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2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Il mondo delle Avventure Grafiche, dalle origini sino ai giorni nostri.

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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il mercoledì 24 gennaio 2018, 17:14

Diduz ha scritto:Lui ne fa una questione economica: cose come Firewatch, alcune cose Telltale (mica tutte, aggiungo io), Oxenfree e Life Is Strange hanno asfaltato Thimbleweed Park in termini di vendite. Non che TP sia andato male [...]
Per quanto lo riguarda, sarebbe fattibile realizzare un gioco impostato a livello produttivo in modo esattamente identico a Thimbleweed Park [...] Solo che non gli interessa a livello creativo

E stiamo parlando di Ron Gilbert, che si è anche sostenuto con le edizioni console, tra cui quella Switch che si è rivelata a sorpresa un (molto) relativo successo. Ma quanti sviluppatori casalinghi saprebbero gestire porting tali?


Ron Gilbert ha però scelto l'approccio folle: mi scrivo il motore da zero in un linguaggio di basso livello, che è come se per aprire una pizzeria partissi dal mulino. In realtà oggi è estremamente accessibile, sia come costi che come difficoltà di sviluppo, produrre un gioco ed esportarlo per varie piattaforme. Anche il costo del personale è molto diverso: ingegneri di 50 anni che lavorano a San Francisco hanno un costo annuo molto diverso dallo sbarbatello che può lavorare su Unity/UE in Europa.

Trovo quindi fuorviante sotto-intendere che non ci possa essere la via di mezzo fra il progetto esperto da milioni, e quello fatto in un garage tenendo i costi quasi a zero. Giochi come Stasis ad esempio sono costati più realisticamente sui 100/200k, includendo lo stipendio full time e un bel livello di rifinitura (post produzione, musical score, doppiaggio, traduzioni ecc. ecc.).

Non credo neanche che noi avventurieri siamo così esigenti in termini di puzzle design, in fondo ci basta che i puzzle non facciano troppo schifo :lol: voglio dire, un gioco come Fran Bow ha un'impostazione enigmistica classica e l'ho trovato personalmente ben riuscito sia come logica, che come progressione di difficoltà. E' anzi molto difficile che un'ag prenda un voto alto perchè "i puzzle sono bellissimi". Per capirci, Fran Bow è stato sviluppato da una coppia di giovani svedesi praticamente neolaureati. Il gioco ha venduto abbastanza da consentire loro di lasciare il lavoro e prendersi un ufficio.

Se lo stesso Ron ammette che non svilupperà un altro p&c solo perchè "non ha la passione", è che un p&c non certo ottimizzato (dal punto di vista del budget) è comunque andato bene, vuol dire che a produrre questi giochi ci si può mantenere - magari senza arricchirsi ma anche senza fare la fame.

Il punto è quindi "la passione" perchè è ovvio che facendo un clone telltale, o un walking simulator, magari con una buona pubblicità, vendi di più. Ma c'è differenza tra dire che non puoi arricchirti e dire che non ci puoi campare. Tuttavia tutto ciò che non è indie è lì per arricchirsi, ecco forse la fregatura :lol:
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Diduz il mercoledì 24 gennaio 2018, 17:33

Overmann ha scritto:Trovo quindi fuorviante sotto-intendere che non ci possa essere la via di mezzo fra il progetto esperto da milioni, e quello fatto in un garage tenendo i costi quasi a zero. Giochi come Stasis ad esempio sono costati più realisticamente sui 100/200k, includendo lo stipendio full time e un bel livello di rifinitura (post produzione, musical score, doppiaggio, traduzioni ecc. ecc.).

Non so dove sia stato sviluppato Stasis e con quali tipi di contratto, ma secondo le stime di Gamasutra sugli stipendi americani le cifre di Gilbert sono in linea (e lui e Winnick a un certo punto hanno lavorato gratis). Thimbleweed Park dev'essere stato ottimizzato eccome, perché a sua stima doveva venire sul milione e mezzo, non sul milione. Poi, se non vogliamo fidarci, possiamo pure farlo, però come dicevo trovo una corrispondenza tra quello che dice lui e quel che dicono i lavoranti stessi dell'industria americana. Certo, fare un motore da zero ha sicuramente pesato come dici tu, ma Gilbert ha detto che al massimo si è trattato di un 20% di budget, e tra parentesi l'ha sviluppato quasi tutto lui stesso. I guai cominciano quando inizi a coinvolgere esterni che costano e non lo fanno "per passione".

Overmann ha scritto:Ma c'è differenza tra dire che non puoi arricchirti e dire che non ci puoi campare. Tuttavia tutto ciò che non è indie è lì per arricchirsi, ecco forse la fregatura :lol:

No, la ricchezza con quello che dice GIlbert non c'entra. Più che altro il suo ragionamento era: stando così le cose, ora come ora mi è andata bene, come dici tu "ci campo", ma superato l'effetto "ritorno di Gilbert con il buon vecchio punta & clicca" rischio di andare proprio in rosso, quindi non di "non arricchirmi" ma proprio di "non campare". Lui voleva "arricchirsi" ora per rimettere i soldi in circolo in un altro gioco. Con le cifre attuali semplicemente i conti non gli tornano.

EDIT: Il team di Stasis è sudafricano, hanno usato Kickstarter. Tempo fa quando studiai i budget, risultò che in Europa e altrove si viaggiava su cifre che veleggiavano sulla metà di quelle americane (parlando di stipendi in linea con aspettative professionali, non con lavori di passione). Eppure, persino la Daedalic ritiene che evidentemente non valga la candela... e se non ricordo male The Night of the Rabbit costò sui 500.000 (dollari o euro? Memoria confusa).
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il mercoledì 24 gennaio 2018, 17:54

Overmann ha scritto:Bisogna ammettere che molte avventure date per il 2018 sono di fatto a dir poco "avvolte nel mistero" considerando che siamo quasi a febbraio.
Di molte non si capisce bene il gameplay, quindi si fa fatica a categorizzarle, oltre a nutrire qualche dubbio su quante di queste usciranno effettivamente nel 2018 (molte non hanno una data di uscita ufficiale, e sono ancora in sviluppo).

Magari ci sorprenderanno...


