatto a lungo termine vi sarà comunque oscuro.
Trattandosi del primo episodio è difficile dire in che modo le vostre scelte andranno a influenzare gli esiti del racconto, ma la meccanica è curiosa. È come se il gioco fosse un eterno bivio ripetibile. Eppure, sebbene sia possibile cambiare direzione in tempo reale, tornando sui propri passi più e più volte, una volta incamminati non si torna più indietro. Se il meccanismo risulta affascinante sulla carta, in pratica non è esattamente chiaro e intuitivo da gestire. Talvolta si riavvolge troppo, o troppo poco; si ripete un’azione che non si vorrebbe ripetere o non è chiaro in che punto preciso del continuum spazio-temporale si sia giunti. Inoltre, non si capisce perché su alcuni snodi narrativi non si possa esercitare alcuna influenza. O meglio, si capisce e va bene così: Life Is Strange è pur sempre un racconto che ha un suo autore; al giocatore viene solo concessa l’illusione del controllo, ma è pur sempre un’illusione.
In ogni caso, l’opera dei francesi di Dontnod Entertainment mostra un potenziale notevole. Ha atmosfera da vendere e il primo episodio, in circa tre ore, suggerisce al giocatore temi per niente banali: rapporti familiari problematici, relazioni sentimentali sospese, sogni premonitori o allegorie? C’è poi un mistero da risolvere ad Arcadia Bay, tassello dopo tassello. Questo primo episodio getta basi considerevoli, resta da vedere se i prossimi riusciranno a reggere le aspettative e a sviluppare a dovere le tematiche qui introdotte. Nota a margine: la colonna sonora, da sola, vale metà del gioco.