«Andremo verso il grande laboratorio. Di lì c'è un passaggio segreto che conduce alla sala della Fiamma Eterna, così precluderemo ad Alandor una buona via di fuga. Ho atteso troppo tempo di incontrare quel bastardo per poi lasciarmelo sfuggire così facilmente» disse Erithar.
«Va bene, fa strada Alchimista, io ti seguo» fu la risposta secca di Zarag.
Così i due percorsero il lungo corridoio che conduceva al grande laboratorio; stranamente, Erithar non incontrò particolare resistenza nel tragitto, il che gli fece presumere che qualche brutta sorpresa lo attendeva in quel luogo. Cercando tuttavia di non pensarci, si diresse a gran velocità verso le grandi porte del laboratorio, rivolgendosi poi a Zarag.
«Sta pronto orco, non sappiamo cosa potrebbe esserci qui dentro»
In tutta risposta, il suo compagno strinse con più forza la sua arma.
Erithar spalancò di colpo il portone del Grande Laboratorio: davanti a lui si presentò una grande sala, ricolma di alambicchi di ogni dimensione, alti cilindri di vetro con liquidi ribollenti d'ogni sorta al loro interno, tubi di bronzo sbuffanti vapore e pozioni che si distillavano lentamente per virtù di complessi apparati alchemici, il tutto riluceva della luce verdastra delle fiamme alchemiche.
Ma ciò che colpì maggiormente l'Alchimista Nero fu ciò che si trovava al centro della sala: circondato da apparati che non aveva mai visto prima c'era un uomo, o meglio la parodia di ciò che avrebbe dovuto essere umano; era un essere gigantesco, alto quasi tre metri, e suoi lineamenti erano stati deformati o alterati da innesti alchemici di ogni genere, il suo corpo sbuffava vapore per ogni dove, e quel poco di carne ed ossa che gli erano rimasti erano dilaniati da piaghe e ustioni. Sembrava uno degli antichi golem che i maghi utilizzavano per difendere le loro torri, ma questo aveva ancora una parte umana, e oltre a ciò era incompleto, visto che il petto era ancora aperto e lasciava intravedere un cuore Alchemico che era andato a sostituire quello originale.
Quando la porta venne aperta, l'essere scrutò i due intrusi con i suoi occhi, poi emettendo un grugnito che non aveva più nulla di umano e cominciando a sbuffare vapore, si dimenò nel tentativo di divellere i legacci che lo tenevano all'apparato alchemico.
Erithar sapeva di non avere molto tempo: doveva scegliere se affrontare quell'abominio in corpo a corpo o se doveva cercare di fermarlo usando i suoi poteri o qualche pozione. Altresì poteva prendersi un pò di tempo per guardare nel laboratorio e cercare un altro modo per fermarlo.
«Va bene, fa strada Alchimista, io ti seguo» fu la risposta secca di Zarag.
Così i due percorsero il lungo corridoio che conduceva al grande laboratorio; stranamente, Erithar non incontrò particolare resistenza nel tragitto, il che gli fece presumere che qualche brutta sorpresa lo attendeva in quel luogo. Cercando tuttavia di non pensarci, si diresse a gran velocità verso le grandi porte del laboratorio, rivolgendosi poi a Zarag.
«Sta pronto orco, non sappiamo cosa potrebbe esserci qui dentro»
In tutta risposta, il suo compagno strinse con più forza la sua arma.
Erithar spalancò di colpo il portone del Grande Laboratorio: davanti a lui si presentò una grande sala, ricolma di alambicchi di ogni dimensione, alti cilindri di vetro con liquidi ribollenti d'ogni sorta al loro interno, tubi di bronzo sbuffanti vapore e pozioni che si distillavano lentamente per virtù di complessi apparati alchemici, il tutto riluceva della luce verdastra delle fiamme alchemiche.
Ma ciò che colpì maggiormente l'Alchimista Nero fu ciò che si trovava al centro della sala: circondato da apparati che non aveva mai visto prima c'era un uomo, o meglio la parodia di ciò che avrebbe dovuto essere umano; era un essere gigantesco, alto quasi tre metri, e suoi lineamenti erano stati deformati o alterati da innesti alchemici di ogni genere, il suo corpo sbuffava vapore per ogni dove, e quel poco di carne ed ossa che gli erano rimasti erano dilaniati da piaghe e ustioni. Sembrava uno degli antichi golem che i maghi utilizzavano per difendere le loro torri, ma questo aveva ancora una parte umana, e oltre a ciò era incompleto, visto che il petto era ancora aperto e lasciava intravedere un cuore Alchemico che era andato a sostituire quello originale.
Quando la porta venne aperta, l'essere scrutò i due intrusi con i suoi occhi, poi emettendo un grugnito che non aveva più nulla di umano e cominciando a sbuffare vapore, si dimenò nel tentativo di divellere i legacci che lo tenevano all'apparato alchemico.
Erithar sapeva di non avere molto tempo: doveva scegliere se affrontare quell'abominio in corpo a corpo o se doveva cercare di fermarlo usando i suoi poteri o qualche pozione. Altresì poteva prendersi un pò di tempo per guardare nel laboratorio e cercare un altro modo per fermarlo.