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2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Il mondo delle Avventure Grafiche, dalle origini sino ai giorni nostri.

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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il giovedì 25 gennaio 2018, 15:18

LowLevel ha scritto:
Overmann ha scritto:Praticamente per chi cerca un'esperienza da avventura grafica, nel 2018, i consigli sono: 1) giocati un walking simulator o una visual novel e 2) giocati qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, fatta da mio cugino nel tempo libero.


Riprendo questa tua affermazione perché l'ho trovata interessante e ho voluto fare un esercizio e vedere effettivamente quante delle avventure che ho giocato negli ultimi mesi corrispondono alla definizione tradizionale di "avventura punta-e-clicca".

Non sono uscite tutte nel 2017, ma sono comunque molto recenti. Metto in cima quella che artisticamente mi ha colpito maggiormente:

  • Milkmaid of the Milky Way
  • The Darkside Detective
  • Thimbleweed Park
  • Four Last Things
  • Kathy Rain
  • Kelvin and the Infamous Machine
  • Nelly Cootalot: The Fowl Fleet
  • Duke Grabowski, Mighty Swashbuckler

Ho tralasciato i titoli troppo corti, non perché io non li abbia trovati belli (es: "All You Can Eat") ma perché forse in questo contesto era più sensato supportare la mia opinione con titoli più corposi.

Alla luce di questi titoli, che ritengo di qualità ad accezione dell'ultimo, non convengo con la tua opinione che non sia oggi possibile trovare giochi di avventura tradizionale di qualità fino al punto da essere costretti a ripiegare su "walking simulators" o giochi/demo indie molto corti.

A me pare di aver avuto a disposizione una discreta scelta. E se abbandono un minimo la rigidità delle definizioni dei generi, la scelta aumenta ancora, mantenendo la qualità buona.



Da aggiungere:

Cayne
Memoranda
The Wardrobe
Paradigm
Franz Kafka
Chronicle of Innsmouth
A Tale of Chaos
All you Can eat
Under that rain
Paul Pixel Awakening
Tiny Echo
The Christopher' School Lockdown
Rogue Quest: The Vault of the Lost Tyrant
BELPAESE:Homecoming
The Inner World - The Last Wind Monk

Solo per rimanere nell'ambito del 2017.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il giovedì 25 gennaio 2018, 15:22

Nell'ambito del 2016 invece:

Order of the Thorne
Agatha Christie: A.B.C. Muders
Deponia Doomsday
The Interactive Adventure of Dog Mendoça & Pizza Boy
Shardlight
Nelly Cootalot: The Fowl Fleet
Samorost 3
The Last Door Season 2
Kathy Rain
Désiré
Kelvin and the Infamous Machine
Barrow Hill the Dark Path
Duke Grabowski, Mighty Swashbuckler!
Yesterday Origins
Tales
Little Briar Rose
Little Acre
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il giovedì 25 gennaio 2018, 16:14

Dei 23 titoli citati relativi all'anno scorso, ne conosco 11, e alcuni quasi solo di nome.
8 di questi non hanno nemmeno la scheda su AP.
Almeno 11 di questi durano meno di tre ore.

Se le ag sono diventate una cosa tra developer e giornalisti del settore ditemelo eh :lol: io non sono il più sprovveduto degli utenti ma nemmeno ho tempo di fare la caccia alle streghe, né tantomeno di giocare ogni "cosa" che esce, né ho voglia di fare da beta tester per gli studenti in tesi.

Se mi metto a giocarli, qual è la probabilità che mi soddisfino? Perchè io è questa la domanda che mi faccio prima di comprare. E non è che non abbia mai giocato un indie, anzi.

Ora ovviamente il problema sono io che non mi informo abbastanza e che pretendo i puzzle negli adventure :roll:

Detto questo, la mia tesi non è che non siano usciti p&c e non ve ne siano in uscita. Ma ovviamente mi metto a piazzare un'asticella sul livello di produzione: c'era un tempo in cui un gioco senza doppiaggio non veniva comprato, e uno di due ore si chiamava demo.

Per farvi capire quant'è dispersivo il mercato, ci sono titoli che sono sfuggiti anche a voi: penso a Bear with me, ad esempio, o per mettere le mani avanti nel 2018, The Long Reach, Ira, Harold Halibut, sperando che escano, perchè sono interessanti. Ma restano titoli figli di un mercato talmente in bilico che hanno fallito il kickstarter e "sono andati avanti lo stesso" (un controsenso, ma ne sono felice). Il problema è anche commerciale.

Ci si è resi conto che infilare puzzle in una storia alle volte può suonare forzato e distruggere la storia stessa.


Bisogna considerare che questa dei puzzle e della complessità delle meccaniche è vera anche per altri generi.
Blockbuster come Resident Evil, Zelda o Tomb Raider avevano puzzle eccome... Pochi anni fa mi sono messo a rigiocare il primo RE e mi sono bloccato nelle prime fasi di gioco!

Si può dire che in questi giochi i puzzle erano di mezzo? O hanno venduto milionate di copie proprio perchè la gente apprezzava anche quelli?

Negli anni '90 c'erano meccaniche eccellenti, anche nel mondo action/rpg si trovavano cose che oggi ci sognamo, semplicemente perchè fa comodo togliere il gameplay dalla scena. Non penso infatti che gli utenti odino i puzzle, piuttosto sopportano anche senza, sono un elemento che, se lo togli, risparmi un sacco e danneggi poco le vendite (evidentemente).

Oggi il "giocatore" va avanti teleguidato, non si chiede nemmeno cosa deve fare. E' un non-giocatore. Per me c'era un limite da non superare, e lo stanno superando; in questi giorni sto giocando Rise of the Tomb Raider ed è un simulatore di esplorando la montagna innevata. So fun.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il giovedì 25 gennaio 2018, 16:27

Overmann ha scritto:Ora ovviamente il problema sono io che non mi informo abbastanza e che pretendo i puzzle negli adventure :roll:


Qua temo di non seguirti. Tutti i titoli che ho elencato sono giochi di avventura punta-e-clicca tradizionali che contengono tanti puzzle, come il genere prevede.

Se teniamo conto che ritengo i titoli di qualità (tranne l'ultimo della mia lista) e che si tratta solo di quelli che ho giocato io e non di tutti quelli di qualità che sono usciti, in che modo questo scenario supporterebbe la tesi che tale tipologia di giochi non esista più e costringa me a giocare altre tipologie di giochi?