Ovviamente, per fare il video mi sono attenuto a quello che è stato rilasciato e annunciato fino ad ora. Molte di quelle che ho messo paiono in stato avanzato, ma chissà.

Ovviamente non ho tenuto conto di tutte quelle che ancora non sono state annunciate e probabilmente salteranno fuori durante l'anno.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Matthia il mercoledì 24 gennaio 2018, 17:56

Se il gioco di Ron non ha venduto più del dovuto... ed è stato MOLTO pubblicizzato, ha avuto PARECCHIE recensioni entusiastiche, e sta effettuando i porting anche sui tostapane... e Ron Gilbert nell'old school P'n'C' è il veterano più rappresentativo... bè, allora il genere dell'adventuro puro ad enigmi di vecchio stampo ha poche possibilità di rifiatare sul mercato... era e resterà di estrema nicchia... e bisognerà basarsi tutto sui lavori autoriali indie

però se devo dirla sul personale, a differenza degli indie puri dove solitamente osano di più a livello artistico e narrativo, Ron mi è sembrato semplicemente proporre una formula vecchia e collaudata fra i nostalgici e provare a vedere se riusciva a tirare avanti facendo quello... ripeto, per me o è un limite (artistico) dello stesso Gilbert, o ha provato a 'generalizzare' e rendere più commerciale il suo prodotto, facendolo per tutti e puntando meno al fare un prodotto 'speciale'... quindi un pò mi dispiace se non volessero più continuare a farne altre, dall'altra parte dovrebbero proporre i loro vecchi capisaldi in maniera più eclatante.

Sto provando ultimamente alcuni Walking Simulator che mi attirano essendo amante prima di tutto della narrativa, ma fra un What Remains of Editch Finch, un (ho quasi finito) Layers of Fear... e in passato ho finito anche Gone Home... mi viene da dire che sono troppo WS... una cosa è dare una parvenza non dico di gioco, ma di interazione, ma neanche di interazione, ma di fermarmi durante la narrativa, e magari ragionare, interagire, fare qualcosa anche di piccolo, e poi ricontinuare, ed invece no... questi sono soltanto vai avanti, apri la porta e vedi... fra loro investendo ingenti risorse a livello tecnico ed artistico le meccaniche usate per sceneggiare gli eventi sono molto simili fra di loro e quindi se dapprima l'evento scenico colpisce poi finisce subito l'effetto e risulta solo la storia di fondo da seguire ma senza sentirti pienamente immedesimato nel contesto, nel mondo e nel modo in cui è 'girato'... secondo me la barriera che ha superato Life is Strange dovrebbe rappresentare il modo in cui fare questi WS... ovviamente da vecchio appassionato di adventure mi piacerebbe qualche interazione in più (badate non dico prettamente enigma ma interazione), ma penso che la sua base di partenza sia il minimo e l'ideale per proporre un'avventura basata sulla narrazione ai nuovi giocatori di oggi e si magari anche a noi vecchietti nostalgici che magari siamo un pò più arruginiti a fare solo un enigma dietro l'altro...

Da amante di narrativa adoro anche i vari Ace Attorney, Dangaronpa, Hotel Dusk, 999/VLR, ma sono le uniche Visual Novel dove oltre a leggere e vedere gli eventi della trama si può decidere cosa fare, dove andare, di indagare su hotspot, fare mini interazioni, eccetera quindi mi dando un senso di appagamento incredibile rispetto alle visual novel pure che forse mi fanno lo stesso effetto dei puri Walking Simulator...
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il mercoledì 24 gennaio 2018, 17:58

experience86 ha scritto:
Neo-Geo ha scritto:Ok, fermo e restando che questi sono i criteri che tu cerchi nelle avventure e non c'è nulla di male in questo e io non pretendo che tu cambi i tuoi gusti o la tua visione delle cose, ti faccio una domanda.

secondo te quando si è formata questa definizione di "avventura vecchio stile" sulla quale ci stiamo basando?


Quando il genere era grande e seguito, per ragioni di età il mio periodo di riferimento per eccellenza.
Negli anni ci sono state le contaminazioni e non dico niente al riguardo: se tu godi come un riccio con un walking simulator io che posso dirti? Cammina pure.

Il problema è che stiamo andando verso un mercato dove l'eccezione, alias la contaminazione, è diventata la regola. Io che amo le sfide non so dove andare a cercare, onestamente. Difatti il 90% del mio tempo da giocatore lo passo su PS4, quando mi ributto nel mondo delle AG è per rigiocare qualche vecchia gloria o qualcuna di quelle sporadiche eccezioni menzionate prima.

L'anno scorso poi qualcosa da attendere c'era ancora, quest'anno non ho praticamente nulla nella lista delle attese.


IL problema è che il periodo a cui ti riferisci tu era anch'esso una fase. Le avventure non sono mai state uguali a loro stesse, sono sempre mutate e continuano a farlo. Di fatto non è esiste un vero e proprio modello di "avventura classica", a meno che quel classico non sia abbastanza "relativo".

Può essere che la piega che prende il mercato vada appunto nella direzione che dici tue e pazienza. In realtà di avventure con enigmi le vedo uscire ogni tanto. Basta solo cercare bene.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda luise il mercoledì 24 gennaio 2018, 18:11

La Fine avventure grafiche :
Adventure game shop ha tolto il mercatino dell'usato .
Fino a 3/4 anni fa andavano fra i collezionisti .
Ora non interessano più a nessuno .Forse pure per i prezzi e considerando che ci vogliono emulatori quando va bene .
Questo è sintomo di disinteresse.
Ultima modifica di luise il mercoledì 24 gennaio 2018, 18:44, modificato 1 volta in totale.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il mercoledì 24 gennaio 2018, 18:17

Poi, se non vogliamo fidarci, possiamo pure farlo, però come dicevo trovo una corrispondenza tra quello che dice lui e quel che dicono i lavoranti stessi dell'industria americana.

Eppure, persino la Daedalic ritiene che evidentemente non valga la candela... e se non ricordo male The Night of the Rabbit costò sui 500.000
Daedalic parlò di cifre sui 200k€ se non erro.

