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Recensione

Broken Age

di Roberto Bertoni  

il nostro voto
75
il vostro voto (10 votanti)
82
In breve

Nella nuova avventura punta & clicca di Tim Schafer & C., un ragazzo ed una ragazza vivono vite parallele in tempi e mondi diversi e separati tra loro. La ragazza deciderĂ  di ribellarsi ad un tragico destino, fuggendo dagli abitanti del suo villaggio che vorrebbero sacrificarla ad un terribile mostro marino. Il ragazzo, invece, che vive in una nave spaziale, in assoluta solitudine, sotto le cure di un computer "senziente" che gli funge da madre, deciderĂ  anche lui di cambiare la sua sorte.

 

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Recensione Completa del 20 Gennaio 2014
Nel corso degli anni in molti (me compreso) si sono spesi sul destino delle avventure grafiche, con risultati spesso in contraddizione l’uno con l’altro: morte conclamata, ritorno alle origini, mutazione genetica sono solo alcune delle ipotesi formulate, ognuna con la propria dignità ontologica e il proprio bagaglio di motivazioni a seguito.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, è arrivato Tim Schafer e la sua provocatoria proposta di mettere sul mercato un'avventura grafica "come una volta", avvalendosi per l’impresa del supporto economico di appassionati richiamati come falene dalla luce di un game designer in grado di regalarci in passato titoli come Grim Fandango e Full Throttle. Se pensate che ai tempi del lancio del progetto termini come kickstarter e crowd funding erano sconosciuti ai più, potete ben capire che la portata epocale dell’evento abbia però trasceso il semplice esercizio di stile per malinconici, arrivando a ridefinire il concetto stesso di produzione.

In sintesi, uno tsunami creativo e commerciale capace di destabilizzare luoghi comuni e certezze ataviche sedimentate con cura nell’ultimo decennio, appigli a cui molti si affidavano ripetendo senza sosta il mantra “si stava meglio quando si stava peggio”. Le aspettative erano (e sono) altissime.

E finalmente, dopo oltre un anno di lavoro, più di tre milioni di dollari raccolti, ritardi, rinvii, polemiche e speranze, eccoci con la nostra copia di Broken Age - Atto Uno (sì, nel frattempo il gioco è anche stato diviso in due parti) installata sul nostro pc, tremanti nell’ansia di veder prendere vita quello che in molti, solo poco tempo fa, avrebbero bollato come miraggio. Siete pronti?

La storia ci porta a vivere le vicende di due adolescenti, Vella e Shay, ognuno alle prese con un mondo le cui regole risultano troppo vincolanti: schiavo di tradizioni intoccabili l’una, oppresso da una realtà ovattata l’altro, entrambi cercano di sottrarsi al proprio destino nel tentativo di infrangere quelle regole che sembrano catene indissolubili e soffocanti.

La prima particolarità risiede proprio nel modo in cui le due vicende vengono raccontate: il giocatore potrà infatti passare all’uno o all’altro personaggio senza soluzione di continuità, così da trovare conforto qualora dovesse bloccarsi in una delle due avventure parallele. Permettetemi di dirvi che questa possibilità risulta alquanto remota essendo la difficoltà degli enigmi praticamente nulla, ma comunque un'apprezzabile variazione sul tema che vale la pena citare.

Sebbene lineari nella loro progressione, le storie di questi due ragazzi costretti ad affrontare, volenti o nolenti, il proprio passato e il proprio futuro, sono peraltro in grado di coinvolgere fin da subito il giocatore, regalando personaggi e situazioni che meritano di essere ricordati anche dopo essere giunti ai (parziali) titoli di coda. In un’epoca di sceneggiature scialbe e senza verve, è quasi commovente veder muovere i fili narrativi con questa perizia, sebbene il risultato finale non sia comunque esente da pecche.

Assodato questo punto è innegabile che sia proprio la sceneggiatura il motivo di forza di Broken Age, a partire (per assurdo) dal fantastico finale, per passare alla capacità degli autori di costruire mondi e vicende che si richiamano l’un l’altro in un intelligente gioco di passaggi e ammiccamenti, forse la nota più positiva di tutta la produzione e la vera ragion d’essere per un titolo di questo tipo.