Aggiungo anche che le mie fonti di informazioni sono molto comuni: AdventureGamers, che probabilmente è il sito più grande del settore assieme a Gameboomes, e ogni tanto le raccomandazioni di Steam. Andare a perlustrare anche i siti di giochi indie è un mio interesse, non una necessità.

Convengo sul fatto che la produzione attuale forse propone giochi un po' più corti rispetto a quelli della "golden age", ma non trovo riscontro alla tesi che tali tipologie di giochi non esistano più e che ci costringano a giocare ad altro.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Neo-Geo il giovedì 25 gennaio 2018, 17:48

Overmann ha scritto:Dei 23 titoli citati relativi all'anno scorso, ne conosco 11, e alcuni quasi solo di nome.
8 di questi non hanno nemmeno la scheda su AP.
Almeno 11 di questi durano meno di tre ore.

Se le ag sono diventate una cosa tra developer e giornalisti del settore ditemelo eh :lol: io non sono il più sprovveduto degli utenti ma nemmeno ho tempo di fare la caccia alle streghe, né tantomeno di giocare ogni "cosa" che esce, né ho voglia di fare da beta tester per gli studenti in tesi.

Se mi metto a giocarli, qual è la probabilità che mi soddisfino? Perchè io è questa la domanda che mi faccio prima di comprare. E non è che non abbia mai giocato un indie, anzi.

Ora ovviamente il problema sono io che non mi informo abbastanza e che pretendo i puzzle negli adventure :roll:


Beh adesso, stai facendo tutto un po' tu. Se i giochi escono e tu non lo sai non è certo colpa di chi i giochi li fa uscire (almeno non a questo livello)! :D

Conta che non è che io abbia canali privilegiati (non sono un giornalista) e queste liste me le sono fatte da me. Basta solo stare attenti a quello che esce e seguire un po' la scena per capire cosa offre il mercato.

Ma comunque, certo che stiamo parlando di una nicchia, ma da quanti anni è che le Avventure sono una nicchia? Direi almeno una ventina. La differenza è che adesso l'offerta si è ampliata, abbiamo più studi piccoli che fanno più giochi, anche piccoli, quindi, come dici anche tu, è tutto più dispersivo.

Detto questo, la mia tesi non è che non siano usciti p&c e non ve ne siano in uscita. Ma ovviamente mi metto a piazzare un'asticella sul livello di produzione: c'era un tempo in cui un gioco senza doppiaggio non veniva comprato, e uno di due ore si chiamava demo.


Eh non so che dirti, è il mondo ad essere cambiato, non l'ho voluto io. Certo che anche io ho nostalgia di quando compravo le avventure in edicola, o di quando leggevo sulle riviste le recensioni (e anche le soluzioni prima di comprare il gioco), provavo le demo, mi trovavo davanti determinati puzzle ecc...

Il livelli di produzione sono cambiati? Eh probabilmente sì, ma siamo davanti anche ad un mercato, un utenza e un mondo completamente diverso da quello degli anni 90 e inizio 2000.

Per quanto riguarda la longevità, ci sarebbe un discorso molto ampio da aprire in merito che adesso lascerei da parte.


Per farvi capire quant'è dispersivo il mercato, ci sono titoli che sono sfuggiti anche a voi: penso a Bear with me, ad esempio, o per mettere le mani avanti nel 2018, The Long Reach, Ira, Harold Halibut, sperando che escano, perchè sono interessanti. Ma restano titoli figli di un mercato talmente in bilico che hanno fallito il kickstarter e "sono andati avanti lo stesso" (un controsenso, ma ne sono felice). Il problema è anche commerciale.


A me non sono sfuggiti, semplicemente nel video ho dovuto mettere quelli più attesi e quindi quelli che potranno fare "più rumore".

Ci si è resi conto che infilare puzzle in una storia alle volte può suonare forzato e distruggere la storia stessa.


Bisogna considerare che questa dei puzzle e della complessità delle meccaniche è vera anche per altri generi.
Blockbuster come Resident Evil, Zelda o Tomb Raider avevano puzzle eccome... Pochi anni fa mi sono messo a rigiocare il primo RE e mi sono bloccato nelle prime fasi di gioco!

Si può dire che in questi giochi i puzzle erano di mezzo? O hanno venduto milionate di copie proprio perchè la gente apprezzava anche quelli?

Negli anni '90 c'erano meccaniche eccellenti, anche nel mondo action/rpg si trovavano cose che oggi ci sognamo, semplicemente perchè fa comodo togliere il gameplay dalla scena. Non penso infatti che gli utenti odino i puzzle, piuttosto sopportano anche senza, sono un elemento che, se lo togli, risparmi un sacco e danneggi poco le vendite (evidentemente).

Oggi il "giocatore" va avanti teleguidato, non si chiede nemmeno cosa deve fare. E' un non-giocatore. Per me c'era un limite da non superare, e lo stanno superando; in questi giorni sto giocando Rise of the Tomb Raider ed è un simulatore di esplorando la montagna innevata. So fun.


Beh non ho mai detto che all'epoca non andassero bene. Solo che oggi esiste un utenza con esigenze diverse rispetto agli anni 90. A torto o a ragione, oggi si bada molto di più all'aspetto narrativo alle finiture di gamedesign e alla dissonanza ludo narrativa, tutte cose che rischiano di cozzare con la concezione dell'enigma per l'enigma tipica delle AG anni 80 e 90.

Per carità, chiariamoci. Anche a me piace tantissimo avere dei buoni enigmi, sopratutto quando questi sono ben contestualizzati in una storia senza suonare forzati. Le avventure Wadjet sono tra le migliori sotto questo aspetto, con puzzle estremamente funzionali alla narrazione e situazioni che evitano il classico "trovami tre oggetti per andare avanti". Sono il primo a sostenere che un enigma può essere anche un forte strumento narrativo, anche più potente ed efficace di una scelta di dialogo alla Mass Effect.