Parliamo comunque di un genere che spesso e volentieri è realizzabile da una sola persona, arrivando al risultato in un anno, mettiamo pure il caso minimo sia quindi 20k. Non dico che devi pescare i freelance bulgari su Upwork, cosa che comunque si può fare, ma non prendere ad esempio attempati professionisti americani (che sono il caso peggiore) non mi sembra significhi "non fidarsi"... Sto solo dicendo che non deve per forza costare un milione.
E se non deve costare 1M non deve ritornare 1M. E quindi può essere meno rischioso / più profittevole.

Ovvio che se la situazione è questa, non parliamo di una gallina dalle uova d'oro comunque :D

Se il gioco di Ron non ha venduto più del dovuto... bè, allora il genere dell'adventuro puro ad enigmi di vecchio stampo ha poche possibilità di rifiatare sul mercato...


Non mi fossilizzerei però su Thimbleweed Park come ago della bilancia... E' pur sempre un gioco in pixel art che anche solo per questo motivo si ritaglia una nicchia e tanti saluti.

IL problema è che il periodo a cui ti riferisci tu era anch'esso una fase. Le avventure non sono mai state uguali a loro stesse, sono sempre mutate e continuano a farlo. Di fatto non è esiste un vero e proprio modello di "avventura classica", a meno che quel classico non sia abbastanza "relativo".


Che piaccia o meno, community come quella di AP sono nate in risposta a una serie di giochi molto influenti usciti negli anni '90 (avventure Lucas, Gabriel Knight, Broken Sword, The Longest Journey... fino a Syberia).
Bene o male il tipo di esperienza che molti fan cercano è ancora quello.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Diduz il mercoledì 24 gennaio 2018, 19:03

Overmann ha scritto:
Poi, se non vogliamo fidarci, possiamo pure farlo, però come dicevo trovo una corrispondenza tra quello che dice lui e quel che dicono i lavoranti stessi dell'industria americana.

Eppure, persino la Daedalic ritiene che evidentemente non valga la candela... e se non ricordo male The Night of the Rabbit costò sui 500.000


E se non deve costare 1M non deve ritornare 1M. E quindi può essere meno rischioso / più profittevole.


Ah, senz'altro, però io non sottovaluterei quanto pesi l'aspetto "affaristico", dove con "affaristico" intendo un contesto in cui concili un business con la parte artistica, per attirare talenti e professionalità, e salire costantemente di livello (come facevano una LucasArts, una Sierra o una Revolution all'epoca). In fondo, il periodo d'oro delle avventure era anche un periodo in cui erano importanti in carriere canoniche nell'industria. Le avventure erano garage game PRIMA di quel periodo, intorno alla seconda metà degli anni Ottanta. Poi nei 90 erano i tripla A di allora, roba da copertina. Molti se ne sono innamorati allora perché facevano ancora tendenza, almeno fino alla seconda metà dei Novanta.
Cmq parlo di Tp perché è roba che seguo da vicino, se le avventure vogliono continuare a budget ridottissimi non ne faccio una tragedia, come ho spiegato.
Ah, rispondendo a Matthia in un post sopra: Gilbert se l'è preso il rischio, con The Cave. Non è che l'esperimento abbia generato tanto calore. Purtoppo.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 7:35

Overmann ha scritto:Sono l'unico ad avere l'impressione che gli scorsi anni siano stati un (bel) fermento, ma che abbiano lasciato poco terreno su cui edificare?


Di solito non alimento discussioni trainate da titoli intenzionalmente click-bait :D ma sarebbe stato superficiale astenersi solo per quello ed essendo nuovo di queste parti, mi andava di esprimere il mio parere.

Io ho l'impressione opposta rispetto alla tua. A volte focalizzarsi su alcuni singoli fenomeni del settore induce un po' a considerarli rappresentativi della tendenza globale, quando in realtà è più probabile che siano fuorvianti.

Al di là delle impressioni personali, quindi, vorrei condividere alcuni fatti che a mio parere dipingono uno scenario positivo e in crescita per questo genere di videogiochi, specie se li si considera parte del più esteso genere dei giochi basati sulla narrativa.

1) AdventureX, l'evento annuale sui giochi di narrativa e fortemente influenzato dai giochi di avventura, è in crescita e mi pare di aver letto che l'anno prossimo prenderanno una location più ampia perché finora sono stati costretti a mandare a casa diversi visitatori. Dagli speech come quello di Brian Moriarty ("Loom") sul suo coinvolgimento in "The Witness" al quiz sui giochi di avventura organizzato da Francisco Gonzalez ("Shardlight", "Lamplight City"), AdventureX è ormai il punto di riferimento per gli appassionati del genere ed un indizio dell'interesse ancora forte (e in crescita) nei confronti del genere.

2) Gli "Aggies", probabilmente il premio più conosciuto del settore, consegnato ogni anno da AdventureGamers.com, mostra ogni anno una maggiore ricchezza dei giochi del genere, che è stato necessario dividere in "tradizionali" e "non tradizionali" per venire incontro ad un mercato in cui l'accoppiata narrativa+puzzle è stata ultimamente approcciata dagli sviluppatori in modalità nuove e a volte sperimentali. Anche in questo caso, si nota più un aumento dell'interesse nei confronti del genere (anche da parte degli sviluppatori) che una sua riduzione.

E' particolarmente significativa la seguente recente affermazione di Jack Allin, di AdventureGamers.com:

There HAS been an absolutely insane explosion of new adventures since the start of 2016. I’ve mentioned this elsewhere, but this year’s Aggies will have DOUBLE the number of games of just a few years ago—and that’s NOT including a whole bunch of other games that many people probably wish were included.

I still say that Kickstarter had very little to do with it—in fact, Kickstarter was already a dying phenomenon by the time this sudden influx of new adventures happened. (The return of Schafer, Gilbert, Jensen et al might have indirectly inspired more developers to make their own games, but no way to gauge that.)

I chalk up the latest surge to relaxed Steam standards, better indie game tools and publishing vehicles, and the influence of a few popular subgenres churning out a bunch of clones. It’s easier than ever for indie designers to make and release games… and they are!


