Mercoledì, 15 Luglio 2020 00:35
Full Throttle compie 25 anni: puntando e cliccando on the road
L'avventura grafica è forse il genere videoludico concettualmente più distante dallo stile di vita on the road, salito alla ribalta nel ’57 col romanzo “Sulla strada” di John Kerouac. Razionale, consequenziale, lineare, di contro a un modo di intendere l’esistenza fondato sulla sregolatezza impulsiva, libertà anarchica, erranza.
Eppure Tim Schafer, dopo aver lavorato per Ron Gilbert a The Secret of Monkey Island e Le Chuck's Revenge e come co-director assieme a Dave Grossman a Day of the Tentacle, nel ’93 sceglie proprio la vita on the road in sella a una moto per il suo primo punta e clicca da solista, Full Throttle.
Rifacendosi in ambito filmico a Easy Rider di Dennis Hopper da un lato e Mad Max di George Miller dall’altro, Schafer crea un mondo post-apocalittico western in cui bande di motociclisti si contendono l'asfalto di interminabili autostrade nel deserto californiano.
Nei limiti imposti dal genere e inserendo ragionevolmente un semplice intreccio, Schafer forza gli schemi dell'avventura grafica classica a un livello mai visto prima, come appare immediatamente chiaro dai primi minuti del gioco, quando il protagonista abbatte la porta chiusa di un bar con un calcio invece di perseguire la via della logica, momento fra i più rivoluzionari nella storia del punta e clicca.
Nella folle interfaccia metallara a icone, con un teschio i cui occhi schizzano di fuori, fanno dunque capolino le maniere forti, l'inventario si riduce al minimo, scompaiono le combinazioni di oggetti, ci si muove quasi solo in moto, ci si prende a bastonate, catenate e colpi di motosega con altri centauri, donne e uomini, con un sistema di progressione che riprende il duello a insulti del primo Monkey Island, i dialoghi si accorciano e gli enigmi si diradano, lasciando più spazio alla storia e all’azione, pur ragionata.
È un'avventura breve Full Throttle, forse troppo, eppure capace di tratteggiare in poche ambientazioni dalla pixel art strepitosa un mondo vivo, con personaggi principali e secondari ben caratterizzati, fra cui spiccano il rude protagonista – “Io non cammino!” – e il suo rapporto, splendido, con la coprotagonista Maureen, senza dimenticare il vecchio venditore di souvenir fuori lo stadio della Corley Motors, doppiato in italiano con un inspiegabile e straniante accento romagnolo. Curiosamente, negli stessi anni in cui Schafer lavora al gioco, va in onda in America la serie cartoon dei Biker Mice from Mars, con atmosfere molto simili, in cui uno dei protagonisti si chiama Throttle e il cattivo Limburger, nome simile al villain di Full Throttle, Ripburger.
In virtù della preminenza della storia sul gameplay, narrazione peraltro da ritmi serrati e coreografie da film d’azione, Full Throttle può forse essere considerato un antesignano delle moderne avventure narrative di successo.
Full Throttle esce nell’aprile del ’95 e Schafer si lancia in un progetto se possibile ancora più folle, la prima avventura grafica 3D della LucasArts ambientata nel mondo del folklore messicano.
Ma questa è un’altra storia.
Vi lasciamo ai link Steam e Gog dell’edizione remastered di Full Throttle (disponibile anche su PS4), che prevede anche la possibilità di giocare con la grafica originale, e alla esaustiva e come sempre impeccabile scheda di Lucasdelirium, se volete saperne ancora di più.