Però c'è da constatare che l'utenza, i costi di produzione, gli incassi, insomma: il mercato è cambiato radicalmente.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Gnupick il venerdì 26 gennaio 2018, 1:48

Questa storia che sono d'accordo con neo-geo mi secca da morire: dovremmo avere pareri opposti, così finirebbe a rissa quando abbiamo i microfoni accesi, e la gente ama le RISSE! :D

Come ripeto spesso, penso che viviamo in un periodo ESALTANTE per le AG, un periodo in cui coesistono il vecchio e il nuovo, il basso budget e l'alto budget, titoli sperimentali, esperienze particolari (penso al mobile, si trova roba sorprendente), eccetera. A 15 anni avrei pianto di gioia. Purtroppo ne ho qualcuno in più e piango ugualmente, ma di tristezza, perchè non riesco a seguire troppo poco.

I titoli con enigmi classici non sono spariti, ma non rappresentano più il modello unico che identificava l'avventura grafica classica, perlomeno in Italia (e qui sottolineo l'ultimo passaggio perchè sono convinto che qui abbiamo una visione delle AG - anche e soprattutto quelle degli anni 90 - molto parziale). Le liste postate precedentemente mi sembrano indicative (e manca parecchia roba, minore e non). Nel mio piccolo, attualmente collaboro a diversi progetti e *tutti* prevedono un game design classico old school con enigmi, il che, per quanto possa volere, contribuisce a suggerirmi che il genere tenga ancora botta (magari in garage, ma va bene così) e che sia ancora vivo fra i giovani sviluppatori.
Aggiungiamo però anche che prima si aveva accesso a un'offerta più esigua (= meno giochi) e senza internet era facile impazzire per settimane dietro a un enigma complicato o semplicemente mal progettato: oggi è invece davvero difficile trovare un utente che non si lasci sedurre da un aiuto o un walkthrough. Ed è vero, in mano ai 'vergini' si legge che Grim Fandango è troppo ostico, troppo cervellotico... eppure è un titolo con enigmi quasi sempre sensati e che non gioca sporco (ed è davvero MOLTO difficile riuscire a scrivere un game design onesto ma stimolante).

Chiaro che è improbabile che l'avventura classica per come la identifichiamo qui oggi finisca in copertina, ma ehi, ragazzi, (voce da trailer) I TEMPI SONO CAMBIATI.
Considerazione da nonno, però è vero. Tutto ha un suo corso e mai come ora il mercato è una roba schizofrenica e ricchissima che è arduo riuscire a comprendere e a schematizzare.

Entro a gamba tesa con qualcosa che forse può sembrare un po' OT, ma potrebbe essere un aspetto dello stesso discorso.
Ultimamente sono rimasto parecchio perplesso da una sfida 'for fun' che ho lanciato sulla nostra pagina Facebook di Calavera Cafè ( https://www.facebook.com/calaveracafepo ... 9779351652 ) : 'che interfaccia preferite fra quella alla Broken Sword (contestuale) o quella alla Monkey Island (verbi in basso)'.
Non sto qui a parlare di praticità perchè è oggettivo che l'interfaccia contestuale sia nettamente superiore a quella a verbi e che non a caso venga utilizzata ancora oggi in molte avventure moderne (spesso senza l'icona che cambia secondo il contesto e/o con cursore intelligente e il solo click sx). Eppure, nonostante al momento in cui scrivo la sfida sia ancora incerta, nei primi giorni ho visto una netta preferenza per la vecchia interfaccia a verbi (che, ricordo, è stata abbandonata dalla stessa Lucas fin dal '93 CIOEVENTICINQUEANNIFA, anno di uscita di Sam & Max: Hit the Road).

E' un risultato che potrei aspettarmi da una fanpage Lucas, da un forum dedicato agli oldgame, ma non da una pagina come una nostra che si impegna da anni di parlare di AG a 360 gradi. Tralasciando che esempi come questo scoraggiano un po' gli sforzi che impiego su Calavera (se non passa il 'senso' del progetto, qualcosa non sta funzionando), traiamo qualche conclusione: è vero che si tratta di un campione ristretto, ma se per gioco vogliamo considerare le proporzioni allora le avventure a verbi dovrebbero andare fortissimo oggi.
Non affaticatevi a pensarci troppo, ve lo dico subito: di moderne ne esistono POCHISSIME. Perchè, naturalmente, è un'interfaccia che ha fatto il suo tempo e che ha senso solo in casi particolari (tributo, provocazione, contesti speciali). Come un film in b/n realizzato oggi, per esempio.

(Parte de)Il pubblico dice di preferire ciò che in realtà ha bocciato. Boh?
CIOEVENTICINQUEANNIFA. Forse il problema non sono i giochi, ma noi che non sappiamo più cosa vogliamo e che puntiamo il dito nella direzione sbagliata. Va bene, pace, in fondo, il lavoro di analisi non è appannaggio degli utenti, sono i creativi che devono conquistare il pubblico.

Quello che mi domando è dove sia tutta questa folla quando si tratta di acquistare un Thimbleweed Park o un FESTER MUDD.
Forse, e dico forse, al di fuori di contesti come questo forum sono in tanti a dare opinioni e pochi a giocare davvero.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 5:28

Gnupick ha scritto:è vero che si tratta di un campione ristretto


Mi permetto di estrapolare solo questo pezzo non per desiderio di decontestualizzazione ma perché ritengo che sia un punto chiave.

Se l'obiettivo è quello di individuare dei trend generali (il settore delle avventure grafiche, internazionalmente, non ristretto a specifiche culture o community) qualsiasi campione statistico la cui composizione non è rappresentativa del mercato rischia di fornire informazioni molto fuorvianti.

Il genere delle avventure grafiche, inoltre, è molto particolare perché si tratta di una nicchia che è fortemente legata ad aspetti nostalgici e legata a persone che non necessariamente hanno mantenuto (o ripreso) la passione per i giochi fino al punto di cercarli e giocarli ancora, come dici tu.

Se vi sia stato un ricambio generazionale, io non lo so, ma se è avvenuto andrei personalmente a cercare questi "nuovi" giocatori e a valutare i loro gusti tra chi gioca anche le forme di espressione più moderne di questo genere "narrativa+puzzle", il che (volente o nolente) include i giochi più focalizzati sulla narrativa e meno sui puzzle.