4) L'aumento dei software in grado di supportare la creazione di avventure grafiche ha esteso la platea di sviluppatori indipendenti interessati ad approcciare i giochi di avventura da strade diverse rispetto a ciò che i software strettamente 2D erano in grado di creare. In particolare, diversi giochi di avventura recenti che ho giocato mostrano il logone gigante di Unity e forniscono un'esperienza di gioco molto diversa da quella tradizionale. Anche in questo caso, percepisco un arricchimento (sia quantitativo che qualitativo) e non una riduzione della proposta commerciale o una carenza di nuove idee. Itch.io contiene molti bei giochi di avventura, anche corti e gratuiti.

5) Forse come parziale conseguenza di quanto descritto al punto (4), la qualità dei giochi che partecipano ad AdventureJam non accenna a diminuire, anzi... è decisamente in aumento. Peridium (fatto con Unity, peraltro) è un piccolo capolavoro ma di giochi di qualità ce ne sono tantissimi.

6) Il genere si è trasformato nel corso dei decenni, in particolare la definizione di "gioco di avventura" adesso tiene conto di giochi in cui l'aspetto narrativo gioca un ruolo più importante rispetto ai puzzle. Giochi come "Tacoma" contengono dei puzzle ma sono basati principalmente sulla perlustrazione e sulla ricostruzione di una storia. Fino a quando sono basati sull'accoppiata narrativa+puzzle vengono considerati da molti giocatori "giochi di avventura" ma è ovvio che un focus minore sugli aspetti strizza-cervello non può che estendere la platea a coloro che più che giocatori sono semplicemente persone che vogliono essere intrattenute principalmente da una buona storia. Ma anche non volendo considerare tali giochi "avventure grafiche", rimane indubbio che stiamo assistendo ad un'estensione dell'audience potenziale, perché i giochi sono più accessibili anche a chi non è mai stato un "gamer". Questa non è una novità, si tratta di un fenomeno iniziato diversi anni fa, in parte influenzato dalle scelte creative e commerciali di Telltale.

Quindi io per il momento ho evidenza di diversi fenomeni che sembrano suggerire più una crescita che uno scenario negativo, anche dal punto di vista crativo e culturale.
"Do you ever wonder if we're all just characters in a novel?"

- Guybrush Threepwood to the Lookout in "The Secret of Monkey Island"
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il giovedì 25 gennaio 2018, 11:59

Diduz ha scritto:Ah, senz'altro, però io non sottovaluterei quanto pesi l'aspetto "affaristico", dove con "affaristico" intendo un contesto in cui concili un business con la parte artistica, per attirare talenti e professionalità, e salire costantemente di livello (come facevano una LucasArts, una Sierra o una Revolution all'epoca).


Perfettamente d'accordo, infatti il problema sta nell'ambizione: al di là della tua tesi di studente di visual arts, o del tuo hobby serale, tocca appunto fare soldi per crescere e fare altri soldi. Un po' come hanno fatto i Daedalic che con Deponia si sono probabilmente finanziati tutta la loro produzione, senza però poi trovare un altra leva commerciale.

Il punto secondo me non è però se le ag possono essere profittevoli, quanto piuttosto quanto possono esserlo rispetto ad altri generi. Facendo un paio di analisi è facile accorgersi che, anche senza toccare outlier come Life is Strange, un walking simulator attira più persone.

Nel dubbio, quindi, togli i puzzle e via. Per fare qualcosa di più coraggioso serve una passione molto forte per il genere, che a volte vacilla anche fra gli appassionati, aperti a finanziare ciofeche come Dear Esther 8)

Ah, rispondendo a Matthia in un post sopra: Gilbert se l'è preso il rischio, con The Cave. Non è che l'esperimento abbia generato tanto calore. Purtoppo.


Infatti a me The Cave era piaciuto, però forse era troppo rischioso per l'ibridazione del sistema di controllo. Non credo abbia venduto così male, o sbaglio?

LowLevel ha scritto:Al di là delle impressioni personali, quindi, vorrei condividere alcuni fatti che a mio parere dipingono uno scenario positivo e in crescita per questo genere di videogiochi, specie se li si considera parte del più esteso genere dei giochi basati sulla narrativa.

There HAS been an absolutely insane explosion of new adventures since the start of 2016. I’ve mentioned this elsewhere, but this year’s Aggies will have DOUBLE the number of games of just a few years ago—and that’s NOT including a whole bunch of other games that many people probably wish were included.



Ottimo post, e parto da qui per dire che proprio l'anno scorso riportai questi dati in un altro topic, e mi rispose Louise col suo tipico cinismo dicendo che non conta solo quanti giochi escono.
Io ero in un periodo relativamente positivo - come dicevo in apertura negli ultimi anni sono successe molte cose per gli amanti del p&c e si poteva pensare a una "rinascita" del genere tradizionale - tuttavia non potei che pensare che avesse una gran ragione.

Infatti andando a vedere gli award di cui parli la sezione "traditional" è sempre più in crisi, con giochi discreti che lottano in una gabbia di polli (Silence, Anna's Quest, Broken Age, Stasis sarebbero "i capolavori"?), oppure con contest in cui non c'è proprio gara (chissà chi vincerà quest'anno :lol: ).

Il discorso che fai tu è molto più generico e relativo agli indie game, non è che la continuazione di quel mondo di shovelware che si aveva quando lanciarono l'app store o ai tempi di Xbox Indie Games, periodo secondo me esemplare per verificare la differenza di qualità fra le produzione totalmente amatoriali (indie) e quelle low-budget ma prodotte con criterio (XBLA). Oggi quest'ultima categoria è più o meno scomparsa, grazie a crowdfunding e all'accessibilità dei tool di sviluppo è molto più semplice buttarsi nella "giungla" degli indie.

Ovvio che date queste condizioni (per farla facile cani e porci possono pubblicare su Steam, tesisti di tutto il mondo fatevi avanti :lol: ) la quantità non sia un problema.

6) Il genere si è trasformato nel corso dei decenni, in particolare la definizione di "gioco di avventura" adesso tiene conto di giochi in cui l'aspetto narrativo gioca un ruolo più importante rispetto ai puzzle.


Il mio scopo non era certo quello di trasformare il topic nell'ennesima diatriba di "cosa intendiamo per avventura tradizionale", ma in fondo è un sub-topic inevitabile.