Stilisticamente Broken Age emerge inoltre rispetto ad altri titoli contemporanei per un approccio tecnico decisamente di un livello superiore alla media: le animazioni, così come lo stile grafico adottato, rendono giustizia al budget raccolto in tutti questi mesi, sebbene la loro resa risulti limitata dalla scarsa profondità del mondo di gioco; il numero di locazioni visitabili è infatti risibile e lascia l’amaro in bocca per quel (poco) che viene mostrato a schermo.

D’altronde il fatto che la longevità si attesti sulle tre ore scarse dovrebbe rendere il polso della situazione di una produzione che, in questo momento, risulta monca (temporalmente, non certo a livello narrativo) rispetto alle premesse o, per essere più precisi, al contesto di riferimento a cui Double Fine si è rifatta fin dai primi istanti successivi alla chiusura della raccolta fondi. Se pensiamo ad una qualsiasi delle nostre avventure preferite del passato, il confronto risulta infatti impietoso.

Sono qui costretto ad aprire una piccola parentesi per chiarire meglio questa mia ultima affermazione: se da una parte l’essere “Broken Age” dona al nuovo titolo di Schafer un’aurea di ottimismo aprioristico, dall’altro canto oggi più che mai il punto di riferimento per questa produzione DEVE essere il passato remoto delle avventure grafiche.
Da qui non può che essere valutato come ottimo il superamento di alcuni limiti storici (spostamenti ridotti, interfaccia minimale e intuitiva, enfasi sulla storia a discapito di inutili brodaglie allungate), ma la perdita di quel senso (legittimo) di sfida a favore di una linearità mascherata dal doppio binario narrativo è una pecca che sinceramente non posso trascurare. In sintesi, una versione tirata a lucido di quello che è stato, ma che si porta dietro, come colpevole dimenticanza, la mancanza di appagamento nelle sfide più ardue che ha da sempre regalato un fascino indimenticabile al nostro genere preferito.

Di prim’ordine invece il comparto sonoro, con doppiaggio, colonna sonora ed effetti ambientali che ci ricordano in più di un frangente quanto elementi di questo genere possano essere davvero un plus nella valutazione complessiva di un’avventura, senza mai risultare invasivi o cattivi protagonisti. Aggiungete i sottotitoli in italiano e il risultato finale rientra anch’esso nell’ottimo.

Perché quindi un voto così “basso”? E' vero, siamo ancora a metà del guado, ma il sapore che resta in bocca dopo le tre ore del primo atto non è quel dolce retrogusto dei "prodotti di una volta", ma un ricercato mix sintetico fra nuovo e antico che però fatica a raggiungere un risultato di assoluta eccellenza. Troppo semplice e troppo lineare, Broken Age “Atto Uno” svolge infatti il proprio compitino senza vere punte, sorretto in parte da una sceneggiatura e da un design indovinati, ma che personalmente ritengo distante da quel capolavoro che in molti (e forse a torto) si aspettavano.

Certo, c’è ancora tutto il tempo per riportare la navigazione su rotte diverse, ma lo spirito di questa avventura grafica sembra più essere quello di far comprendere al giocatore moderno cosa fosse un punta e clicca, senza affaticarlo troppo nel cammino, piuttosto che tornare a respirare le alte vette di epicità di cui tanti di noi hanno nostalgia. Un nuovo inizio o il canto del cigno? Un divertissement o una nuova pietra miliare? Ad ogni generazione di giocatori e al futuro che ci attende, l’ardua sentenza…

 

Info Requisiti
Generale
Sviluppatore: Double Fine™
Data Rilascio: 28/04/2015
Piattaforma: Android, iPad, iPhone, Linux, MAC, Nintendo Switch, PC, PS4, Ps Vita, XboxOne
Caratteristiche
Genere: Avventura
Grafica: 2D
Visuale: Terza Persona
Controllo: Mouse/Joypad
Doppiaggio: Inglese
Sottotitoli: Multilingua (italiano incluso)
Ricerche
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