"Sherlock Holmes: Crimes and Punishments" è un ottimo gioco di avventura con enigmi e pochissimi elementi d'azione, ma se chiedi alla "vecchia guardia" potresti trovare diverse persone che non lo considererebbero nemmeno un gioco di avventura in quanto gli stessi elementi che hanno da sempre caratterizzato il genere vengono gestiti dal gioco e fruiti dal giocatore in modo molto diverso rispetto ai punta-e-clicca tradizionali.
Se questo tipo di utenza fosse ciò che compone il campione a cui hai chiesto, magari influenzata pure dalla cultura Lucas più che da altre software house, la probabilità che queste persone asseriscano di preferire un'interfaccia più vecchia (e più scomoda) aumenta a mio parere considerevolmente.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Gnupick il venerdì 26 gennaio 2018, 6:45

LowLevel ha scritto:Se l'obiettivo è quello di individuare dei trend generali (il settore delle avventure grafiche, internazionalmente, non ristretto a specifiche culture o community) qualsiasi campione statistico la cui composizione non è rappresentativa del mercato rischia di fornire informazioni molto fuorvianti.


Ah, beh, ma certo, infatti come avevo scritto poco prima è davvero complesso riuscire a comprendere e/o ad anticipare i movimenti del mercato. Il campione che ho considerato è quello relativo ai follower di un progetto che, almeno in teoria, dovrebbe abbracciare il genere adventure nella sua totalità, e constatare che l'interesse si risvegli (quasi) sempre solo per l'universo Lucas è, per me, un po' scoraggiante.

Poi non ho idea se tale campione rappresenti, in proporzione, il pubblico totale degli appassionati o dei potenziali appassionati. Si ipotizzava 'pourparler' :) .

Se vi sia stato un ricambio generazionale, io non lo so, ma se è avvenuto andrei personalmente a cercare questi "nuovi" giocatori e a valutare i loro gusti tra chi gioca anche le forme di espressione più moderne di questo genere "narrativa+puzzle", il che (volente o nolente) include i giochi più focalizzati sulla narrativa e meno sui puzzle.


Esatto, era il mio (sottinteso) punto finale.


"Sherlock Holmes: Crimes and Punishments" è un ottimo gioco di avventura con enigmi e pochissimi elementi d'azione, ma se chiedi alla "vecchia guardia" potresti trovare diverse persone che non lo considererebbero nemmeno un gioco di avventura in quanto gli stessi elementi che hanno da sempre caratterizzato il genere vengono gestiti dal gioco e fruiti dal giocatore in modo molto diverso rispetto ai punta-e-clicca tradizionali.
Se questo tipo di utenza fosse ciò che compone il campione a cui hai chiesto, magari influenzata pure dalla cultura Lucas più che da altre software house, la probabilità che queste persone asseriscano di preferire un'interfaccia più vecchia (e più scomoda) aumenta a mio parere considerevolmente.


Ho teorizzato che questa deriva possa essere stata originata, perlomeno in parte, dalla strana percezione che in Italia si ha delle avventure, soprattutto quelle degli anni '90: purtroppo non ne sono arrivate così tante come si crede, anzi, il grosso rimaneva non tradotto e spesso neanche distribuito (altri potevano 'fregiarsi' di un adattamento imbarazzante), e il giovane di allora se lo perdeva, spesso senza neanche conoscerne l'esistenza. Un esempio molto facile è la carrellata dei titoli Sierra che uscivano a mitraglia e che la maggior parte dei giocatori degli anni 90 ignorano, eppure altrove andavano fortissimo.
Qui invece per molti (diciamo più o meno la fascia 30-35+ anni di oggi) gli anni 90 erano Lucas, Broken Sword, Hollywood Monsters, poco altro. L'hardcore spaziava di più, naturalmente, ma era difficile andare oltre ciò che ci passava il convento.
Ma preciso che ovviamente si tratta di considerazioni maturate con l'osservazione diretta negli anni, dati precisi non ne ho :) .
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 8:02

Gnupick ha scritto:Il campione che ho considerato è quello relativo ai follower di un progetto che, almeno in teoria, dovrebbe abbracciare il genere adventure nella sua totalità, e constatare che l'interesse si risvegli (quasi) sempre solo per l'universo Lucas è, per me, un po' scoraggiante.


Penso che questo possa essere legato proprio all'elemento culturale che citi, riguardante una preferenza storica nei confronti dei giochi Lucas da parte dei giocatori di una specifica zona geografica (che potrebbe non essere limitata all'Italia ma estendersi a parte dell'Europa).

Nel momento in cui la platea di riferimento possiede una cultura più inclusiva e generalista dei giochi di avventura, diventa normale il risultato di "King's Quest" del 2015, che è piaciuto molto e che mi pare abbia anche venduto discretamente, tenendo conto del tipo di gioco. Ma è ovvio che una buona parte dell'interesse nei confronti del gioco sia arrivata dall'altra parte dell'atlantico, per ragioni storiche e culturali.

Io non conosco il progetto al quale hai fatto riferimento, tuttavia sono convinto che i giocatori che possiedono tempo, voglia e possibilità di accedere a quanto l'intero settore effettivamente propone siano abbastanza pochi, specie se un progetto fa riferimento ad una specifica nazione o cultura che, prescindendo da quale essa sia, rappresenta ovviamente una prima riduzione della platea nonché una sua selezione.

Non sottovaluterei infine quel "possibilità di accedere", perché l'accessibilità alle avventure che il mercato mette a disposizione è limitata dagli aspetti economici e culturali della specifica platea alla quale il progetto che citi ha deciso di rivolgersi.

Il mercato è cambiato, questi giochi non vengono localizzati nella stessa quantità di lingue in cui venivano localizzati qualche decennio fa e quindi il grosso della produzione attuale è rappresentato da avventure disponibili in inglese e spesso in tedesco. "King's Quest", citato sopra, ha vinto l'Aggie dell'anno scorso come migliore avventura dell'anno e non è disponibile in italiano.

Chi non ha familiarità con inglese o tedesco si perde una fetta gigantesca della produzione di giochi di avventura, quindi l'interesse di queste persone nei confronti delle nuove produzioni sarà necessariamente limitato a ciò a cui possono accedere.

Quello che voglio dire è che il progetto può anche ambire ad "abbracciare il genere adventure nella sua totalità" ma non è detto che la platea a cui si sta rivolgendo possa fare altrettanto.