Con l'esplosione degli indie game e quindi l'abbattimento delle barriere creative, abbiamo assistito a un gran fermento di quelli che sono i narrative game, che derivano però molto più dalle visual novel di quanto non arrivino dai p&c; infatti in un gioco come Dear Esther (capostipite del Male) quello che conta per il successo è la qualità (presunta) delle poesie recitate, non certo i puzzle.
Gli stessi giochi Telltale da TWD in avanti, e quindi anche Life is Strange, incentrano il gameplay sul narrato - cioè assistere a dialoghi e magari fare scelte poco influenti.

Tutta roba che già esisteva nelle sue nicchie, ma che ora è stata presa e perfezionata e per carità è un bene. Il problema è che i giochi che AG ritiene "non tradizionali" - penso a The Last Guardian, Talos Principle, Her Story, non solo alle VN - hanno un gameplay molto diverso rispetto a quelle delle avventure "tradizionali" e per molti giocatori quelle non sono avventure grafiche.

Inutile farsi le pippe da creativi, sono così distanti dalle origini che stanno in un'altra categoria. Siamo a uno sputo dall'inserire Tomb Raider "se metti livello di difficoltà minimo".

La domanda quindi diventa: quanto dobbiamo allontanarci oggi dalla tradizione per trovare qualità?

Per molti la risposta è, semplicemente, "troppo".
E nè io nè, ad esempio, Experience86 siamo giocatori chiusi di mente. Io gioco di tutto. Ma se voglio un'ag non gioco The Last Guardian e nemmeno Life is Strange.

5) Forse come parziale conseguenza di quanto descritto al punto (4), la qualità dei giochi che partecipano ad AdventureJam non accenna a diminuire, anzi... è decisamente in aumento. Peridium (fatto con Unity, peraltro) è un piccolo capolavoro ma di giochi di qualità ce ne sono tantissimi.


Non metto in dubbio che nicchie come i giochi Wadjet, o ancora più in basso il contest che citi tu, assieme all'Indie Game Maker o alla comunità di Adventure Game Studio, siano prosperi e continuino a prosperare.
Magari ci sono anche autentiche perle gratuite.
Ma è il festival dello shovelware e io non ho tempo di filtrare quella roba.
Quelle non sono neanche nicchie per appassionati, sono demo per developer, gente che si fa i giochi a vicenda, diciamo così :lol:

Non chiedo la qualità di produzione di un AAA, ma definire gioco qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, rilasciata solo per Windows che non sai neanche se ti parte, ecco, non è commercializzabile.

Quando mi riferisco a tanto fermento, negli ultimi anni, metto un'asticella sulla qualità. Giochi come Stasis non mi hanno fatto impazzire, ma almeno hanno un buon livello di produzione e sono arrivati da me senza doverli cercare col lanternino nelle community di developer.

Praticamente per chi cerca un'esperienza da avventura grafica, nel 2018, i consigli sono: 1) giocati un walking simulator o una visual novel e 2) giocati qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, fatta da mio cugino nel tempo libero.

La mia speranza negli ultimi anni era invece che, come hanno preso e perfezionato le visual novel, prendessero e perfezionassero anche le ag, cosa che tutto sommato non mi pare sia successa. Abbiamo avuto buoni titoli (ben pochi ottimi), ma ora le uscite, di qualità e con un gameplay consono, scarseggiano.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda asterix777 il giovedì 25 gennaio 2018, 12:14

LowLevel ha scritto:Fino a quando sono basati sull'accoppiata narrativa+puzzle vengono considerati da molti giocatori "giochi di avventura" ma è ovvio che un focus minore sugli aspetti strizza-cervello non può che estendere la platea a coloro che più che giocatori sono semplicemente persone che vogliono essere intrattenute principalmente da una buona storia. Ma anche non volendo considerare tali giochi "avventure grafiche", rimane indubbio che stiamo assistendo ad un'estensione dell'audience potenziale, perché i giochi sono più accessibili anche a chi non è mai stato un "gamer". Questa non è una novità, si tratta di un fenomeno iniziato diversi anni fa, in parte influenzato dalle scelte creative e commerciali di Telltale.

Quindi io per il momento ho evidenza di diversi fenomeni che sembrano suggerire più una crescita che uno scenario negativo, anche dal punto di vista crativo e culturale.

E' un'osservazione tuttavia di tipo globale, rivolta al mercato ad ampio spettro e - si potrebbe dire - di tipo sociologico, tendente a definire l'identikit del giocatore di oggi.
Se però parliamo di ampliamento della platea in favore di quelli che normalmente gamers non sono, riferendoci a titoli che a livello di gameplay offrono molto poco, dovremmo domandarci se quella stessa platea di giocatori non si stia arricchendo anche di non-giocatori, ossia meri 'esploratori' in titoli che non concedono alcun livello di sfida.
Ma allora... a che gioco giochiamo?
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 12:55

Overmann ha scritto:La mia speranza negli ultimi anni era invece che, come hanno preso e perfezionato le visual novel, prendessero e perfezionassero anche le ag, cosa che tutto sommato non mi pare sia successa. Abbiamo avuto buoni titoli (ben pochi ottimi), ma ora le uscite, di qualità e con un gameplay consono, scarseggiano.


Sì, capisco quello che dici e concordo con te che il discorso è fortemente legato alle definizioni di etichette e generi, da cui spesso non se ne esce fuori.

Più si considerano "avventure grafiche" quei giochi punta-e-clicca che tradizionalmente sono stati considerati tali (es: "The Secret of Monkey Island", tanto per citarne uno storico e popolare), più bisogna convenire che un "perfezionamento" non sia avvenuto.

...tuttavia avanzo l'ipotesi che a volte i tentativi di "perfezionamento" (a prescindere da quanto abbiano avuto successo o meno) implichino cambiamenti che inevitabilmente introducono caratteristiche troppo dissimili per essere considerate lo stesso genere.

Per esempio, certe pubblicità dei primi punta-e-clicca mettevano in primo piano il fatto che "non c'era bisogno di scrivere niente", perché tutto era a portata di click, presentando dunque l'interfaccia grafica ed il mouse come una positiva comodità che "perfezionava" le interfacce testuali tipica dei giochi come "Zork". Cambiando le interfacce, il design dei giochi ha richiesto nuovi approcci e pertanto il gameplay delle avventure grafiche punta-e-clicca si è allontanato sempre di più dal gameplay delle avventure testuali, dopo una fase di transizione caratterizzata da elementi "ibridi". Direi che ciò è avvenuto inevitabilmente.

