Decise che la questione del paladino doveva essere risolta. Non poteva partire alla ricerca di Zander con quel guastafeste che gli stava alle costole. Erithar cominciò a correre lontano dalla locanda, mentre qualcuno in strada già urlava: «Guardie! Guardie! Accorrete!» e i brutti ceffi gli strillavano contro: «Torna qui, maledetto bastardo! Torna qui!»
Lasciandosi alle spalle tutto quel marasma, Erithar trovò infine una casa diroccata nella periferia del villaggio. Decise di nascondersi lì, e di attendere la notte.
L’interno della baracca non era un granché: polvere dovunque, scartafacci, pochi raggi di sole che filtravano dalle finestre che erano state sbarrate con delle travi di legno… nessuna meraviglia se il vecchio inquilino che la abitava aveva levato le tende.
Si sedette in un angolo, e pigramente cominciò a tracciare nella polvere del pavimento alcuni simboli alchemici che aveva studiato molti anni fa.
“Dannato Paladino”, pensò fra sé…
Ad un tratto, udì un rumore provenire dall’esterno della baracca. Qualcuno si stava avvicinando all’edificio, probabilmente per entrare; a quanto pareva, quella sera non volevano assolutamente lasciarlo in pace.
Stavolta, però, non si sarebbe lasciato fregare: chiunque fosse stato, si sarebbe preso una bella pozione esplosiva in piena faccia appena avrebbe aperto la porta!
O forse era meglio nascondersi nuovamente; in fondo, se avesse affrontato gli strani ceffi che l’avevano aggredito alla locanda a viso aperto, forse non se la sarebbe vista nel migliore dei modi. La differenza era, però, che stavolta non c’erano vie d’uscita; tutto ciò che poteva fare era uscire rapidamente dalla baracca e correre via prima che chiunque stesse giungendo a prenderlo entrasse.
Lasciandosi alle spalle tutto quel marasma, Erithar trovò infine una casa diroccata nella periferia del villaggio. Decise di nascondersi lì, e di attendere la notte.
L’interno della baracca non era un granché: polvere dovunque, scartafacci, pochi raggi di sole che filtravano dalle finestre che erano state sbarrate con delle travi di legno… nessuna meraviglia se il vecchio inquilino che la abitava aveva levato le tende.
Si sedette in un angolo, e pigramente cominciò a tracciare nella polvere del pavimento alcuni simboli alchemici che aveva studiato molti anni fa.
“Dannato Paladino”, pensò fra sé…
Ad un tratto, udì un rumore provenire dall’esterno della baracca. Qualcuno si stava avvicinando all’edificio, probabilmente per entrare; a quanto pareva, quella sera non volevano assolutamente lasciarlo in pace.
Stavolta, però, non si sarebbe lasciato fregare: chiunque fosse stato, si sarebbe preso una bella pozione esplosiva in piena faccia appena avrebbe aperto la porta!
O forse era meglio nascondersi nuovamente; in fondo, se avesse affrontato gli strani ceffi che l’avevano aggredito alla locanda a viso aperto, forse non se la sarebbe vista nel migliore dei modi. La differenza era, però, che stavolta non c’erano vie d’uscita; tutto ciò che poteva fare era uscire rapidamente dalla baracca e correre via prima che chiunque stesse giungendo a prenderlo entrasse.