E poi c'è l'aspetto del "seme" dal quale una qualsiasi comunità (i follower che citi) nasce. La comunità ufficiale di "Thimbleweed Park" è nata da fan di LucasArts e Ron Gilbert, col risultato che molti di loro erano interessati a questi specifici temi e nel corso degli anni non sono rimasti dei giocatori abituali di questo genere di giochi. Fin quando gli parli di "Maniac Mansion" o di "The Secret of Monkey Island" ti sanno dire tutto, ma di avventure recenti ne acquistano poche o niente, e qua le barriere linguistiche non c'entrano.

Da quale "seme" è nata la comunità/progetto che citi? Nasce già vecchio? Parte dalle "vecchie leve"? Include una platea giovane che compra e gioca le avventure moderne? Non sono domande reali, non è mia intenzione andare off-topic. Le ho scritte solo ragionando ad alta voce, perché magari potrebbero essere di spunto riguardo alla discrepanza tra ciò che ti aspettavi e ciò che osservi.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda hunters77 il venerdì 26 gennaio 2018, 11:39

LowLevel ha scritto:Da quale "seme" è nata la comunità/progetto che citi? Nasce già vecchio? Parte dalle "vecchie leve"? Include una platea giovane che compra e gioca le avventure moderne? Non sono domande reali, non è mia intenzione andare off-topic. Le ho scritte solo ragionando ad alta voce, perché magari potrebbero essere di spunto riguardo alla discrepanza tra ciò che ti aspettavi e ciò che osservi.


Mi permetto di rispondere io (che ammetto di essere tra quelli che - frettolosamente - ha votato per l'interfaccia a verbi tipo SCUMM, salvo ritrattare e votare poi per qella piu' comoda a "2 azioni"): ho la sensazione che la platea di Calavera Cafe' su FB, dov'e' stato pubblicato il sondaggio, ma in generale quella dei giocatori di avventure grafiche sia perlopiu' composta da "ragazzi che erano ragazzi nel 1990" (io sono tra questi...).

Non mi vedo il quindicenne di oggi mettersi a giocare... non dico a Thimbleweed Park (i cui destinatari siamo evidentemente "noi vecchi"), ma neppure a Deponia o simili...

Ammetto di non essere aggiornatissimo, ma non ho proprio idea di che giochi giocano i quindicenni di oggi, ma me li vedo perlopiu' attaccati ai cellulari o, eventualmente, alla consolle di turno. E, per come la vedo io, la consolle NON e' nata per far girare le AG (per quanto ora ogni avventura che si rispetti viene "portata" su qualsiasi piattaforma esistente).

Salvo rare eccezioni dove, andando a scavare, si scopre che dietro c'e' un padre-zio-amico-fratello maggiore che consiglia al pischello di provare a giocare a Deponia o a Monkey Island (io c'ho provato a convincere le mie nipoti 13enni, e per un po' ha funzionato... ora sono tornate ai loro cellulari e ai loro youtubers... :( )

Insomma, IMHO, le AG sono "un paese per vecchi", e molti fenomeni legati alle avventure sono proprio interpretabili pensando all'eta' del giocatore medio.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda hunters77 il venerdì 26 gennaio 2018, 11:41

PS: sarei curioso di fare un sondaggio tra gli utenti di questo forum, e non mi stupirei di trovare che il 95% e' composto da ultra trentenni, e che non ci sia nessun under 20... (temo che gli under 20 non sappiano nemmeno come si utilizzi un forum in internet, abituati come sono ad altri canali di comunicazione).

PPS: chi vi scrive e' ancora un fiero utilizzatore dei newsgoup usenet, per dirvi quanto all'avanguardia sono... [emoji14]
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 12:23

hunters77 ha scritto:Insomma, IMHO, le AG sono "un paese per vecchi"


In questo "AG" tu includi anche i giochi in cui narrativa e puzzle vengono proposti con un gameplay moderno, come "The Vanishing of Ethan Carter" o "Brothers - A Tale of Two Sons"?

La mia impressione è che gli sviluppatori stessi dei più famosi giochi di avventura classici sono i primi a non avere una convenienza a porre limiti eccessivi alla propria creatività e di conseguenza alla propria definizione del genere.

Non credo sia un caso che la stessa Roberta Williams si sia espressa con un'opinione sulla natura di questi giochi che è talmente generica che combacia perfettamente con il gameplay di tutti i giochi di avventura, inclusi quelli più moderni:

An adventure game is really nothing more than a good story set with engaging puzzles that fit seamlessly in with the story and the characters, and looks and sounds beautiful.


La mia ipotesi è che i giocatori delle avventure più moderne siano più giovani di chi considera il genere ancorato ad uno specifico modello di fruizione di tali giochi, in voga molti anni fa.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 12:36

hunters77 ha scritto:PS: sarei curioso di fare un sondaggio tra gli utenti di questo forum, e non mi stupirei di trovare che il 95% e' composto da ultra trentenni


Ritengo ciò estremamente probabile e sicuramente influenzato dal genere di giochi di cui si discute qua, ma ritengo opportuno ricordare che l'età media di ciò che viene definito "gamer" si è comunque alzata in senso generale nel corso dei decenni e tende ancora ad aumentare. In USA, l'età media è di 35 anni.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda hunters77 il venerdì 26 gennaio 2018, 13:21

LowLevel ha scritto:In questo "AG" tu includi anche i giochi in cui narrativa e puzzle vengono proposti con un gameplay moderno, come "The Vanishing of Ethan Carter" o "Brothers - A Tale of Two Sons"?


Vedi che, gira e rigira, si torna sempre alla definizione che ognuno di noi ha in mente di Avventura Grafica...
Non conosco i titoli che mi citi, quindi non so risponderti.
Pero', in generale, per me la linea di demarcazione tra un'avventura e una non-avventura e' segnata dalla presenza (massiccia) di puzzle e dall'assenza (meglio se totale) di azione.
Ergo vedo i vari Life is strange e similari MOLTO borderline (e cosi', ad occhio, mi sembra la tipologia di gioco che piu' ammicca ad un pubblico gggiovane).

LowLevel ha scritto:La mia impressione è che gli sviluppatori stessi dei più famosi giochi di avventura classici sono i primi a non avere una convenienza a porre limiti eccessivi alla propria creatività e di conseguenza alla propria definizione del genere.

Non credo sia un caso che la stessa Roberta Williams si sia espressa con un'opinione sulla natura di questi giochi che è talmente generica che combacia perfettamente con il gameplay di tutti i giochi di avventura, inclusi quelli più moderni:

An adventure game is really nothing more than a good story set with engaging puzzles that fit seamlessly in with the story and the characters, and looks and sounds beautiful.