Adesso il mio dubbio è: in che modo sarebbe stato possibile tentare di "perfezionare" le avventure testuali senza rischiare di trasformarle in qualcosa percepito dai giocatori come un genere diverso? E in un mondo di nuove interfacce (3D e touch screen, più VR quando si diffonderà di più), in che modo sarebbe possibile "perfezionare" le avventure punta-e-clicca senza trasformarle in qualcosa percepito come un genere diverso?

Personalmente convengo con Ron Gilbert, quando dice che c'è già stata un'evoluzione dei giochi di avventura ma non dei punta-e-clicca. Il che mi pare abbastanza logico, perché nel momento in cui si cambia l'interfaccia è facile essere costretti a cambiare i criteri di design del gioco.

Io tutto sommato sono soddisfatto fino a quando esiste il connubio narrativa+puzzle, prescindendo sia dalle interfacce sia dalle percentuale con cui questi due elementi contribuiscono al gioco, ma posso capire perché per altri giocatori queste due caratteristiche non siano sufficienti per essere appagati.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 13:12

asterix777 ha scritto:Se però parliamo di ampliamento della platea in favore di quelli che normalmente gamers non sono, riferendoci a titoli che a livello di gameplay offrono molto poco, dovremmo domandarci se quella stessa platea di giocatori non si stia arricchendo anche di non-giocatori, ossia meri 'esploratori' in titoli che non concedono alcun livello di sfida.
Ma allora... a che gioco giochiamo?


Osservazione giustissima e la mia personale risposta all'ultima domanda (retorica) è: potrebbe non essere più un gioco ma semplicemente una forma di intrattenimento.

Chi è già un giocatore appassionato potrebbe vedere in questo fenomeno una sorta di "inquinamento/invasione culturale" mentre i nuovi utenti dalle pretese più semplici possono considerare "gioco" anche cercare forme nelle nuvole. :)

Io penso di aver osservato una maggiore presenza della tipologia di giocatori a cui non interessa necessariamente una sfida ma solo essere intrattenuti in un modo che trovano piacevole. Quando le aziende si sono rese conto dell'esistenza di questa tipologia di (li chiamo per ciò che sono) clienti, sono andate incontro alle loro esigenze per normali ragioni di mercato, sviluppando titoli più compatibili con le caratteristiche di quell'utenza.

L'aspetto interessante è che di questo nuovo fenomeno e della nuova tipologia di "giochi" che sono stati creati, ne ho beneficiato anche io, perché alla fine il "parco divertimenti" da cui posso attingere oggi è più ampio rispetto al passato. Oltre alle avventure "classiche", piene di puzzle sfidanti, adesso posso giocare anche giochi più basati sulla narrativa e meno sui puzzle, che mi interessano comunque. Quindi non ho perso niente (perché le avventure tradizionali non hanno subito un calo, a mio parere nemmeno di qualità percepita) e ho ottenuto opportunità in più (con "giochi" che fino ad alcuni anni fa non esistevano).
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il giovedì 25 gennaio 2018, 13:23

Io non ne faccio una questione di interfaccia, e i PnC sono già evoluti come sono evoluti tutti i generi degli anni '90.

Ad esempio negli anni '90 avevamo action/shooter con molte più orde di nemici (spesso infinite), molte armi, medikit, pochi punti di salvataggio ecc. Oggi i giochi d'azione hanno comunque un elemento esplorativo più forte (post-HalfLife), meno nemici, due armi alla volta, salvataggio automatico ogni due minuti e cura automatica della salute.

Le avventure grafiche avevano labirinti con dead end, possibilità di morire, salvataggio manuale, puzzle punitivi per cui rimanevi bloccato giorni (e magari per sempre senza soluzione in mano), ecc. Oggi hanno un livello di difficoltà mediamente più basso (tanto la soluzione è online), salvano in automatico, in generale sono meno punitive, ci sono hint system o evidenziatori di hotspot ecc.

Insomma il genere è evoluto eccome, pur mantenendosi nei propri ranghi, come del resto gli action/shooter.

Ma se fai un'altra cosa, fai un'altra cosa.

In quel post Gilbert dice: "I could make changes like no verb UI, different look, but I think there is something deeper that is turning people off, and it’s probably the puzzle logic, which is the foundation of what I like about PnC games."

Ossia ammette che il problema sono i puzzle.
D'altronde, altri generi che hanno eliminato i puzzle sono gli horror (ricordate i veri survival horror? avevano talmente tanti puzzle che venivano recensiti su AP) e gli action-adventure (Tomb Raider nelle sue accezioni moderne è uno shooter, praticamente).

Tuttavia, come dico da anni, non capisco perchè: i puzzle game vendono eccome. Un tempo facevo l'esempio di Layton, oggi potrei prendere Talos Principe. O The Witness.

Ciò che fa esaltare i fan del p&c come Gilbert, me e molti altri è la "puzzle logic" unita a narrato ed esplorazione, che poi definisce il genere. Questo genere ha, da molti anni, creato due strade: da un lato narrato esplorativo (walking simulator e visual novel) dall'altro esperienze centrate sui puzzle. I tentativi di "riunificarle" fatti in questi anni con aggiustamenti, remake, indie game, ecc ecc ha portato a successi commerciali modesti, con pochissime eccezioni come Deponia.


L'aspetto interessante è che di questo nuovo fenomeno e della nuova tipologia di "giochi" che sono stati creati, ne ho beneficiato anche io, perché alla fine il "parco divertimenti" da cui posso attingere oggi è più ampio rispetto al passato.


Sono d'accordo, non c'è dubbio, essendo generi simili attirano anche me. Tuttavia sono abbastanza diversi da farmi essere più esigente, mentre magari riesco a trovare "godibile" Anna's Quest, posso trovare molto deludente un walking simulator discreto.
E più mi togli puzzle e interazione, più mi annoio. Quindi da un lato posso trovare nuovi giochi in questo parco divertimenti, da un altro vengo attirato un po' truffaldinamento verso un genere che non è il mio, perchè non è sempre chiaro quale sia il livello di interazione e a volte è davvero basso.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 13:57

Overmann ha scritto:Ciò che fa esaltare i fan del p&c come Gilbert, me e molti altri è la "puzzle logic" unita a narrato ed esplorazione, che poi definisce il genere. Questo genere ha, da molti anni, creato due strade: da un lato narrato esplorativo (walking simulator e visual novel) dall'altro esperienze centrate sui puzzle. I tentativi di "riunificarle" fatti in questi anni con aggiustamenti, remake, indie game, ecc ecc ha portato a successi commerciali modesti, con pochissime eccezioni come Deponia.