La definizione e' generica, pero' gia' taglia fuori i walking simulator che qualcuno assimila alle AG. Quindi qualche paletto lo fissa.
In ogni caso indubbiamente e' interesse degli sviluppatori rivolgersi ad una platea quanto piu' ampia possibile...

LowLevel ha scritto:La mia ipotesi è che i giocatori delle avventure più moderne siano più giovani di chi considera il genere ancorato ad uno specifico modello di fruizione di tali giochi, in voga molti anni fa.


Condivisibile, direi
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il venerdì 26 gennaio 2018, 14:45

LowLevel ha scritto:Qua temo di non seguirti. Tutti i titoli che ho elencato sono giochi di avventura punta-e-clicca tradizionali che contengono tanti puzzle, come il genere prevede.

Se teniamo conto che ritengo i titoli di qualità (tranne l'ultimo della mia lista) e che si tratta solo di quelli che ho giocato io e non di tutti quelli di qualità che sono usciti, in che modo questo scenario supporterebbe la tesi che tale tipologia di giochi non esista più e costringa me a giocare altre tipologie di giochi?


Io non ho mai scritto che non escano più p&c, quando l'ho scritto?

Ho scritto anzi che gli ultimi anni sono stati un bel fermento per svariati motivi, ma che non hanno portato al risultato che si poteva sperare, ossia che le avventure tornassero non "sulle copertine dei giornali" ma ad avere un livello di produzione decente. Cioè che uscissero dai garage e pensassero alla distribuzione, a come raggiungere gli utenti in uno scivolo saponato, non "è colpa tua che non ti informi".

Farmi le liste senza contesto non porta a niente, perchè io sono l'utente medio (neanche tanto, eh) e voglio non solo che un'avventura abbia la storia e i puzzle ma anche un livello di produzione decente.

Sai qual è la differenza fra i giochi che hai citato tu e, prendiamone uno a caso, Firewatch? Che Firewatch è doppiato, ha una bella grafica, me lo posso godere sul tv 50'', ha avuto una campagna marketing e me lo trovo fra le prime pagine del playstation store.
Nessuno mi dice che la colpa è mia che non mi informo, Firewatch è venuto da me e io l'ho comprato.

Stiamo qui a discutere di cosa piace o meno al giocatore moderno, e poi mi citate giochi perlopiù inaccessibili: mi dici per favore dei giochi che hai citato in quanti hanno doppiaggio, non sono in pixel art e durano più di 3 ore? Te lo dico io: NESSUNO.
Forse un paio ci si avvicinano, ma vivono sul giaciglio.
Di tutti i giochi citati da te e Neo per il 2017 l'unico che raggiunge certi standard è The Inner World.

Il mercato è cambiato, questi giochi non vengono localizzati nella stessa quantità di lingue in cui venivano localizzati qualche decennio fa e quindi il grosso della produzione attuale è rappresentato da avventure disponibili in inglese e spesso in tedesco. "King's Quest", citato sopra, ha vinto l'Aggie dell'anno scorso come migliore avventura dell'anno e non è disponibile in italiano.

Chi non ha familiarità con inglese o tedesco si perde una fetta gigantesca della produzione di giochi di avventura, quindi l'interesse di queste persone nei confronti delle nuove produzioni sarà necessariamente limitato a ciò a cui possono accedere.


Esattamente. Le cose migliori che ho giocato in questi anni non erano state tradotte, o non subito.
Ma non è l'unico problema, torniamo ai giochi con una risoluzione ridicola unita alla pixel art: avete idea di come si vedano su un monitor grande? A dir poco scoraggiante. E sono la metà della roba che esce e rientra nel tradizionale.

Vogliamo parlare della distribuzione? Bè, io non ho ancora comprato Thimbleweed Park perchè aspettavo la versione PS4, che è stata fatta uscire MESI DOPO l'hype iniziale. Morivo proprio dalla voglia di pagarlo a prezzo pieno, dopo essermi perso l'hype.

C'è ancora gente che rilascia solo per Windows: Shardlight, Unavowed e, purtroppo, anche Detective Gallo. Nel mondo dei tablet, dei mac e delle console, o sei pazzo o non te ne frega niente di vendere di più.

Io sono uno che il mercato lo supporta, ma cerchiamo di non invertire i ruoli. Non devo essere io a venire da te e adattarmi, per pagarti e giocare un'esperienza che comunque se va bene sarà "discreta". Se mi fai uscire la versione Mac o PS4 con mesi di ritardo, io aspetto i saldi per principio.

Quest'anno ho comprato Observer, Kona, Syberia 3 e Blackwood Crossing al day one, ed erano giochi abbastanza costosi (e sono sicuro non li riteniate dei capolavori).
Vi immaginate il perchè? Ah già, pur costando avevano un livello di produzione che reputavo interessante, erano giochi che conoscevo prima dell'uscita e me li sono trovati nello store, comodi comodi.

Un tempo Syberia veniva criticato perchè era corto, con puzzle semplici e molto backtracking, ora la gente si compra walking simulator di tre ore. Sapete perchè? Perchè i walking simulator vogliono essere comprati, le avventure no.

Più fate discorsi da garage gamer, più mi convinco che il problema non sono i puzzle. E neanche gli utenti.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 16:02

Overmann ha scritto:Io non ho mai scritto che non escano più p&c, quando l'ho scritto?


Dicevo che non trovo supporto alla tesi che si sia costretti a giocare altre tipologie di gioco, perché mi riferivo a questo tuo paragrafo, in cui presenti due opzioni "walking simulator" e "giochi di mezz'ora" che sembrano non ammettere vie di mezzo:

Overmann ha scritto:Praticamente per chi cerca un'esperienza da avventura grafica, nel 2018, i consigli sono: 1) giocati un walking simulator o una visual novel e 2) giocati qualcosa che dura mezz'ora, fatta in un mese, mai tradotta, mai doppiata, mai testata, fatta da mio cugino nel tempo libero.


Io non sono d'accordo che ad esistere sono solo i due estremi che hai citato ed in genere trovo gli estremi poco capaci di rappresentare uno scenario complesso.