La mia ipotesi, assolutamente non supportata da alcun dato, è che sia difficile trovare una platea di persone interessate ad entrambe quelle due caratteristiche: storia e puzzle. Forse noi siamo troppo abituati a questo mix da non ipotizzare che esso sia poco compatibile o poco "naturale": da un lato un racconto e dall'altro un continuo test delle capacità razionali del giocatore, con la conseguenza che la gente cerca walkthrough perché tutto sommato il loro obiettivo è proseguire, non risolvere da sé il puzzle.

Io risolvo i puzzle di un gioco di avventura punta-e-clicca perché voglio scoprire come continua la storia e per quanto essi siano bene integrati nella narrativa e supportino il prosieguo degli eventi, rimangono ostacoli che voglio superare perché il mio obiettivo principale è vedere che succede poi. Questo non significa che io non li apprezzi, anzi... però ho sempre avuto questa sensazione che l'accoppiata sia "strana".

Di contro, acquisto giochi di puzzle "puri" e super-difficili, privi di storia o in cui la storia è un elemento secondario. E siccome in quel contesto il mio obiettivo è quello di dimostrare di essere intelligente (diventando competitivo anche nei confronti di altri giocatori) francamente la presenza di una storia potrei percepirla come un elemento estraneo e distraente dai miei obiettivi.

Quindi sì, i giochi di puzzle vendono, ma magari la platea interessata ai giochi di avventura punta-e-clicca non è la stessa che compra i giochi di puzzle.

Boh. Sono ipotesi. :D
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda experience86 il giovedì 25 gennaio 2018, 14:18

In mezzo a tutti discorsi voglio legarmi solo alla questione dei puzzle visti come problematica attuale del genere (anche perché avete sparato duemila cose e a na certa mi sono rimbambito).

Io penso che il problema dei puzzle possa derivare da due motivi:

1- Difficoltà nella realizzazione, come discusso in precedenza. Aggiungo che un game design complesso finisce per costare molto in termini di tempo e quindi sì, alla fine pesa sui guadagni non elevati che un'ag classica promette;

2- Impoverimento intellettuale del videogiocatore medio. Attenzione, con questo punto non voglio sostenere che i nostri ragazzi siano scemi, ma semplicemente che il mercato li abbia gradualmente disabituati alle sfide impegnative. I titoli AAA di genere avventuroso contengono spesso enigmi, ma questi sono talmente pilotati da interfaccia e suggerimenti che spesso si risolvono da soli. Il giocatore ha l'illusione di risolverli, ma in sostanza sta facendo quello che gli suggerisce il personaggio principale... e non parlo di "forse bisogna inserire un codice", ma piuttosto di "probabilmente bisogna inserire la data di nascita del procione che ho letto prima nel libro e che ora ho annotato dentro un comodo diario che mi porto dietro". Come ha intuito Overmann dalle mie parole io sono un giocatore che spazia moltissimo, soprattutto su PS4 sono il nerd per eccellenza, e spesso mi sento quasi offeso da quanto i giochi attuali non mi lascino spazio per ragionare (entri in una stanza piena di leve, dieci secondi dopo il protagonista ti dice come devi tirarle).
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il giovedì 25 gennaio 2018, 14:24

Overmann ha scritto:
IL problema è che il periodo a cui ti riferisci tu era anch'esso una fase. Le avventure non sono mai state uguali a loro stesse, sono sempre mutate e continuano a farlo. Di fatto non è esiste un vero e proprio modello di "avventura classica", a meno che quel classico non sia abbastanza "relativo".


Che piaccia o meno, community come quella di AP sono nate in risposta a una serie di giochi molto influenti usciti negli anni '90 (avventure Lucas, Gabriel Knight, Broken Sword, The Longest Journey... fino a Syberia).
Bene o male il tipo di esperienza che molti fan cercano è ancora quello.


Overmann ha scritto:Non metto in dubbio che nicchie come i giochi Wadjet, o ancora più in basso il contest che citi tu, assieme all'Indie Game Maker o alla comunità di Adventure Game Studio, siano prosperi e continuino a prosperare.
Magari ci sono anche autentiche perle gratuite.
Ma è il festival dello shovelware e io non ho tempo di filtrare quella roba.
Quelle non sono neanche nicchie per appassionati, sono demo per developer, gente che si fa i giochi a vicenda, diciamo così :lol:

Non chiedo la qualità di produzione di un AAA, ma definire gioco qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, rilasciata solo per Windows che non sai neanche se ti parte, ecco, non è commercializzabile.

Quando mi riferisco a tanto fermento, negli ultimi anni, metto un'asticella sulla qualità. Giochi come Stasis non mi hanno fatto impazzire, ma almeno hanno un buon livello di produzione e sono arrivati da me senza doverli cercare col lanternino nelle community di developer.

Praticamente per chi cerca un'esperienza da avventura grafica, nel 2018, i consigli sono: 1) giocati un walking simulator o una visual novel e 2) giocati qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, fatta da mio cugino nel tempo libero.

La mia speranza negli ultimi anni era invece che, come hanno preso e perfezionato le visual novel, prendessero e perfezionassero anche le ag, cosa che tutto sommato non mi pare sia successa. Abbiamo avuto buoni titoli (ben pochi ottimi), ma ora le uscite, di qualità e con un gameplay consono, scarseggiano.



Questo rinforza la mia idea che si tratti più di un problema tuo che "del genere". Capisco il fatto di voler ricercare quelle determinate caratteristiche sempre precise e immutabili (anche se immutabili non lo sono state mai, a dispetto della genesi di AP), ma bisogna anche capire che, alcune opere, rimangono legate ad un periodo ben preciso.

È un po' come un appassionato di cinema che si lamenta che non si fanno più film Noir come quelli degli anni 40, o degli spaghetti Western anni 70. Logicamente oggi non si fanno più film esattamente come quelli, ma questo non significa che essi non possano essere generi ancora vivi o comunque mutuati in qualche cosa di diverso!
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il giovedì 25 gennaio 2018, 14:29

experience86 ha scritto:In mezzo a tutti discorsi voglio legarmi solo alla questione dei puzzle visti come problematica attuale del genere (anche perché avete sparato duemila cose e a na certa mi sono rimbambito).

Io penso che il problema dei puzzle possa derivare da due motivi:

1- Difficoltà nella realizzazione, come discusso in precedenza. Aggiungo che un game design complesso finisce per costare molto in termini di tempo e quindi sì, alla fine pesa sui guadagni non elevati che un'ag classica promette;

2- Impoverimento intellettuale del videogiocatore medio. Attenzione, con questo punto non voglio sostenere che i nostri ragazzi siano scemi, ma semplicemente che il mercato li abbia gradualmente disabituati alle sfide impegnative. I titoli AAA di genere avventuroso contengono spesso enigmi, ma questi sono talmente pilotati da interfaccia e suggerimenti che spesso si risolvono da soli. Il giocatore ha l'illusione di risolverli, ma in sostanza sta facendo quello che gli suggerisce il personaggio principale... e non parlo di "forse bisogna inserire un codice", ma piuttosto di "probabilmente bisogna inserire la data di nascita del procione che ho letto prima nel libro e che ora ho annotato dentro un comodo diario che mi porto dietro". Come ha intuito Overmann dalle mie parole io sono un giocatore che spazia moltissimo, soprattutto su PS4 sono il nerd per eccellenza, e spesso mi sento quasi offeso da quanto i giochi attuali non mi lascino spazio per ragionare (entri in una stanza piena di leve, dieci secondi dopo il protagonista ti dice come devi tirarle).


3- Ci si è resi conto che infilare puzzle in una storia alle volte può suonare forzato e distruggere la storia stessa.

Con questo non voglio dire che non bisogna più fare puzzle, si possono ancora fare e incastrare in una storia senza snaturarla, ma il rischio è anche quello di concentrarsi troppo sui gli enigmi tanto da distruggere la trama stessa.

Lo sai quali sono le critiche che più vengono mosse contro Grim Fandango oggi?
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda experience86 il giovedì 25 gennaio 2018, 14:42

Neo-Geo ha scritto:3- Ci si è resi conto che infilare puzzle in una storia alle volte può suonare forzato e distruggere la storia stessa.

Con questo non voglio dire che non bisogna più fare puzzle, si possono ancora fare e incastrare in una storia senza snaturarla, ma il rischio è anche quello di concentrarsi troppo sui gli enigmi tanto da distruggere la trama stessa.

Lo sai quali sono le critiche che più vengono mosse contro Grim Fandango oggi?


Le rivisitazioni storiche sono quanto di più inutile possa immaginare, onestamente, quindi non lo so e anche se lo sapessi lo prenderei sul ridere. Grim Fandango è stata un'ag che ha provato a uscire dai canoni, ha diviso il pubblico allora e lo dividerà sempre. Intanto però all'annuncio della remastered c'è stata la standing ovation, non la faranno di certo quando annunceranno The Wolf Among Us Season 2.

Poi come dici tu stesso A VOLTE rischiano di rompere le scatole alla storia, se li fai bene sono un contributo al quale io non voglio rinunciare. Non sto nemmeno riferendomi solo all'uso dell'inventario, ci sono stati tentativi lodevoli anche senza oggetti. Vedi Discworld Noir col sistema dei concetti, ripreso solo dalla serie Blackwell; vedi L.A.Noire, che se avesse avuto un briciolo di coraggio in più sulla difficoltà degli enigmi sarebbe stato un capolavoro.
POI possiamo anche parlare di quelli basati sull'inventario: i giochi Daedalic sono sempre stati ottimi sotto quel punto di vista, compreso lo sfortunato A New Beginning (dove successe il contrario, enigmi buoni e storia così così).

Sono esempi della possibilità di fare ancora buone ag punta&clicca, dove tutto funziona e dove di certo non mi è mai venuto in mente di lamentarmi degli ostacoli del gioco, anzi. Con The Night of the Rabbit ci sono stati giorni interi in cui non sono riuscito a proseguire e ho goduto come un riccio (quando poi trovavo la soluzione, soprattutto).

Solo che al momento sembra che l'impegno per integrare tutti questi aspetti lo stiano mettendo solo gli indie, di studi professionali che ancora ne fanno un cavallo di battaglia non se ne vedono.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 15:07

Overmann ha scritto:Praticamente per chi cerca un'esperienza da avventura grafica, nel 2018, i consigli sono: 1) giocati un walking simulator o una visual novel e 2) giocati qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, fatta da mio cugino nel tempo libero.


Riprendo questa tua affermazione perché l'ho trovata interessante e ho voluto fare un esercizio e vedere effettivamente quante delle avventure che ho giocato negli ultimi mesi corrispondono alla definizione tradizionale di "avventura punta-e-clicca".

Non sono uscite tutte nel 2017, ma sono comunque molto recenti. Metto in cima quella che artisticamente mi ha colpito maggiormente:

  • Milkmaid of the Milky Way
  • The Darkside Detective
  • Thimbleweed Park
  • Four Last Things
  • Kathy Rain
  • Kelvin and the Infamous Machine
  • Nelly Cootalot: The Fowl Fleet
  • Duke Grabowski, Mighty Swashbuckler

Ho tralasciato i titoli troppo corti, non perché io non li abbia trovati belli (es: "All You Can Eat") ma perché forse in questo contesto era più sensato supportare la mia opinione con titoli più corposi.

Alla luce di questi titoli, che ritengo di qualità ad accezione dell'ultimo, non convengo con la tua opinione che non sia oggi possibile trovare giochi di avventura tradizionale di qualità fino al punto da essere costretti a ripiegare su "walking simulators" o giochi/demo indie molto corti.

A me pare di aver avuto a disposizione una discreta scelta. E se abbandono un minimo la rigidità delle definizioni dei generi, la scelta aumenta ancora, mantenendo la qualità buona.
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