Comunque adesso ho capito un punto importante del tuo discorso che non avevo inteso all'inizio: tu non ti riferivi alla qualità del gioco di avventura esclusivamente dal punto di vista creativo e artistico ma anche dal punto di vista di ricchezza della produzione.

Su questo sono ovviamente d'accordo: gli investimenti delle aziende si sono spostati su tipologie di giochi di avventura che si allontanano dalle avventure grafiche tradizionali.

La mia esperienza personale è un po' diversa e i miei interessi e bisogni non combaciano con quanto vorresti tu a livello di ricchezza di prodotto, ma posso capire i tuoi desideri.

Osservo anche una differenza nelle modalità di acquisizione di informazioni, quando tu descrivi il processo in cui è il prodotto a proporsi a te a seguito degli investimenti in porting/marketing/comunicazione. Anche in questo caso la mia esperienza personale è differente: la passione per il genere mi ha spinto da ragazzino ad informarmi comprando "The Games Machine" o riviste analoghe e oggi a leggere un sito web o Steam, quindi dal mio punto di vista non è cambiato molto perché sono sempre stato io ad essere proattivo nei confronti di un hobby che mi ha sempre appassionato. E questa attività di ricerca e approfondimento mi è sempre piaciuta.

Quindi quando parli di "inversione dei ruoli", personalmente si tratta di un fenomeno che non si applica a me, perché sono sempre andato ad informarmi sulle avventure grafiche in sviluppo ed in uscita.


Overmann ha scritto:Ho scritto anzi che gli ultimi anni sono stati un bel fermento per svariati motivi, ma che non hanno portato al risultato che si poteva sperare, ossia che le avventure tornassero non "sulle copertine dei giornali" ma ad avere un livello di produzione decente. Cioè che uscissero dai garage e pensassero alla distribuzione, a come raggiungere gli utenti in uno scivolo saponato, non "è colpa tua che non ti informi".


Sono certo che anche tu senta che in fondo questo desiderio è probabilmente utopico come sarebbe utopico attendersi lo stesso fenomeno per le avventure testuali alla "Colossal Cave". Il genere "narrativa+puzzle" è cambiato più volte nel corso dei decenni e il tipo di investimenti che può garantire una ricchezza di produzione e una distribuzione maggiore sono adesso osservabili solo nelle più moderne evoluzioni delle avventure, in cui i puzzle giocano un ruolo inferiore rispetto alla storia e all'esplorazione.


Overmann ha scritto:Stiamo qui a discutere di cosa piace o meno al giocatore moderno, e poi mi citate giochi perlopiù inaccessibili: mi dici per favore dei giochi che hai citato in quanti hanno doppiaggio, non sono in pixel art e durano più di 3 ore? Te lo dico io: NESSUNO.


Veramente io avevo ristretto alla pixel art proprio per dare esempi di un modello di avventura punta-e-clicca più tradizionale, ma ho capito solo dopo che non era quello che ti interessava.

In ogni caso, mi pare che si tratti di un caso di interessi e gusti personali, perché dei tre elementi che hai lamentato (solo lingua originale, pixel art e gioco corto), due sono per me positivi. Conosco altre persone che amano intervallare le avventure lunghe con avventure più corte, la cui qualità comunque non è più bassa.

Riguardo il tuo requisito "più di 3 ore", ecco a titolo esemplificativo i miei tempi sulle avventure citate, che riporto non perché siano statisticamente significativi ma solo per sottolineare che alcuni elementi di cui parli sono soggettivi, non verità assolute:

  • Milkmaid of the Milky Way: 3 ore
  • The Darkside Detective: 15 ore (e non conto il demo)
  • Thimbleweed Park: 22 ore al primo playthorugh + altre 6 ore per la modalità "Casual".
  • Four Last Things : 4 ore
  • Kathy Rain: 11 ore
  • Kelvin and the Infamous Machine: 7 ore
  • Nelly Cootalot: The Fowl Fleet: 7 ore
  • Duke Grabowski, Mighty Swashbuckler: 110 minuti

A beneficio dei curiosi, c'è il dettaglio e la durata di altri giochi di avventura a cui ho giocato, anche recenti, nella mia pagina di Steam.

Overmann ha scritto:Forse un paio ci si avvicinano, ma vivono sul giaciglio.


Personalmente non presenterei tale affermazione come una verità, tenuto conto che la durata di un gioco di avventura è un aspetto influenzato da modalità di gioco che cambiano da giocatore a giocatore. Inoltre non ho capito se la tua affermazione sulla durata è basata sul fatto che hai giocato a queste avventure e hai misurato il tempo impiegato a giocarle, oppure se l'affermazione è basata su altro.

Aggiungo pure che la qualità della storia, dei puzzle, degli elementi artistici, non è fortemente correlata con la durata del gioco. Dei giochi elencati sopra, "Milkmaid of the Milky Way" e "The Darkside Detective" possiedono elementi di alta qualità che giudico superiori a "Thimbleweed Park", per esempio. E pure di tanto.

Dico questo per sottolineare che ciò che cerchi tu nei giochi di avventura, per esempio riguardo la loro durata, può non combaciare con quanto cercano altri utenti, e ripropongo l'esempio di intervallare avventure lunghe con avventure più corte.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda asterix777 il venerdì 26 gennaio 2018, 17:07

Overmann ha scritto:Stiamo qui a discutere di cosa piace o meno al giocatore moderno, e poi mi citate giochi perlopiù inaccessibili: mi dici per favore dei giochi che hai citato in quanti hanno doppiaggio, non sono in pixel art e durano più di 3 ore? Te lo dico io: NESSUNO.


LowLevel ha scritto:Riguardo il tuo requisito "più di 3 ore", ecco a titolo esemplificativo i miei tempi sulle avventure citate

Penso che Overmann si riferisse ad AG che abbiano tutti e 3 insieme i requisiti indicati (tra le altre in giro, Deponia e fra un po' Detective Gallo?).
Vero è che soprattutto il requisito del doppiaggio (se si parla di italiano) sega parecchio le gambe alla selezione.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 17:23

asterix777 ha scritto:Penso che Overmann si riferisse ad AG che abbiano tutti e 3 insieme i requisiti indicati (tra le altre in giro, Deponia e fra un po' Detective Gallo?).


Ah OK, chiedo scusa, non avevo inteso.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda Overmann il venerdì 26 gennaio 2018, 18:38

Ovviamente mi riferivo a giochi che raggiungano un livello decente in generale, quindi che abbiano un comparto tecnico E una longevità che ritengo accettabili.
Per il doppiaggio non deve essere in italiano, ormai impensabile, e per me neanche tradotto, ma avere l'audio cambia molto.
Insomma, deve avere il livello tecnico dei giochi con cui lo confrontiamo - walking simulator e affini - per capire se il problema sta solo nei puzzle o meno, altrimenti confrontiamo le mele con le pere.

Per quanto riguarda la durata io non chiedo epopee, ma 2-3 ore sono davvero poche, parliamo di giochi che finisci in un pomeriggio. Te ne servono 365 l'anno :mrgreen:
Anche molti narrative game durano poco, ma spesso qualcosina in più e hanno dalla loro parte tutto il resto.

Parli di utopia, ma il senso del topic era proprio questo: negli ultimi anni non sembrava più un'utopia. Giochi come la saga di Deponia, The book of unwritten tales, Broken Age, Stasis, Fran Bow, Broken Sword 5, tutti i remake da Gabriel Knight a DOTT a King's Quest, Syberia 3, the inner world, altra roba Daedalic come Night of the Rabbit e Anna's Quest, prodotti meno fortunati come Subject 13 o Moebius, Sherlock Holmes C&P, fino a Thimbleweed Park (pixel art ma comunque ottima), e probabilmente molti che dimentico, sono usciti in questi anni grazie ai fenomeni che descrivevo.
E tutti avevano un livello tecnico non certo da garage game, e non duravano 2-3 ore.
Se a questa squadra affianchiamo prodotti più vintage come Kathy Rain e i Wadjet, comunque ancora longevi e doppiati, diventa un mercato frizzante.
Se poi a lato ci mettiamo qualche perla indie opportunamente filtrata, tanto meglio.
In questo caso sì, intervallo volentieri.

Ma il sospetto è che si stia andando verso le perle indie, nemmeno opportunamente filtrate, e a quel punto cosa intervallo? Il gioco corto, quello non doppiato e quello in 320x240?
La mia speranza era che questi anni fossero un punto di partenza: verso una distribuzione più capillare, un adattamento in più lingue e piattaforme, un marketing migliore (anch'io seguo i siti specializzati, ma qualcosa mi sfugge... mentre guardacaso i walking simulator me li trovo anche nelle mutande, e di certo non seguo siti specializzati sul genere) e una qualità narrativa e artistica crescente, dato che molti dei giochi che ho citato sopra sono abbastanza buoni per farsi comprare ma risultano ancora acerbi dal punto di vista di scrittura e design, perlomeno in molti casi.

Insomma, siamo sicuri che Life is Strange se lo siano giocato anche le nostre nonne solo perchè aveva pochi puzzle?

P.S:
Inoltre non ho capito se la tua affermazione sulla durata è basata sul fatto che hai giocato a queste avventure e hai misurato il tempo impiegato a giocarle, oppure se l'affermazione è basata su altro.

Mi sono basato su Steam e HLTB.
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Re: 2018: L'inizio della fine per le avventure grafiche?

Messaggioda LowLevel il venerdì 26 gennaio 2018, 19:54

Overmann ha scritto:Parli di utopia, ma il senso del topic era proprio questo: negli ultimi anni non sembrava più un'utopia.


Ho capito. La mia percezione è stata purtroppo molto diversa perché, pur seguendo il settore in modo abbastanza assiduo, non ho mai percepito che a livello di mercato ed economico fosse aumentato l'interesse dei consumatori nei confronti delle avventure "classiche".

Ci sono stati molti progetti che hanno proposto avventure classiche di qualità, non solo dal punto di vista artistico ma anche dal punto di vista della qualità della produzione, tuttavia non ho mai avuto l'impressione che le vendite (o altri indicatori meno attinenti ma comunque significativi in termine di paragone tra giochi diversi) fossero aumentate al punto da far pensare ad una svolta.

Un po' bisogna a mio parere scontare i fenomeni positivi che hai citato dalle "operazioni nostalgia" e dai remake di vecchi giochi considerati pilastri della storia dei videogiochi d'avventura. Secondo me si tratta di fenomeni molto particolari, che non sono indicativi della propensione all'acquisto dei giocatori di titoli nuovi.

Poi forse è utile osservare ciò che è successo ad avventure tradizionali disponibili su molte piattaforme, anche se in tempi diversi, come "Thimbleweed Park". Risultato economico: inadatto a finanziare un nuovo gioco. Hanno arrancato a raggiungere il break even e anche tale traguardo sembra effimero se si tiene conto che Ron Gilbert e Gary Winnick hanno lavorato quasi gratis per tre anni invece di prendersi uno stipendio completo. In altre parole il progetto è andato pari ma dal punto di vista personale hanno perso soldi. Ron Gilbert ha usato una tristissima espressione, dicendo che mo' deve risalire dal "ThimbleHole".

Dovremmo aggiungere anche che in tutti questi ultimi anni non ho mai visto grandi aziende decidere di finanziare seriamente questo tipo di giochi né ho visto su Steam un gioco di avventura tradizionale fare capolino nelle top-100 delle vendite.

Ma ti dirò di più: quand'anche tutti questi segnali non fossero esistiti, l'ipotesi che i giochi di avventura classici potessero tornare in auge a seguito di una mutazione (poco comprensibile) dei gusti delle nuove generazioni di giocatori (che sono quelli che alla fine devono finanziare la desiderata maggiore qualità dei giochi) mi sembra proprio incompatibile con i trend che sono stati osservati nel corso degli scorsi decenni e con la nuova composizione della platea di giocatori.

E' vero che i dischi in vinile hanno segnato un "revival" grazie agli effetti della cultura vintage/retro ma sappiamo tutti che il futuro non sarà quello.

Riguardo la qualità artistica, invece, ritengo che sia solo aumentata nel corso degli ultimi anni, anche grazie alle avventure dei piccoli sviluppatori indipendenti; quando non hai soldi, devi aguzzare la creatività. Ma questa è solo una mia preferenza personale, perché preferisco farmi stupire a livello narrativo da una storia relativamente breve invece di sorbire un minestrone come "The Book of Unwritten Tales", che mi lascia un retrogusto di prodotto industriale (come in parte è successo anche con "Thimbleweed Park").
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